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 2025  aprile 11 Venerdì calendario

Sfidare il Dragone costa: «Per ogni pacco 75 dollari»

Nelle discussioni su Reddit e sui forum online decine di consumatori americani scrivono messaggi per capire cosa succederà nei prossimi giorni ai prodotti che acquistano su Alibaba, il colosso delle vendite online cinese. Mark sostiene di aver comprato in anticipo prodotti che non gli servivano già agli inizi di marzo, temendo le tariffe di Donald Trump. Edward invece dice di aver contattato alcuni fornitori cinesi che sostengono di avere problemi con le spedizioni delle merci e temono aumenti importanti. Nel primo giorno di guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, i consumatori americani hanno paura, si guardano attorno sapendo che il 145% imposto dal presidente americano sulle importazioni cinesi, e l’84% stabilito da Pechino in risposta, non solo metterà in crisi le economie dei due Paesi ma soprattutto inciderà sui loro budget mensili.
GLI STIPENDI
Mercoledì, poco dopo l’annuncio della pausa di 90 giorni e di dazi del 145% contro la Cina, Cnn ha raccolto diverse testimonianze di elettori di Trump: nessuno era granché preoccupato dal crollo dei mercati, tutti però sostenevano di temere l’aumento dei prezzi. «Compro decine di prodotti cinesi a prezzi molto bassi per poter arrivare alla fine del mese visto che vivo di stipendio in stipendio e non ho risparmi. Adesso cosa faremo?», dice Ricardo che lavora come manovale alla ristrutturazione di un parcheggio nell’Upper East Side, ma vive in New Jersey con la sua famiglia e, ammette, ha votato Trump lo scorso novembre. «Non credo che il mio salario aumenterà, ma i prezzi sono già saliti», dice al Messaggero. Questo perché gli aumenti sono previsti non solo per Alibaba ma anche per Amazon e WalMart, dove oltre il 70% della merce venduta è prodotta in Cina. Proprio Amazon secondo quanto scrive l’agenzia Bloomberg avrebbe cancellato alcuni ordini di prodotti di fornitori cinesi: circa il 40% della merce sulla piattaforma viene venduta direttamente da Amazon che l’acquista da produttori quasi sempre cinesi. Reuters invece ha condotto decine di interviste con i fornitori cinesi di Amazon che hanno già iniziato ad alzare i prezzi. L’altra opzione, dicono, sarebbe quella di lasciare la piattaforma perché con un aumento di più del doppio dei costi doganali è impossibile non ritoccare i costi delle merci. Amazon sta anche cancellando i contratti soprattutto con i piccoli venditori, scegliendo invece di lavorare con aziende più grandi che sono in grado di pagare commissioni di miliardi di dollari e coprire così i costi. Anche Apple sta cercando di prevenire il disastro: per ora avrebbe già spostato 600 tonnellate di iPhone, circa 1,5 milioni di pezzi, dall’India agli Stati Uniti per evitare le tariffe del 10% che sono entrate in vigore su tutti i Paesi. Inoltre starebbe anche aumentando del 20% la produzione in India per evitare le tariffe imposte contro la Cina e un possibile inasprirsi della guerra commerciale. Pechino invece ha fatto sapere che oltre ai dazi dell’84% su tutte le merci americane in entrata, ha sospeso l’acquisto di film di Hollywood, una importante fonte di denaro per l’industria cinematografica americana.
Per quanto riguarda Temu e Shein, due marchi di fast fashion cinesi molto popolari, la situazione è ancora più preoccupante: da anni, grazie a una legge del 1938, i prodotti in entrata con un valore sotto gli 800 dollari – il de minimis – potevano avere un’esenzione e non pagare alcun dazio. Ma proprio ieri la Casa Bianca ha annunciato di voler eliminare questa possibilità a partire dal primo maggio «affinché le tariffe non siano aggirate». E così fino al due giugno i consumatori americani pagheranno 75 dollari a pacco o il 120% di tariffe che poi saliranno a 150 dollari a spedizione. Un errore secondo il think tank conservatore Cato Institute: «Eliminare il de minimis significa aumentare le tasse sui consumatori americani e allungare i tempi di spedizione». Soprattutto se si valuta che oltre la metà dei pacchi in arrivo ogni giorno negli Stati Uniti ai quali è applicato il de minimis sono spediti dalla Cina e più del 30% sono di Temu e Shein.