corriere.it, 14 aprile 2025
Adidas contro Puma, faide, tradimenti (e nazismo): la storia dei Dassler, i fratelli rivali che hanno cambiato per sempre lo sport
Pochi giorni fa, Puma ha annunciato la nomina di Arthur Hoeld come ceo del gruppo, con effetto a partire dal primo luglio 2025. Hoeld, in precedenza, è stato responsabile vendite di Adidas. Chi conosce la romanzesca «biografia» di questi due brand sportivi, ha colto la pungente ironia dietro questo avvicendamento di cariche. Si tratta, se vogliamo, dell’ultimo capitolo (sicuramente non il definitivo) di una delle faide famigliari più celebri nel mondo del business: quella dei Dassler contro i Dassler, ovvero Adidas contro Puma.
Gli inizi
Questa storia ricca di colpi di scena (e di colpi bassi) inizia negli anni Venti, in una Germania che si prepara a cadere in mano all’orrore nazista e il nazismo, dal canto suo, a essere sprone formidabile per i fratelli Dassler e per la loro prima azienda di calzature, la Gebrüder Dassler Schuhfabrik. Siamo a Herzogenaurach, cittadina della Baviera (situata a una ventina di chilometri da Norimberga) con una lunga tradizione di calzolai e ciabattini. Pure Christoph Dassler, padre dei protagonisti di questa storia, anche se proveniva da una famiglia di imprenditori tessili e tintori, ha abbracciato la professione. Sua moglie Algirdas, invece, gestisce una tintoria nel retro di casa. Adolf, detto Adi, sarebbe dovuto diventare, mei progetti dei genitori, fornaio, ma il ragazzo preferisce lo sport e imparare dal padre i rudimenti del mestiere. La Prima guerra mondiale travolge tutti. Rudolf, detto Rudi, e Adi partono militari e al loro ritorno trovano chiusa l’attività della madre a causa della crisi economica arrivata col conflitto. Adi, che è già un calzolaio visionario, si installa nel laboratorio e inizia a produrre scarpe sportive capaci di avere una ricaduta diretta sulla performance atletica di chi le indossa. La società la apre col fratello, che con grande talento per il commercio diventa il principale venditore dell’azienda. I Dassler sono bravi, ci sanno fare, ma tutto questo non basta per il grande salto. Serve la congiunzione astrale giusta, serve l’enfasi sullo sport di Hitler e, soprattutto, la grande occasione che si presenta alla piccola Gebrüder Dassler Schuhfabrik sotto forma delle Olimpiadi di Berlino del 1936.
L’intuizione
L’intuizione è di Adi. Far indossare le sue scarpe da ginnastica agli atleti di punta, quelli che generano più entusiasmo tra il pubblico, significherebbe ottenere la più grande pubblicità possibile. Adi allora lavora alacremente perché i piedi degli atleti càlzino le sue scarpe. E ci riesce. Ma fa anche di più: durante le Olimpiadi riesce a farle indossare anche alla nemesi di Hitler, quel Jesse Owens, velocista e lunghista afroamericano, che vinse tre delle sue quatto medaglie d’oro indossando proprio le scarpe prodotte da Adi Dassler.
Adidas contro Puma, la storia della faida tra due fratelli che ha dato vita ai due celebri marchi.
La Seconda guerra mondiale
La Seconda guerra mondiale segna un altro spartiacque nella vita dei fratelli Dassler ed è in questo periodo che i rapporti già tesi tra i due peggiorano. Adi e Rudi vivono sotto lo stesso tetto con i genitori, ma non vanno d’accordo fin da quando, nel 1934, Adi ha sposato la giovane Käthe Martz, che mal sopporta la famiglia del marito e che Rudi, successivamente, additerà come unica vera causa dei dissidi col fratello, perché la donna mette sempre bocca sulle questioni legate all’azienda. In realtà, Rudi non accetta che il fratello minore sia diventato di fatto capo della famiglia Dassler. In più, quando nel 1943 viene nuovamente coscritto, ritiene di non trovare aiuto nel fratello, aiuto che invece lui gli aveva dato l’anno precedente, facendo pressioni tra le sue conoscenze nel partito nazista, in modo da fargli lasciare l’esercito e rimanere in fabbrica. L’astio di Rudi diviene aperto odio quando, alla caduta di Hitler, i fratelli vengono messi sotto processo dagli Alleati per via della loro adesione al nazismo. Rudi è accusato di appartenenza alle SS ed è convinto che la spia sia stata fatta dal fratello.
La nascita di Adidas e Puma
Cadute le accuse, i due Dassler nel 1947 si dividono la Gebrüder Dassler Schuhfabrik. Rudi si trasferisce dall’altra parte del fiume, seguito dai lavoratori del settore commerciale, dove fonda un’azienda di scarpe concorrente che chiama Puma. I dipendenti più legati alla produzione e alla ricerca restano invece con Adi, che fonda l’Adidas (nome che deriva dall’unione di Adi con le prime tre lettere del suo cognome) e registra il marchio delle tre strisce, l’accorgimento tecnico che aveva iniziato a usare fin dalle Olimpiadi come rinforzo laterale delle sue scarpe, evidenziate da una diversa colorazione.
