Avvenire, 15 aprile 2025
Il grande sogno di Gaudì: glorificare Dio. La Sagrada Familia, capolavoro incompreso
Ieri mattina, 14 aprile 2025, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, per la promulgazione di decreti riguardanti nuovi santi e beati. Tra altri ha autorizzato il decreto che riconosce venerabile, per virtù eroiche, Antoni Gaudì i Cornet (1852-1926), il grande catalano autore di molti progetti d’architettura, il più noto dei quali è la basilica della Sagrada Familia in Barcellona, tuttora in costruzione in uno stadio molto avanzato. È festa per coloro che hanno riconosciuto la sua umanità e i suoi eccezionali talenti: è festa per chi coordina, dirige e gestisce il multiforme cantiere, uno dei più straordinari, complessi e moderni, d’Europa; è festa per chi vi lavora guidando le altissime gru nel trasporto di pietre già modellate, o rifinendole con inserti di colorati mosaici, sia stando a terra che negli innumerevoli spiazzi che i ponteggi formano a diverse altezze. È un momento di gioia per tutti, perché la Chiesa ha riconosciuto che un uomo ha vissuto eroicamente i propri rapporti umani e le proprie giornate di lavoro, ha trafficato eroicamente i propri talenti, ne ha fatto strumenti di una speranza di compimento delle capacità umane secondo il progetto di Dio. Sono molte le sue opere, sia civili che religiose. Alcuni studiosi ritengono suo capolavoro il Parco Güell, altri le sue Case, come Batllò e Milà o Pedrera, altri il Palazzo Güell, altri ancora la cripta della chiesa rimasta incompiuta nella Colonia di Santa Coloma de Cervellò, non lontano da Barcellona. Sono moltissime e tutte diverse le sue realizzazioni riconosciute e di grande pregio, spesso inserite nel movimento del modernismo, variante iberica dell’art nouveau europea. Ma lo storico Juan Bassegoda ha raccolto tracce innumerevoli di molte altre opere di disperse, come altari di chiese, arredi e e cori liturgici e piccole fabbriche sparse in giardini e parchi.
La grande incompresa, almeno per ora sul versante di gran parte della critica contemporanea, resta paradossalmente la Sagrada Familia, alla quale egli si è dedicato senza riserve per lunghi anni concentrandovi il meglio della propria consapevolezza liturgica e teologica, delle proprie invenzioni costruttive, del proprio senso del vivere entro e a favore della storia di un popolo, quello catalano segnato da dolorose tensioni sociali e ricco di umanità vibrante delle bellezze semplici della natura, del mare, delle montagne di Montserrat, della sua terra d’origine: il Camp di Tarragona e la città di Reus.
Ma è proprio in questa “cattedrale”, nelle evoluzioni del suo progetto, nella ideazione e realizzazione dei suoi cicli scultorei, nel raccoglimento che gli si impose come necessario per poter realizzarne una parte sufficiente a far comprende le logiche figurative, simboliche e costruttive messe a punto – in disegni e modelli – per chi ne avrebbe completata la costruzione, che è possibile cogliere la maturazione della sua religiosità e riscontrare il crescere in lui delle virtù teologali: fede, speranza e carità. Impossibile qui dettagliarle, ma ci restano volumi, anche in italiano, che raccontano lo scorrere di una vita lineare e semplice, ricca soprattutto di intensa e sofferta interiorità, che ce li fanno cogliere.
Aveva accettato nel 1883 di dirigerne il cantiere ritenendo di perseguire la più grande e la più gloriosa delle imprese, con l’orgoglio tipico di un architetto – colto e raffinato – che si concepiva “creatore”. Nell’umiltà più radicale, trent’anni dopo, arrivò a chiedere la carità per la sua prosecuzione; negli ultimi anni si immerse totalmente nella contemplazione di una Gerusalemme celeste che egli già vedeva, alla quale avrebbe potuto conformarsi la sua chiesa, posizionata nel terreno allora periferico dell’ampliamento urbano dell’architetto Cerdà, se qualcuno avesse assunto l’impresa temeraria di continuare un cantiere che non aveva paragoni. Gaudì era certo che sarebbe accaduto.
Molti amici, ecclesiastici e no, importanti e umili, gli restarono vicini, molti giovani studenti d’architettura lo frequentarono affascinati dalla sua capacità di immaginare. Amava partecipare assiduamente alle celebrazioni liturgiche, stare con tutti in processione, spiegare il proprio progetto. Mi disse una volta un sacerdote catalano di nome Ballarin, Gaudì era un piccolo uomo con un grande, gigantesco sogno: dare gloria a Dio non da solo, ma con tutto il suo popolo.