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 2025  aprile 15 Martedì calendario

Omofobi, razzisti e pistoleri: personaggetti a Hollywood

Politicamente corretto? Cancel culture, woke e dintorni? A giudicare dagli ultimi misfatti di cronaca mondana, Hollywood sembra avere altri e più primitivi problemi all’alba del Trump 2. Un deficit di buone maniere spicciole, di educazione minima. Una recrudescenza cafona trasversale a divi, divetti e starlette.
A parte qualche sparuto, virtuoso esempio, lo star- system contemporaneo non brilla per galateo. L’ultima vede protagonista un vecchio eroe del bene e del “male”. A 72 anni vissuti tumultuosamente, Mickey Rourke (premio Cafonal alla carriera) è stato cacciato dal Grande Fratello Vip inglese per commenti omofobi e aggressivi verso altri concorrenti (“linguaggio inappropriato e comportamento inaccettabile”, la motivazione ufficiale). Il primo cartellino giallo era scattato dopo che si era scagliato contro JoJo Siwa, celebre cantante-influencer queer americana. Poi ha preso di mira un altro. A quel punto, la produzione gli ha mostrato il rosso diretto, magari temendo che gli tornasse voglia di indossare i paramenti del Wrestler. La sua esperienza nel Big Brother Uk è durata appena sei giorni.
L’altro caso ultimamente sulla bocca di tutti è quello di Karla Sofía Gascón, star di Emilia Pérez, prima attrice transessuale a ricevere una candidatura all’Oscar (e come miglior protagonista). A innescare la miccia delle polemiche, nella fattispecie, alcuni suoi vecchi tweet razzisti (tra cui su George Floyd) e di tenore fortemente anti-migranti, anti-religiosi e islamofobi. In seguito li ha eliminati, e ha provato a fare autodafé (Prima: “Sono cresciuta in una comunità emarginata, conosco questa sofferenza e sono profondamente dispiaciuta per coloro a cui ho causato dolore”. Poi: “Non ho scritto io quei tweet”). Naturalmente non è bastato: Netflix l’ha bandita dalla campagna promozionale a stelle e strisce e nella notte cinematografica più importante dell’anno se n’è stata in disparte, al buio di red carpet e occhi di bue. E chi non rimembra la prodezza da punching ball di sagra paesana di Will Smith? Altra notte degli Oscar, anno 2022: in universo-visione, l’attore-rapper rifilò uno schiaffone al presentatore Chris Rock. “Se mi ha fatto male? Certo che sì. D’altronde, seppur in video non si veda bene, lui è ben più grosso di me – ha affermato il comico un anno dopo – Fa film a petto nudo, io no: tengo su il maglione pure quando mi operano a cuore aperto. Ha interpretato Muhammad Ali: pensate che io abbia fatto il provino?”. Scuse pubbliche di Smith (col senno di poi) a profusione: ma la sua carriera non si è ancora ripresa. Altro che principe di Bel-Air: un bel premio “Er Principe dei coatti” non glielo leva nessuno.
Ai piani alti della fabbrica dei sogni in background non perdonano: benché sia riaffiorato qua e là alla ribalta, e nonostante abbia riottenuto da poco il porto d’armi dopo una condanna per violenza domestica, Mel Gibson è ancora perseguitato dall’incidente di guida in stato d’ebbrezza, con colossale invettiva antisemita ai poliziotti: “Gli ebrei sono responsabili di tutte le guerre nel mondo”. Accuse analoghe gli erano state mosse durante la preparazione de La passione di Cristo (e da Wynona Ryder).
Qualche altro esempio, minore, di cafoneria hollywoodiana? Roseanne Barr: ultrà trumpiana, si superò nel 2018 con un post ultra-razzista su Valerie Jarrett, consigliera senior dell’ex presidente Barack Obama (e la Abc cancellò il reboot di Roseanne, liquidando le sue esternazioni come “abominevoli e ripugnanti”). Stacey Dash, attrice e conduttrice di talk show assurta alla fama dopo Ragazze a Beverly Hills e democratica redenta, ha inanellato, in rapida escalation, la richiesta della cancellazione del Black History Month (e la Fox l’ha messa alla porta) e uscite infelici sulle persone transgender. Isaiah Washington, decano del piccolo e grande schermo, è stato silurato dal ruolo di Preston Burke in Grey’s Anatomy dopo una doppietta di insulti omofobi all’indirizzo di un altro membro del cast.
E torna a galla il discorso sul politically correct nell’era dei social che tutto amplificano. Hollywood è un posto non immune, si sa, all’ipocrisia, che non perdona pensieri e azioni più o meno abietti. Con liste di proscrizione invisibili: di segno non più ideologico, come all’epoca del maccartismo