La «città dei colli piegati»
Da questo momento in poi, la rivalità tra i due fratelli diventa una rivalità aziendale che divide la stessa cittadina di Herzogenaurach in due fazioni e le regala il nome di «città dei colli piegati», per via dell’abitudine diffusa tra la popolazione di guardare prima di iniziare una conversazione quali scarpe siano indossate dall’interlocutore. I fratelli Dassler, nel frattempo, hanno smesso di parlarsi e mai più lo faranno. Così, come non si vedranno mai più fino alla morte di Rudi, avvenuta il 27 ottobre del 1974. Adi lo seguirà quattro anni più tardi, il 6 settembre del 1978. I due sono oggi sepolti nel cimitero di Herzogenaurach, ma in due lotti diversi, l’uno il più distante possibile dall’altro, come da disposizione di Adi Dassler.
Adidas contro Puma, la storia della faida tra due fratelli che ha dato vita ai due celebri marchi
L’eredità
Adi e Rudi alla loro morte hanno lasciato ai figli i rispettivi imperi e anche un’eredità di odio. I cugini Dassler infatti non sono mai stati in buoni rapporti, nonostante una specie di patto di non belligeranza stretto all’inizio degli anni Settanta, quando la concorrenza americana di brand come Reebok e Nike li ha costretti a più miti consigli. L’accordo a quel tempo è di non tentare di mettere sotto contratto il più grande giocatore di calcio dell’epoca, Pelè. La pace però viene rotta dalla Puma, con Armin, figlio di Rudi, che contatta il calciatore e gli offre la sponsorizzazione, facendo infuriare il capo dell’Adidas, ovvero il cugino Horst.
Le mazzette
Il punto essenziale del godibilissimo libro di Barbara Smit è che la faida tra i rami Puma e Adidas della famiglia Dassler ha dato origine a tangenti e sponsorizzazioni milionarie, che hanno forgiato nel denaro quello che è lo sport moderno, sia professionale che amatoriale. Fin dalle prime Olimpiadi del Dopoguerra, infatti, i Dassler consegnano buste di denaro agli atleti in un periodo in cui il movimento olimpico cerca ancora di resistere alla commercializzazione. Smit, che ha scritto per il Financial Times e l’Economist, cita un velocista americano che partecipò alle Olimpiadi di Tokyo del 1964: «Era come nei film di James Bond o nei thriller. A Tokyo, un agente andava in bagno e lasciava una busta sotto la porta, e io entravo subito dopo di lui. Ricevevi una busta con bigliettoni da sei, settecento o anche un paio di migliaia di dollari in banconote da cinque o dieci. Pensavi di essere diventato ricco». E gli atleti, amareggiati per non essere pagati per le loro fatiche olimpiche, non dicono no al giocare a fare i Puma contro gli Adidas, pretendendo nel tempo sempre più denaro dai riluttanti commercianti di scarpe.
In realtà, racconta ancora Smit, a guidare la corruzione del movimento olimpico è stata piuttosto un’altra faida familiare, quella tra Adi e suo figlio Horst. Il rampollo, infatti, è stato mandato in Alsazia per creare una divisione di Adidas che deve vendere solo in Francia (il marchio Arena). Ma Horst, uomo estremamente ambizioso, non si accontenta di aspettare tranquillamente il suo turno e trasforma il suo angolo di azienda in una sorta di impero segreto che agisce contro l’espressa volontà dei suoi genitori. Horst fonda società ombra per nascondere loro alcune linee di prodotti, stringe amicizia con tutti i più importanti funzionari del mondo dello sport, compresi i responsabili delle Olimpiadi: sa come servirli e, soprattutto, come corromperli. Capisce subito che possedere i diritti degli eventi sportivi può essere un affare multimilionario. Quando muore nel 1987, a soli 51 anni, il disvelamento di tutti i suoi segreti fa quasi crollare l’Adidas.
La concorrenza di Nike
Ma sulla storia tormentata raccontata in questo libro, c’è un’altra nuvola nera che aleggia. Una nuvola scaturita da una piccola azienda di scarpe da corsa dell’Oregon, fondata da Phil Knight, un uomo ambizioso quanto Horst Dassler. Quell’azienda, inizialmente denominata Blue Ribbon Sports, oggi è nota come Nike. Molto più di Adidas o Puma, Nike ha contribuito a trasformare le scarpe da ginnastica in scarpe che tutti, non solo gli atleti, indossano. Ha capito il marketing molto meglio dei suoi rivali europei e alla fine li ha superati. Per quanto riguarda la trasformazione dello sport, pochi momenti sono più importanti della decisione di Nike di ingaggiare Michael Jordan come testimonial, pagarlo milioni per indossare le sue scarpe e lanciare un marchio con il suo nome che un giorno sarebbe costato anche più più di 100 dollari al paio. Nulla, spiega Smit, ha cambiato il business dello sport in modo più profondo. Ma questa è tutta un’altra storia e un altro libro.