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 2025  aprile 13 Domenica calendario

Farouk Kassam e la morte di Graziano Mesina: «Penso tutti i giorni al mio rapimento, ma non gli ho mai chiesto nulla»

Non è la morte di un uomo a costringere Farouk Kassam a cambiare il tono delle sue parole: si è sempre espresso così, da quando è diventato grande e da quando ha deciso che della storia del suo sequestro avrebbe voluto riparlare. Oggi che Graziano Mesina è morto lui preferirebbe un silenzio rispettoso. E non solo per garbato rispetto umano. Soprattutto perché il ruolo dell’ex super latitante sul rapimento (e sulla liberazione) di quel bambino a cui è stato persino mutilato l’orecchio non è mai stato chiarito del tutto. «Di fronte alla morte di un uomo, di qualsiasi uomo, non si può gioire. È vero che aveva 83 anni e tutto sommato ha avuto un’esistenza abbastanza lunga. Ma su come ha trascorso questa vita evito di fare commenti». Il pensiero oggi torna di nuovo al 15 gennaio del ‘92. Farouk è il figlio maggiore di Fateh e Marion, albergatori arabi oramai di casa a Porto Cervo. Non ha ancora compiuto 8 anni, quando un commando di incappucciati si presenta nella villetta di famiglia all’ora della cena: un blitz di pochi minuti è l’inizio di un dramma che tiene l’Italia col fiato sospeso. La prigionia dura 177 giorni, nel freddo di una grotta, in un anfratto irraggiungibile della Barbagia. Oggi Farouk ha 41 anni e vive tra Londra e Roma.
Da allora ha mai incontrato Graziano Mesina?
«Sì, ci siamo visti. Forse più di una volta. Ma non ci ho mai parlato. Non mi sono avvicinato, non avrei avuto nulla da dirgli, non sarei stato neanche interessato a sentire chissà cosa da lui. Per tutti questi anni sono stato lontano da quel mondo, l’ho fatto per me stesso, per riuscire a ritrovare una mia dimensione».
Dalle sue parole mai un senso di rabbia. Come si spiega?
«Non serve a nulla, la rabbia fa male a te stesso. E io ho sempre avuto il desiderio di costruirmi una vita felice e serena».

Sereno sì, ma senza dimenticare.
«Come si fa a dimenticare quello che è successo? I ricordi tra l’altro sono importanti. Quella storia fa parte di me, ha avuto grosse ripercussioni nel mio percorso di crescita. Ogni volta che mi guardo allo specchio vedo un orecchio mutilato, osservo la mia cicatrice, e ogni volta ripenso a quei giorni da rapito. Con quella storia ci convivo pacificamente».
Da Mesina avrebbe voluto avere qualche chiarimento?
«Non mi interessa, se avessi voluto avrei potuto cercarlo e chiedergli tutto ciò che non si è mai spiegato. Ma vivo bene così, non ho questo rimorso».