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 2025  aprile 14 Lunedì calendario

«Non ho iniziato cercando bambini»: gli algoritmi della pornografia stanno aumentando i casi di pedofilia?

Secondo l’ultimo rapporto della Lucy Faithfull Foundation, fondazione inglese che lavora sulla prevenzione dello sfruttamento e dell’abuso sessuale sui minori, per un adulto su cinque la visione di contenuti pornografici sta diventando sempre più estrema. E negli ultimi anni stanno crescendo a dismisura gli allarmi degli esperti per le patologie legate alla pedopornografia: i casi sono in netto aumentano, così come crescono di giorno in giorno i siti web oscurati dalla rete. Ma a differenza del gioco d’azzardo o del gaming, la dipendenza da pornografia non è inclusa nella classificazione internazionale delle malattie stilata dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Ma non è solo una questione di «gusti sessuali», perché secondo molti studiosi del tema ci sarebbe una stretta connessione tra il boom delle pagine online con contenuti di minori e l’aumento dei reati pedopornografici.
In Italia numeri in aumento
I numeri parlano chiaro. Solo in Inghilterra e Galles negli ultimi anni per reati pedopornografici vengono ormai arrestati 850 uomini al mese. Provengono da ogni classe – insegnanti o poliziotti, medici o autisti – ma dietro questo fenomeno in grande crescita c’è una tendenza comune: sono coinvolti sempre più giovani. Sempre nel Regno Unito, lo scorso è stato l’anno peggiore per immagini di abusi di minori rimosse dal web, con 300 mila siti da cui sono stati cancellati contenuti. In Italia non va meglio. A fine febbraio sono state arrestate 34 persone e oltre 100 indagate (tutti uomini) in «una delle più vaste azioni compiute ad oggi», con oltre 500 agenti di polizia coinvolti. E pochi giorni fa un’operazione internazionale dell’Europol coordinata dalla procura di Monaco contro la pedopornografia diffusa tramite la piattaforma «Kidflix» (che richiama volutamente Netflix) ha portato nel nostro Paese a 4 arresti e 16 indagati.
Come nel resto del mondo, anche in Italia i numeri sono in aumento: nel 2024 il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (Cnpo) ha trattato 2.809 casi, il 6 per cento in più rispetto all’anno precedente. Le persone arrestate, secondo l’ultimo report della sezione cyberterrorismo della polizia postale, sono state 144 (+ 33 per cento rispetto al 2023), 1.775 i siti inseriti nella «black list» per contenuti pedopornografici e i casi di adescamento online di minori cresciuti del 5 per cento.
Molti non cercano direttamente foto di minori
Ma al di là dell’identica radice dei due termini, che collegamento c’è tra il porno e i contenuti più spiccatamente pedopornografici? Mentre lo stato della ricerca scientifica non è ancora arrivata a una risposta definitiva capace di spiegare i meccanismi questa china scivolosa, un gruppo di studiosi finlandesi – Protect Children – ha pubblicato da poco questionari somministrati anonimamente sul dark web a chi guarda contenuti illegali online e ha raccolto dati da 4.549 persone. I risultati sono interessanti.
Un terzo degli intervistati ha ammesso che l’interesse sessuale per i bambini era una delle ragioni principali per cui cercavano materiale di abusi sessuali su minori. Quasi due terzi hanno segnalato un interesse sessuale per i minori di 18 anni, per lo più adolescenti tra i 15 e i 17 anni. L’uso intensivo di pornografia è descritto come uno dei «fattori facilitanti» che possono svolgere un ruolo importante nell’abbassare l’asticella anagrafica. Oltre la metà di chi ha ammesso di aver guardato abusi sessuali su minori, però, ha anche affermato di non aver cercato esplicitamente queste immagini. E allora viene da chiedersi: il boom di contenuti online di abusi su minori sta «semplicemente» alimentando una domanda di questi materiali o ne sta creando, pericolosamente ed ex novo, una nuova?
«Non ho iniziato volendo vedere bambini»
Le stesse domande se l’è poste anche Harriet Grant sul Guardian quando ha intervistato alcune persone coinvolte in reati di questo genere. «Sono pienamente responsabile. Ripenso a quello che ho fatto con enorme rammarico e vergogna – ha risposto Andy (nome di fantasia) a Grant -. Ma non ho iniziato a voler vedere bambini. Ero dipendente dal porno e ho imboccato sempre più una strada di totale desensibilizzazione. Usavo il porno come meccanismo di difesa per un sacco di cose» E poi ha cercato di spiegare al quotidiano britannico il collegamento che, secondo lui, ci sarebbe tra la semplice fruizione di video pornografici a quelli più espressamente pedopornografici. «Quando ti masturbi guardando un porno, ricevi un’intensa scarica di dopamina. Poi quei primi video iniziano a diventare noiosi. Il tuo cervello inizia a dire “non è abbastanza”. Presto ti trovi a guardare fantasie di stupro. Poi ci sono gli adolescenti». Come tanti altri, anche Andy si è trasferito dai siti alle chatroom, dove gli uomini condividevano contenuti di diversi generi. È in questo spazio, racconta al Guardian, che gli è stata inviata per la prima volta la foto di un bambino: «Sai che è sbagliato, ma la scarica di dopamina da ciò che stai facendo prevale su tutto il resto».
Il problema, per i diretti interessati e per chi si occupa da anni del tema, è che anche sui siti mainstream – nonostante le policy molto stringenti – è facile imbattersi in contenuti scivolosi, al confine tra il lecito e l’illegale. Per esempio, la professoressa della Durham University, Fiona Vera-Gray, in un suo studio ha sottolineato come su un titolo su otto nelle homepage dei siti porno più popolari al mondo mostrava violenza sessuale contro donne e ragazze. La maggior parte delle pagine più famose adottano da tempo contromisure contro la diffusione online di materiale borderline (Pornhub, per esempio, ha 34 mila parole vietate – associate spesso a contenuti violenti – e ha stretto una partnership con l’Internet Watch Foundation). Ma spesso non basta. E l’intelligenza artificiale sta già facendo esplodere questo fenomeno.