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 2025  aprile 13 Domenica calendario

Caos nei porti americani. «Da giorni non si scarica». Navi cinesi ferme in mare

È una giornata di pioggia a New York e le nuvole basse e la foschia avvolgono i container e le navi ferme a Red Hook, il principale porto della città. Da quando sono entrati in vigore i dazi contro la Cina del 145% e quelli sul settore auto del 25% i lavoratori e le aziende di spedizioni stanno ancora cercando di capire quali saranno i veri impatti sul settore. «Siamo tutti sospesi, confusi, non sappiamo cosa succederà domani», dice José, dipendente di una società che sposta container tra New York e i Paesi dei Caraibi, per ora colpiti da dazi del 10% per 90 giorni, dopo che Donald Trump questa settimana ha deciso di concedere una pausa per trovare un accordo. C’è anche molta paura e timore di ritorsioni da parte dell’amministrazione: «Sono di origini messicane e sono qui con un visto, non voglio rischiare», continua José. Nessuna azienda di spedizioni via mare ha intenzione di commentare, chiunque si avvicina viene respinto all’ingresso: «Per ora non vogliamo dire nulla, ma la situazione è molto difficile e complessa, capiamo cosa succede ogni mattina, non abbiamo una direzione», spiega un impiegato. Per il Port Authority of New York and New Jersey, le autorità che controllano l’ingresso di merci nei due Stati, la situazione è sotto controllo: «Non abbiamo avuto impatti sulle operazioni giornaliere ai porti», dice un portavoce del Port Authority, nonostante ammetta che mancano i dati necessari per capire cosa succederà nei prossimi mesi. Gli Stati di New York e del New Jersey dagli anni ‘20 condividono il controllo delle infrastrutture, come i ponti e le strade, e la gestione dei porti di ingresso sia via mare che via terra e aria. Ma non ci sono solo le aziende di spedizioni.

I RISCHI
Una fonte che lavora nel settore della moda e produce capi negli Stati Uniti con stoffe provenienti dall’Italia e dalla Cina, racconta che nei prossimi mesi saranno costretti ad alzare i prezzi: «Stiamo pensando di dividere i costi aggiuntivi in tre, noi assorbiamo un terzo, il produttore l’altro terzo, e l’ultimo terzo verrà pagato dall’acquirente finale», spiega affermando di essere in contatto con i fornitori ma di non averli ancora convinti a firmare il nuovo contratto. E infatti i produttori cinesi non sanno come procedere, visto che gli Stati Uniti nel 2024 hanno rappresentato quasi il 15% del totale delle esportazioni del Paese, per un valore di oltre 500 miliardi di dollari. Intanto diverse navi portacontainer cinesi sono state bloccate o sono state dirottate quando già si trovavano in alto mare dirette verso gli Stati Uniti. I dazi di Trump infatti hanno portato gli esportatori cinesi a decidere di «abbandonare le spedizioni a metà strada». Un dipendente di una società quotata in Cina ha riferito che il numero di container spediti quotidianamente negli Stati Uniti è calato drasticamente – da 40-50 a soli 3-6 – a causa dell’impatto delle nuove tariffe.

LE RIPERCUSSIONI
A conferma del clima di incertezza Trump ha annunciato un nuovo cambio di direzione, l’ennesimo, escludendo dalle tariffe del 145% i prodotti tecnologici: cellulari, computer e microchip non saranno tassati, questo dopo le pressioni insistenti della Silicon Valley, dopo le proiezioni secondo cui un iPhone sarebbe potuto costare tra i 2.000 e i 3.500 dollari. Sulla costa atlantica la situazione per ora appare confusa ma ancora sotto controllo, visto che qui arrivano soprattutto merci dall’America Latina e dall’Europa, mentre i porti statunitensi del Pacifico stanno subendo i maggiori ritardi, ricevendo quasi solo cargo dalla Cina. Nei porti dell’Atlantico – New York, Savannah in Georgia, Baltimora e Boston – le navi passano dal Canale di Panama, dove Trump minaccia di inviare l’esercito per prenderne il controllo e gestire il passaggio dei cargo cinesi. Proprio in questi giorni il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha firmato un accordo con Panama che farà passare dal canale gratis le navi militari americane. A San Francisco, a Los Angeles e più a nord a Seattle, i dazi di Trump si sentiranno ancora di più. Los Angeles per esempio è il più grande porto del Nordamerica per numero di container, seguito da quello di New York e New Jersey. Le autorità portuali di Los Angeles prevedono che qui le tariffe si faranno sentire a maggio, quando tutte le cancellazioni fatte in queste settimane di incertezza inizieranno ad avere un impatto reale, facendo diminuire il numero di navi in arrivo. Questo di sicuro porterà a un taglio di posti di lavoro: il porto della metropoli dà lavoro in modo diretto o indiretto a 2,7 milioni di persone. Anche a New York e in New Jersey il rischio dei tagli è sempre più concreto: gli ultimi dati dicono che l’intero comparto dà lavoro a più di 500.000 persone. «Per ora c’è solo confusione ma temiamo che nei prossimi mesi qualcuno bussi alla nostra porta e ci dica che non abbiamo più un lavoro. Questo mi fa arrabbiare soprattutto perché la nostra economia andava bene. Perché ci fanno questo?», esclama uno dei dipendenti dell’azienda di Red Hook mentre si allontana e si alza il cappuccio della sua cerata arancione per ripararsi la testa dalla pioggia e tornare tra i container a finire il suo turno.