La Stampa, 13 aprile 2025
Intervista a Vittoria Belvedere
Gli esordi, giovanissima, da modella. Il successo (seriale) in tv. E poi, adesso, la svolta teatrale. Vittoria Belvedere «ricomincia» dal palcoscenico: un mondo che considerava off limits («non ho mai frequentato una scuola di recitazione») e che invece l’ha accolta a braccia aperte. Per una tv che le sta facendo scontare i due anni sabbatici che si era presa («volevo godermi mio figlio: dopo questa terza gravidanza, non potrò averne altre»), c’è un teatro che ormai da anni con lei fa il tutto esaurito. Il suo ultimo spettacolo va in scena stasera al Teatro dei Rinnovati di Siena ed è Il Gattopardo: il ritorno di Angelica. Belvedere dà voce a un’Angelica inedita, portavoce delle istanze femministe, accompagnata dal direttore artistico dei Teatri di Siena, Vincenzo Bocciarelli, qui nel duplice ruolo del Principe Fabrizio e Tomasi di Lampedusa.
Si è riscoperta femminista?
«Sono felice e orgogliosa di essere donna: non vorrei mai rinascere maschio. Tuttavia non sono mai stata una leader, che grida “seguitemi” con il pugno in alto. Sono più un soldato: vado in guerra se c’è da battagliare, non mi tiro mai indietro, ma l’iniziativa difficilmente parte da me».
Ci battiamo tanto per la parità ma poi arriva una serie come Adolescence e scopriamo che online ci sono gli attivisti dei diritti maschili, i misogini, gli incel: quella femminile è una battaglia persa?
«Gli uomini hanno capito che siamo forti e provano a tagliarci la strada. Il problema è che, se loro ci mettono i bastoni tra le ruote, noi ci autosabotiamo. Se fossimo meno presuntuose, riusciremmo a governare l’Italia, meglio degli uomini. Sia chiaro: non voglio farne un discorso politico, perché non mi sento rappresentata da nessuno oggi, né a destra né a sinistra. Sono però convinta che se anziché mettere davanti l’ego noi donne unissimo le forze, allora faremmo molte più cose».
Va ancora a votare?
«Lo faccio quando credo in qualche candidato, ma spesso resto delusa. Purtroppo lo scenario mondiale è così complesso che i buoni propositi muoiono sul nascere per causa di forza maggiore. Cambiano le persone ma non il sistema: qui sta il nodo».
Ha tre figli: i social stanno davvero stravolgendo l’adolescenza?
«Senza internet, era tutto molto più basico: i genitori lavoravano, i figli dovevano studiare e portare a casa buoni voti. Oggi invece i ragazzi sono inondati dai social, sommersi da una serie di informazioni negative. Gli influencer impongono degli status: come vestirsi, come apparire... difficile spiegare a un ragazzo che non crolla il mondo se si è diversi da tali standard. I maschi sono ancora più fragili e coinvolgibili delle ragazze: pur di affermarsi, fanno delle cavolate giganti».
Voi come vi regolate?
«Li accontentiamo nelle richieste solo se è il caso e se lo meritano. Investiamo poi molto sul dialogo: abbiamo tolto la tv dalla sala pranzo e cerchiamo sempre di mangiare con i nostri figli. Come emerge da Adolescence – che ho visto – più che gli errori è la distrazione il vero passo falso in cui possono incorrere i genitori. Spesso si ha anche paura a guardare in fondo ai problemi dei figli: non sai cosa trovi, se sei in grado di aiutarli».
La sua adolescenza è trascorsa sui set. Era spinta più dai sogni o dall’ambizione?
«Direi dagli eventi. Ho sempre seguito l’onda, accontentandomi di quel che arrivava. Magari fossi stata ambiziosa: forse avrei raccolto ancora di più. Sto andando in analisi proprio per capire perché fatico così tanto a impormi. Sono in una fase molto riflessiva, dove mi chiedo chi sono, cosa voglio».
Le danno dell’algida. Lo è?
«In realtà sono un maschiaccio che ama stare in compagnia. Da bambina giocavo sempre con i maschi, facevo le battaglie e costruivo capanne. Il mio atteggiamento distaccato è posticcio: nel mondo della moda era richiesta una certa freddezza e me la sono portata dietro anche dopo, sul set, a mo’ di protezione. Quel distacco che sente è la mia corazza per difendermi dal mondo».
La tv è ormai un capitolo chiuso?
«Amo il set e mi piacerebbe tornare. Ho fatto anche dei provini ma rientrare nel giro è faticoso. Sto pagando lo scotto di essermi presa due anni sabbatici: volevo godermi la mia ultima maternità».
Il teatro è stato un ripiego?
«No, assolutamente: hanno dovuto insistere per farmelo fare perché non mi sentivo all’altezza. Una volta calcato il palco, ho però scoperto una nuova vita: il teatro mi ha travolta e ammaliata».
Suo marito Vasco viene da una famiglia di esercenti. Quanto è importante che i cinema non vengano chiusi?
«I giovani apprezzano ancora la magia della sala: i miei figli ci vanno volentieri. Bisogna però trovare nuove formule. Per esempio, mio marito ha voluto riaprire un cinema storico del Veneto, sperimentando proposte di intrattenimento più larghe: la colazione o l’aperitivo abbinati alla visione del film».