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 2025  aprile 11 Venerdì calendario

Un paese per giovani

Non è più la serie A di una volta, non lo è da tempo. Lontani gli anni Ottanta, Novanta e Duemila, quando l’Italia era il punto d’arrivo per tutti i più grandi campioni internazionali, il nostro campionato collezionava Palloni d’Oro, le coppe europee parlavano italiano. Ma è tutto il mondo, non solo del calcio, a essere cambiato con una velocità a tratti violenta. E per restare al passo delle leghe più ricche anche la serie A ha dovuto cambiare pelle. Quando il fare di necessità virtù esce dal luogo comune, si prende atto di un campionato mai così giovane come in questa stagione: 11 squadre su 20 hanno abbassato l’età media al di sotto della soglia dei 26 anni a partita, per trovare una proporzione simile o ancor più verde bisogna tornare indietro fino al 1988/1989. Ora che qua non siamo più re, però, proviamo a diventare principi: in cinque stagioni si è perso un anno intero ed è un’enormità. Anche o soprattutto perché i costi erano diventati insostenibili per molti, per provare a contrastare il dominio di Premier e Liga il modello da seguire era quello di Ligue 1 e Bundesliga, aspettando gli investimenti sulle infrastrutture stanno arrivando quelli sui giovani.
Ma i campioni? Prima arrivavano in Italia le stelle già affermate, quelle che qui nascevano poi restavano. Ora il nostro campionato è individuato come uno dei migliori per diventare grandi: basti pensare alla scelta di Kenan Yildiz, magari a quelle dei gioiellini comaschi Nico Paz e Diao, solo per citare tre under 20 corteggiati da tutto il mondo. Il problema è semmai quello successivo, una volta diventati grandi poi le società italiane non hanno più la forza per trattenerli: l’esempio di Kvaratskhelia è solo l’ultimo di una lunga serie di talenti stranieri solo transitati dalla serie A, Lautaro o Barella sono eccezioni, quello che più preoccupa è però rappresentato dal numero di gioielli azzurri finiti all’estero al momento del salto di qualità, da Donnarumma a Tonali e Calafiori.
Sempre più squadre abbassano l’età media, dunque. Anche se poi la legge del campo resta impietosa. L’oscar di capitan futuro va al Parma seguita a ruota dalla Juve. Ma non è evidentemente un caso se a giocarsi lo scudetto sono Inter e Napoli, per distacco le squadre più vecchie del campionato. E non è nemmeno un caso se le grandi più giovani, Juve e Milan, siano quelle che han vissuto le maggiori difficoltà nell’assestarsi strada facendo. Ma se il club rossonero ha perso la bussola e non sa ancora da chi ripartire nella prossima stagione, alla Continassa il progetto è chiaro nonostante le difficoltà: nemmeno l’esonero di Thiago Motta interrompe un percorso avviato da anni di contenimento costi e abbassamento dell’età media, dall’ultima finale di Champions (2017) e dall’ultimo scudetto (2020) a oggi in campo c’è una squadra più giovane di quattro anni e mezzo, un’enormità. Ma anche l’esempio che un progetto solido in tal senso può comunque essere accompagnato dai risultati, il ciclo leggendario dei nove scudetti di fila è alle spalle ma allo stesso tempo sul campo la Juve non è mai andata fuori dalle prime quattro posizioni, la strada tracciata dalla Next Gen in termini di produzione calciatori (anche per la prima squadra) e di incassi dal mercato appare vincente al di là dei trofei.
Non c’è più la serie A di una volta, ma qualcosa sta cambiando per rimetterla al centro del mondo del calcio. E, per il momento, diventare trampolino di lancio è già un buon punto di (ri)partenza.