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 2025  aprile 11 Venerdì calendario

Intervista a Federica Pellegrini

Tutte le altre Fede: ballerina, conduttrice, insegnante, ambasciatrice, scrittrice. Pellegrini scopre sempre di più il mondo emerso, dopo una vita nell’acqua. Anche se le radici e il cuore non li cambi: «Sono felicissima per l’elezione di Kirsty Coventry alla presidenza del Comitato olimpico internazionale: finalmente una donna e anche nuotatrice».
Lei è membro Cio in rappresentanza degli atleti, non pensa di candidarsi alla guida del Coni?
«Non posso dedicare la mia intera vita allo sport, almeno in questo momento. È un ruolo di assoluto prestigio e non so se ne sarei all’altezza».
È entrata nella Hall of Fame del nuoto, quarta italiana del nuoto a riuscirci.
«Sono contenta, non era scontato, è l’incoronazione del lavoro fatto con Alberto Castagnetti, il mio ex coach scomparso nel 2009. La medaglia più importante l’ho presa con lui, l’oro olimpico a Pechino 2008. Anche lui è nella Hall of Fame, ci incontriamo di nuovo lì e lo trovo molto romantico. Lo penso, ci parlo, Alberto è un pensiero costante, molta della mia vita è ancora legata al nuoto e dunque a lui. In piscina a Verona ogni volta è come rivederlo».
Quanto conta ancora il nuoto nella sua vita?
«Molto, l’Academy avviata tre anni fa a Livigno con mio marito, Matteo Giunta, rimane la più importante. Ma ho anche mille altri progetti».
Quali?
«Un programma tv di cui però non posso parlare, è una prima edizione. E un libro a metà tra manuale e biografia».
Anche una sorella o un fratello per Matilde, che ha poco più di un anno?
«Per adesso non ci penso minimamente. Tutte le illazioni sulle mie presunte pance sono false. E poi prima fatemi uscire dal tunnel: Matilde è già bella tosta, molto più di me, caratterialmente è parecchio forte e questo non mi dispiace, ma richiede molte energie».
Ama già la piscina?
«Le piace l’acqua. Da qui a fare la nuotatrice ce ne passa, anche se ne sarei contenta. Ma so che convivere con questo nome non sarà semplice. Matilde Giunta Pellegrini, ha il doppio cognome».
Per Thomas Ceccon, lei non rappresenta nulla. Commenti?
«Parliamo d’altro».
Filippo Magnini, il suo ex fidanzato, lo ha mai più sentito?
«Anche qui andrei avanti con la conversazione».
Sinner? Che idea si è fatta della vicenda doping e della sospensione di tre mesi?
«Jannik è molto amato e dunque viene difeso sotto ogni aspetto, a prescindere, e questo lo trovo giusto. Ma credo che la sua vicenda sia stata trattata diversamente dal 99% dei casi. Non tutti sanno come funziona per un atleta soggetto a controlli antidoping a sorpresa e in competizione durante tutto l’anno. Bisognerebbe spiegare questa cosa per spiegare il caso Sinner».
Prego.
«Gli atleti vivono con un pensiero costante, quello di dover fornire un’ora di slot di reperibilità ogni giorno della vita anche quando sono in vacanza per consentire all’antidoping di andarli a trovare dovunque siano. Io avevo una sveglia che suonava alle 10 di sera con scritto location form, per ricordarmi che dovevo aggiornare ogni volta l’indirizzo. Lo considero giusto altrimenti diventa sempre di più una lotta impari. Quanto alla responsabilità oggettiva rispetto al team, va detto che non è che se il mio fisioterapista si beve una birra e investe qualcuno è colpa mia, ma diventa una mia responsabilità se il fisio usa una crema su di me e poi io risulto positivo. Vale per tutti, non è il caso Sinner a essere strano».
Quindi?
«Perché il caso Sinner deve essere diverso? È questa la mia domanda. E diverso è stato: la soluzione è arrivata solo dopo i ricorsi della Wada. Non dico che ci dovesse essere una sospensione. Ma di fatto è stato trattato come un caso diverso dal 99% degli altri atleti che hanno affrontato e pagato una negligenza per doping. C’è una casistica anche nel nuoto, dove per esempio alcuni hanno usato un inalatore diverso per l’asma e poi sono risultati positivi. Oppure a causa di creme comprate magari all’estero. Quando vai in farmacia a chiedere un farmaco specifico lo porti al medico della federazione che lo controlla, lo scheda e vede se ci sono principi attivi o contaminazioni: solo se è ok allora lo puoi utilizzare. Non è una vita semplice, ma credo sia l’unico modo per combattere il doping».
A proposito di squalifiche: quella del Settebello dopo le proteste a Parigi?
«È giusto rispettare un’etica comportamentale e lo spirito olimpico, ma è anche vero che subire un’ingiustizia come l’hanno subita loro è difficile da digerire. Quella partita contro l’Ungheria è stata imbarazzante, capisco la protesta estrema. Molto probabilmente avrei fatto come loro. A volte la diplomazia fa poco e quello che vuoi dire è più importante delle conseguenze».
È nata una Pellegrini diversa dopo Ballando con le Stelle?
«Bellissima esperienza, mi dispiace averla fatta un po’ a intermittenza, con tre partner cambiati in corsa. Comunque: la parte più difficile è stata far uscire quello che sentivo, far parlare il mio corpo rispetto alle emozioni dentro. Complicato perché abbiamo degli schemi motori molto legati a quello che abbiamo fatto per tutta la vita. Se tu mi buttassii in acqua e mi dicessi di esprimere rabbia o passione, io lo potrei fare. Ballando, è completamente un’altra cosa. Completamente».
 
Più complimenti o più critiche?
«Dal vivo, tanti complimenti. Sui social è stato terribile, le tifoserie mi hanno massacrato, critiche anche molto pesanti sulla fisicità, commenti duri e aggressivi. Confesso che mi sono chiesta se ne valesse la pena, mi hanno fatto anche dubitare di me, a tratti, e dire che io ho le spalle piuttosto larghe. Ho pensato piuttosto all’effetto che questa violenza può avere sulle ragazzine».
Come difendersi?
«A volte, anche provocatoriamente, parlo di patriarcato. Se ancora non siamo consapevoli che il nostro retaggio culturale è innegabilmente patriarcale, vuol dire che l’Italia è ancora un paese patriarcale. Lo saremo fin quando ce ne sarà solo uno. Solo parlare di questo argomento scalda gli animi e capisci quanto lavoro c’è da fare».