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 2025  aprile 12 Sabato calendario

Francesco Filippi: il fascismo vuoto che dice tutto e il suo contrario

Nell’affrontare il ruolo dell’antifascismo oggi è bene ribadire un punto fondamentale: il fascismo come oggetto politico, come questione sociale e come minaccia democratica non solo non è stato storicizzato ma, come si dice, «vive e lotta insieme a (o contro di) noi». Il fascismo è sopravvissuto soprattutto per il modo in cui è stato concepito: non come un’ideologia, – solo il fascismo tedesco, evoluzione di quello italiano, è riuscito a produrre una propria ideologia – ma come qualcosa di diverso.
Il fascismo italiano non ha mai avuto un impalcato culturale paragonabile a quello prodotto nei dodici anni di nazismo: ciò che potremmo definire “ideologia fascista” è solo il tentativo disperato di Mussolini prima e dei suoi epigoni poi di rimanere aggrappati o di conquistare il potere. Per questo nel corso del tempo possiamo enumerare, ad esempio tra le forme istituzionali accettate dal fascismo, il repubblicanesimo, a tratti addirittura l’anarchismo, poi la monarchia e infine di nuovo il repubblicanesimo. Tra le dottrine economiche il fascismo si è professato nel tempo “socialisteggiante”, liberale, capitalista per poi inventarsi una cosiddetta “terza via” tra capitalismo e socialismo, il corporativismo, che nient’altro era se non un tentativo di irreggimentare le forze sociali per favorire il grande capitale da sempre amico di Mussolini; una sorta di turbocapitalismo ante litteram, insomma. Ateo, poi agnostico poi cattolico nei valori religiosi, arrivando però a blandire l’islam e proclamarsi difensore del mondo musulmano per opportunismo bellico contro gli inglesi.
Fervente sostenitore della famiglia e contemporaneamente esaltatore di un certo maschio libertinismo sia durante il Ventennio che dopo, il tutto lontano dal concetto di coerenza: Almirante sostiene la campagna contro il divorzio in Italia da divorziato in Brasile. Nel mondo della cultura è fautore dapprima della libera espressione degli intellettuali di rottura e poi fermo accentratore e censore delle idee non conformi… Questi e innumerevoli altri salti pindarici nel corso del tempo hanno prodotto una forma di resistenza che si occupa di smascherarne le illogicità attraverso analisi puntuali: un antifascismo coerente, per così dire, di fronte all’incoerenza fascista. Il fascismo sembra non sottostare al principio di non contraddizione: una caratteristica che complica e al tempo stesso chiarisce quali siano i possibili campi di azione dell’antifascismo. Umberto Eco, dall’alto della sua esperienza di semiologo, analizzando appunto “i segni” del fascismo ne coglie in modo molto convincente la natura e ne dà una definizione ancora oggi molto potente: «Mussolini non aveva nessuna filosofia: aveva solo una retorica». Il fascismo quindi non sarebbe, non è in realtà mai stato, un luogo di creazione e attuazione del pensiero; una fase di astrazione che produce risposte politiche a temi concreti; nemmeno una fucina di idee da mettere in pratica. Il fascismo è solo «un modo di dire le cose». Cosa che lo rende, proprio seguendo la lezione di Eco, «eterno» in quanto slegato dalla contingenza del momento e senza vincoli rispetto alla realtà delle cose mentre accadono. Eterno (Eco utilizza anche il prefisso «ur-» fascismo, vale a dire “primordiale” o “originario”) in quanto «atemporale» e come tale impossibile da definire solo storicamente.
Inutile dire come questa posizione sia stata nel tempo osteggiata da una parte della storiografia soprattutto italiana, perché sottrae il fascismo come concetto dalla sola indagine storica e ne fa un oggetto molto più ampio e interdisciplinare. E tuttavia la definizione di Eco, nella sua «semplice complessità», è l’unica che riesca a descrivere il fascismo per quello che continua a essere oggi: un concetto indipendente dalla singola esperienza del fascismo ventennale e riconosciuto come uno degli attori dell’attuale spazio politico, per quanto estremista. Il dilagare di saluti romani, la smaccata esposizione di simbologia da regime, l’esaltazione dei concetti cari alla destra estrema come la violenza esibita, il machismo e comportamenti militareschi quali sfilate ed esibizioni di divise o abbigliamento identificativo, uno spiccato nazionalismo escludente e chiari riferimenti al razzismo biologico, tutto quello che oggi si vede nelle piazze e sui social fa parte del vecchio ma sempre verde armamentario del fascismo utilizzato non per “agire” nel mondo, ma semplicemente per raccontarselo.
In un contesto di comunicazione pubblica dominato da strumenti come i social media e le piattaforme web che stimolano l’individualismo nella fruizione delle informazioni e al contempo favoriscono la creazione di flussi virali di notizie, l’approccio retorico fascista risulta vincente rispetto ad altri tipi di retorica legati al principio di non contraddizione. Basta dire tutto e il contrario di tutto e si troverà sempre qualcuno che prenderà per buona la parte di messaggio che lo interessa o stimola.
Come nelle piazze degli anni Venti e Trenta ci si poteva raccontare al contempo come violenti e pacifisti, capitalisti e socialisti, internazionalisti e nazionalisti, così nelle piazze web di mezzo mondo leader e gruppi fascisti che si affacciano dai loro balconi virtuali fatti di account social e canali di chat possono sostenere qualsiasi posizione l’algoritmo suggerisca valida al momento.
Alla domanda quindi se il fascismo oggi ci sia (o ci faccia?) tocca rispondere che il fascismo non solo c’è, ma si nasconde sempre meno mentre l’argine retorico delle sue malefatte storiche perde di peso e sembra anche meglio attrezzato del suo oppositore ad affrontare e sfruttare le occasioni fornite dalla fine delle ideologie e l’entrata del mondo nell’era digitale.