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 2025  aprile 11 Venerdì calendario

Makka Sulaev: "Ho ucciso papà per difendere mamma in casa avevamo tutti paura di lui"

Ascolta la formula di rito per gli imputati e annuisce. «Sì, voglio rispondere». La voce trema davanti ai giudici della corte d’Assise di Alessandria. Indossa un hijad verde scuro. La madre singhiozza in un angolo. Makka Sulaev, 19 anni, studentessa di Nizza Monferrato, origini cecene, imputata di omicidio premeditato, è accusata di aver ucciso il padre con due coltellate. Racconta il giorno del delitto: il primo marzo 2024. Racconta le fasi che hanno preceduto il litigio in casa: l’acquisto del coltello in un supermercato e quei fogli di quaderno, pieni di rancore, scritti di getto prima di colpire il padre Akhyad. «Lo ucciderò». Poi racconta la lite, la colluttazione, il terrore delle sorella, dei due fratellini, il padre che reagisce. «Non volevo ucciderlo. Volevo che si fermasse» dice Makka, difesa dall’avvocato Massimiliano Sfolcini. Adesso toccherà alla corte d’Assise decidere.
Hai sofferto in aula a rivivere quei momenti?
«Rivivo ogni giorno quei momenti. In tribunale ho dovuto concentrarmi per narrare tutti i fatti come sono andati».
Fai brutti sogni?
«Ogni tanto ho gli incubi, mi sveglio di notte. Ma da quando sono tornata a casa dormo meglio».
Odiavi tuo padre?
«Da piccola lo amavo. Anche se allora non capivo certe cose. Poi quell’amore è diminuito».
Quando?
«Verso i 16, 17 anni. Quando sono diventata maggiorenne ho capito che non potevo più accettare come lui faceva vivere mia madre».
Hai detto che vivevate in un costante clima di paura. Non c’erano giornate normali?
«Raro che mio padre non ci pressasse o non ci insultasse. Dovevamo sempre avere paura. Se la prendeva per ogni cosa: per una serranda chiusa, per un piatto non lavato, per un filo di polvere. Così insultava mia madre. Diceva: “Vedi come educhi i tuoi figli?”. Dovevamo sempre temerlo».
Un ricordo felice?
«Forse da piccola. Ma non guardo al passato, penso al futuro»
Hai mai confidato le tue paure a un’amica?
«Raccontavo qualcosa alla mia amica del cuore ma minimizzavo. Anche se stavo male cercavo di nasconderlo. Ero stata abituata così».
Anche a scuola non hai mai detto nulla?
«A volte scoppiavo a piangere, ma davo la colpa ai voti, non parlavo della mia famiglia. Delle violenze che vedevo in casa».
Perché quel giorno hai comprato quel grosso coltello da cucina?
«Non so spiegare. In quel momento non c’erano altre opzioni ma non avevo intenzione di fare quello che ho fatto dopo. Volevo difendere mia madre e me stessa, volevo allontanare quell’uomo grande, più forte di me. In casa c’erano solo piccoli coltelli. Pensavo che non bastassero a fargli paura. Fisicamente gli bastava un pugno per farci male. Quando picchiava mia madre non usava tutta la forza. Da giovane praticava karate e box».
Nel tuo diario, scritto prima del delitto, hai raccontato che lui talvolta trascinava te e tua madre per i capelli di fronte ai tuoi fratelli maschi, per mostrare loro come educare le donne. Confermi?
«Era la sua cultura. Lui è cresciuto in un posto dove le donne non valgono niente. Così lo insegnava ai mie fratelli dicendo: “Dovete essere uomini e per esserlo dovete picchiare la donna se non ti ascolta”. La sua era una questione di cultura, non di religione. La religione è un velo per nascondere la disumanità».
Hai fede?
«Sono credente e musulmana. Ma la religione viene manipolata dagli uomini per fare quello che vogliono».
Ora sei agli arresti domiciliari, ti manca la scuola?
«I voti no. Mi mancano i miei compagni e i professori».
Quando ti sei resa conto di aver ucciso tuo padre?
«Quando sono arrivati i carabinieri. Un maresciallo, che era al telefono, ha pronunciato la parola “omicidio”. So di aver colpito mio padre due volte, ma non volevo ucciderlo. Non riesco a spiegare quel momento, ero nel panico. Avevo paura. Anche ciò che ho scritto nella lettera non era la mia intenzione. Ero uno sfogo».
Che cosa ti aspetti ora?
«Quando il giudice mi ha detto che come imputata avrei potuto mentire, mi è sembrato strano. Ho detto la verità: sono stata onesta. In ogni caso sono pronta ad accettare quello che sarà, sono consapevole che devo rispondere delle mie azioni».
Ti sei mai innamorata?
«La mia situazione sentimentale è inesistente. Un po’ per rispetto della mia fede, e se anche avessi voluto sgarrare non avrei mai potuto: mio padre controllava tutto. Me l’avrebbe impedito».
Come si chiama il tuo gatto?
«Patty, è una femmina».
Come va con i tuoi fratelli?
«Mangiamo insieme, c’è un bel rapporto»
Se tu potessi tornare indietro che cosa faresti?
«Non andrei a comprare il coltello».