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 2025  aprile 13 Domenica calendario

Boss della coca di Roma detenuto, così Alessio Capogna percepiva il reddito Inps. Nei guai anche la moglie: ricevuti 35mila euro

False dichiarazioni per il conseguimento del reddito di cittadinanza, è il reato. Chi lo avrebbe compiuto un giovane boss della coca, appartenente a una nota famiglia della mala romana, e sua moglie. Si tratta di Alessio Capogna, classe 1991, cugino degli ormai noti collaboratori di giustizia della Capitale, i fratelli Fabrizio e Simone, che tanti elementi hanno fornito agli inquirenti negli ultimi anni sulla costellazione criminale della città. Insieme a lui figura, nello stesso capo di imputazione, la moglie 36enne. Lo stesso Alessio Capogna ritenuto dai carabinieri della Compagnia di Roma Centro, il capo della rete di spaccio – sgominata poche settimane fa – che, partendo da San Basilio, riforniva poi le aree della movida di piazza Navona e di piazza del Fico.
LA RICHIESTA
I due sono accusati di aver chiesto il sussidio mentre erano detenuti – cosa vietata dalla legge – e di aver percepito tra il 2021 e il 2022, più di 35 mila euro, 36mila e 503 per la precisione. «Presentavano domanda di reddito di cittadinanza, pur trovandosi nella condizione detentiva che gli impediva la ricerca di un lavoro», si legge nel capo di imputazione. Per questo la procura di Roma ha chiesto per entrambi – difesi dall’avvocato Giancarlo Di Giulio – il rinvio a giudizio, sul quale il gup di Roma deciderà nelle prossime settimane. A meno che non chiedano e ottengano di essere giudicati con rito abbreviato, in quel caso non affronteranno un processo ordinario e beneficeranno dello sconto di un terzo della pena. Parte offesa nel procedimento è l’Istituto nazionale della previdenza sociale al quale i due avevano fatto domanda per ricevere il sussidio.
Ad accorgersi dell’illecito le forze dell’ordine che lo hanno poi segnalato all’Inps, interrompendo così l’erogazione delle somme. Non è la prima volta che gli inquirenti scovano tra i furbetti del reddito persone che hanno avuto guai con la giustizia. Se chi chiedeva il sussidio era destinatario di misure cautelari o aveva ricevuto condanne penali negli ultimi 10 anni non poteva ottenerlo. Ma bastava omettere di dichiarare questo aspetto nella richiesta e così veniva erogato lo stesso. L’Inps infatti non effettuava verifiche sul casellario giudiziario, lo facevano però gli inquirenti. Era successo lo scorso anno con alcuni componenti dei clan Casamonica e Spada arrestati nelle due operazioni Gramigna del 2018 e del 2019 con l’accusa, tra le altre, di fare parte dell’associazione mafiosa, e ora con Alessio Capogna che ha alle spalle diversi guai con la giustizia. L’ultimo portato alla luce poche settimane fa dai carabinieri.

L’OPERAZIONE
L’indagine, avviata nel 2023 per dei giri sospetti nelle piazze del Centro, ha svelato l’esistenza del gruppo “Lele”, ovvero «l’associazione promossa e organizzata da Capogna», come si legge nell’ordinanza firmata dal gip di Roma, con la quale sono state emesse 18 misure cautelari nei confronti dei componenti del gruppo specializzato nella vendita di cocaina e crack. Era proprio il cugino dei pentiti, avvalendosi del suo braccio destro, ad «assicurare la funzionalità della struttura», «gestendo direttamente tutte le fasi dell’attività». Dall’arrivo della droga alla base logistica di San Basilio, alla contabilità giornaliera, fino all’arruolamento dei nuovi pusher.