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 2025  aprile 14 Lunedì calendario

Papa Francesco vuole che le offerte per le messe dei defunti siano rendicontate ovunque

Papa Francesco, dopo aver abolito, cinque anni fa, il listino prezzi per matrimoni e battesimi per evitare che le celebrazioni nelle parrocchie vengano percepite come soggette a un tariffario, è passato alla fase due, ponendo fine agli abusi relativi alle intenzioni di messa, ovvero le offerte versate dai fedeli per funzioni in memoria dei propri defunti. Questa pratica, piuttosto antica e regolata da decreti vaticani – l’ultimo risalente al 1991 – ha visto la Santa Sede intervenire per fermare gli accumuli di offerte che si verificano quando i sacerdoti raccolgono più intenzioni per una singola messa. Le nuove regole invitano così i sacerdoti a trattenere solo «una intenzione di messa» per sé e a versare il resto alle parrocchie più disagiate, soprattutto nei territori di missione.

Il Vaticano precisa che non si tratta affatto di “vendere” sacramenti, ma di una tradizione sacra che deve rimanere libera da qualsiasi parvenza di commercialità. Le donazioni effettuate per i sacramenti rappresentano una forma di partecipazione spirituale e sostegno alla missione della Chiesa.
Le offerte per far celebrare la messa in memoria di un defunto contribuiscono solitamente ad aumentare i bassi stipendi dei sacerdoti (in Italia si aggirano attorno a 1.200 euro). Tuttavia, vi sono enormi disparità tra i preti che operano in santuari o in luoghi di culto particolarmente frequentati, i quali ricevono ogni giorno centinaia di intenzioni di messa, e i parroci di campagna, che, invece, faticano a mettere assieme il pranzo con la cena e devono mantenere pure costose strutture, sempre più sguarnite di fedeli.
Il Vaticano stavolta ha invitato i vescovi a essere vigili. Le intenzioni di messa dovrebbero essere registrate e rendicontate. Il decreto afferma esplicitamente che non solo i vescovi e i sacerdoti, ma anche i parrocchiani dovrebbero essere informati.
Inoltre, ha disposto che «i sacerdoti possono accettare più offerte da offerenti distinti, cumulandole con altre e soddisfacendole con una sola messa, celebrata secondo un’unica intenzione “collettiva”, qualora – e soltanto qualora – tutti gli offerenti ne siano stati informati e liberamente abbiano acconsentito». L’informazione da parte del sacerdote e il consenso da parte del fedele offerente sono quindi condizioni imprescindibili. Perché, sottolinea il decreto, «tale volontà degli offerenti non può mai essere presunta; anzi, in assenza di un consenso esplicito, si presume sempre che non sia stata data».
Si ribadisce infine che, per i sacramenti, il sacerdote «oltre alle offerte determinate dalla competente autorità», «non domandi nulla, evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell’aiuto dei sacramenti a motivo della povertà»