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 2025  aprile 15 Martedì calendario

Le donne dal carcere al bistrot A Napoli un caffé che fa rinascer

«Il profumo del caffè appena tostato arrivava fin dentro le nostre stanze. Mi sono chiesta: da dove viene questo profumo? È inseguendo quell’aroma che ho conosciuto le Lazzarelle, e questo è il mio quarto anno di lavoro». Incontro Anna alla Galleria Principe di Napoli, uno dei luoghi simbolo della città – oggi un po’ decaduto – per molto tempo porta d’ingresso al centro storico e ancora oggi luogo di passaggio per i turisti che vanno a visitare il Museo archeologico. Beviamo un caffè seduti a un tavolino del bistrot della cooperativa Lazzarelle, che dà lavoro ad alcune donne detenute nella Casa di reclusione di Secondigliano. «Quando sono entrata in carcere, dieci anni fa, mai avrei immaginato di avere una possibilità come questa perché la mia vita potesse ripartire – racconta Anna -. Ero proprio depressa, ora mi sento protagonista, ho ritrovato la speranza e sono diventata “contagiosa” verso le altre donne. Mi dicono che sono strana perché vedo sempre il lato positivo delle cose. Non sono strana, sono convinta che Dio ci regala sempre una possibilità anche quando tutto intorno sembra andare male. E allora cambia il modo con cui guardi la vita. È proprio quello che è accaduto a me». Prima di lavorare al bistrot si occupava della torrefazione del caffè nel carcere femminile di Pozzuoli, chiuso dal maggio dell’anno scorso a causa dei ripetuti episodi di bradisismo che da tempo tormentano la zona e hanno causato il trasferimento delle detenute a Secondigliano. «Il caffè è come il Vesuvio: è l’anima di Napoli, un rito, un’istituzione. Ma per me ha un valore speciale, è stato il trampolino per spiccare il salto verso nuovi orizzonti. Ho ripreso pure a studiare, manca poco alla laurea in Economia e Commercio, quando arrivo a fine pena potrò giocare le mie carte sul mercato del lavoro e stare alla larga dalla tentazione di ricadere nei brutti giri che mi hanno portato alla detenzione». Da un anno Anna ha ottenuto la possibilità di accedere alle misure alternative al carcere: è in affidamento, di giorno lavora al bistrot e la sera dorme a casa dei genitori. «I chicchi del nostro caffè parlano di riscatto, di vite cambiate, come la mia. Il carcere me lo sono meritato, non lo nego, ma proprio quel luogo di sofferenza è diventato l’occasione per una svolta, grazie all’incontro con persone che mi hanno accompagnato a prendere atto dei miei errori e a riscattarmi: educatrici, psicoterapeuti e Imma che mi ha assunto alle Lazarelle, di cui sono pure diventata socia». Anche per Katia l’incontro con le Lazzarelle – un nome partenopeo-doc scelto per la cooperativa sociale tutta al femminile fondata da Imma Carpiniello – è diventata una tappa importante lungo un percorso di cambiamento dopo un’esistenza complicata. Cresciuta in un contesto malavitoso, la madre e i due fratelli in galera, due figli da mantenere, finisce anche lei in carcere dodici anni dopo avere commesso un reato che la Cassazione aveva riconosciuto come associativo. Ma intanto nel carcere di Pozzuoli aveva cominciato a percorrere un’altra strada. «Mi sono iscritta alle scuole superiori, ho scoperto il pacere della lettura – io che non avevo mai preso in mano un libro –, mi sono buttata a capofitto nel laboratorio di teatro e mi dicono che sono pure brava. Chissà, quando esco magari posso provare con la recitazione… Alle Lazzarelle lavoravo il caffè e ho fatto anche il corso di cioccolateria, è stato bellissimo imparare a produrre le uova di Pasqua. Tu non puoi immaginare l’emozione provata quando ho ricevuto lo stipendio: era la prima busta paga della mia vita. Prima lavoravo solo in nero e mi pagavano una miseria. Purtroppo a maggio a causa del terremoto hanno chiuso il carcere di Pozzuoli e la torrefazione si è fermata. Ma spero tanto che possano presto riaprirla a Secondigliano, dove mi hanno portato». C i spera tanto anche Immacolata Carpiniello, per tutti Imma, donna esuberante e vulcanica quanto il Vesuvio, fondatrice e amministratrice della cooperativa sociale Lazzarelle che nel 2010 ha iniziato la produzione di caffè artigianale secondo l’antica tradizione napoletana all’interno del carcere femminile di Pozzuoli. Dopo la chiusura causata dal bradisismo dei Campi Flegrei, la cooperativa si appoggia presso una torrefazione locale in attesa che venga aperto il laboratorio nel carcere di Secondigliano dove è stata allestita una sezione femminile. «All’origine della nostra avventura ci sono tre idee: ribaltare il luogo comune che la produzione del caffè sia qualcosa di riservato agli uomini – i torrefattori – tanto è vero che la versione femminile (torrefattrice) si riferisce solo alla macchina che tosta il caffè e non alle donne che ci lavorano. Inoltre puntiamo sulla lavorazione artigianale secondo l’antica tradizione napoletana e produciamo miscele che provengono dalla filiera del commercio equo e solidale: così abbiamo creato un’alleanza tra le donne detenute e i piccoli produttori di caffè del Sud del mondo. Con queste premesse desideriamo creare opportunità lavorative per le nostre donne e retribuirle con i proventi della cooperativa. In 15 anni abbiamo assunto 80 donne e l’80 per cento dopo la scarcerazione ha trovato un’occupazione regolare. Le loro storie raccontano quanto pesano sull’ingresso in carcere i contesti degradati da cui provengono, la povertà educativa, il fatto di essere diventate mamme giovanissime. Creando occasioni di lavoro si seminano buone pratiche per l’inclusione sociale, si aiutano le persone a riconquistare autonomia e dignità e si rigenera la speranza». Negli anni il fiuto imprenditoriale e la tenacia di Imma hanno trovato nuove opportunità per sviluppare la cooperativa. Al bistrot della Galleria Principe lavorano tre donne in esecuzione penale esterna, quattro svolgono attività di catering per l’Università Federico II e per l’Orientale, altre due gestiscono la buvette del Grenoble, il palazzo dove ha sede il Consolato francese, cinque sono addette alle pulizie in alcuni B&b del centro storico. La cooperativa produce anche tè, tisane, bomboniere, tazzine, ceramiche artigianali e altri manufatti acquistabili online. «Ma il cuore dell’attività resta il caffè, simbolo per eccellenza della nostra napoletanità e del legame con il territorio. Un giorno, mentre lo stava macinando, una donna ha detto “questo caffè profuma di libertà”. È proprio così: nella torrefazione le donne si sentono valorizzate, cresce la loro autostima, si ritagliano un ruolo autonomo in un’istituzione totalizzante come il carcere, mettono le basi per un ritorno da protagoniste nella società. Attualmente alcune di loro lavorano a imbustare il caffè prodotto da una torrefazione con le materie prime provenienti dal Sud del mondo, in attesa che a Secondigliano – grazie all’ottima collaborazione con la direzione – sia possibile riaprire la torrefazione nella sezione femminile». Nel 2023 il presidente Mattarella ha insignito Imma Carpiniello del titolo di Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica Italiana «per il suo impegno nella valorizzazione del lavoro delle detenute all’interno del carcere offrendo loro una opportunità di riscatto per una vita diversa dopo la detenzione». In questi giorni nella cioccolateria allestita nel bistrot della Galleria Principe si lavora alacremente per produrre le uova di Pasqua delle Lazzarelle: un segno di rinascita da offrire alla città, insieme a una buona tazzulella ‘e cafè».