Avvenire, 11 aprile 2025
I dati per salvare la democrazia dalle "fake news"
La democrazia si fonda sulla conoscenza, sulla capacità dei cittadini di prendere decisioni informate e sulla fiducia nelle istituzioni. Eppure, mai come oggi, questi pilastri sono minacciati. La disinformazione sta erodendo la qualità del dibattito pubblico, alterando la percezione della realtà e minando la legittimità stessa delle scelte politiche. Se la democrazia deve sopravvivere all’era dell’informazione manipolata, deve imparare a governare i dati e non subirne gli effetti distorsivi.
La disinformazione non è solo un fenomeno mediatico, ma un’arma che altera profondamente il funzionamento della democrazia. La sua diffusione capillare, amplificata dai social media, crea un’erosione della fiducia: i cittadini esposti a narrazioni false e manipolate tendono a sviluppare cinismo verso le istituzioni, considerandole inaffidabili o corrotte. Il Democracy Index 2024 dell’Economist Intelligence Unit fotografa questa crisi: meno del 45% della popolazione mondiale vive oggi in un regime democratico, mentre il 39,2% è soggetto a un regime autoritario. Particolarmente allarmante è il declino delle “democrazie complete”, che oggi rappresentano solo il 6,6% della popolazione mondiale, rispetto al 12,5% del 2014. Questo calo evidenzia come la disinformazione, alterando la percezione della realtà politica e minando la fiducia nelle istituzioni, contribuisca direttamente all’erosione dei sistemi democratici.
L’indice evidenzia due aspetti particolarmente vulnerabili alla disinformazione: il processo elettorale e pluralismo e le libertà civili. In contesti in cui la propaganda digitale e la manipolazione informativa sono diffuse, le elezioni rischiano di essere falsate da campagne mirate che screditano candidati o distorcono il dibattito pubblico. Regimi autoritari e ibridi sfruttano questo fenomeno per ridurre il pluralismo, limitare il diritto di voto e restringere la libertà di espressione. Anche in Europa, il deterioramento della qualità democratica è evidente. Paesi come Italia, Francia e Germania hanno registrato un peggioramento nell’indice di democrazia, a causa dell’aumento della disinformazione e della crescente polarizzazione dell’opinione pubblica. La correlazione è chiara: dove le libertà civili e la trasparenza elettorale si indeboliscono, la disinformazione prolifera e la fiducia nella democrazia si sgretola.
Uno dei fattori che rende la disinformazione particolarmente efficace è la scarsa alfabetizzazione digitale. Il Digital Economy and Society Index (Desi) 2024 conferma che l’Italia continua a registrare livelli critici di competenze digitali di base: solo il 45,8% degli italiani possiede competenze digitali minime, rispetto a una media UE del 55,6%. L’assenza di strumenti per analizzare criticamente le informazioni ricevute rende i cittadini più vulnerabili alla manipolazione. In particolare, il Desi regionale mostra un forte divario tra Nord e Sud Italia: nelle regioni meridionali, l’alfabetizzazione digitale è tra le più basse d’Europa, aumentando l’esposizione alla disinformazione e la disaffezione verso la politica. Dove le competenze digitali sono scarse, l’astensionismo cresce e il dibattito pubblico si impoverisce.
L’educazione digitale non è solo una questione tecnica, ma un requisito essenziale per la qualità della democrazia. Se i cittadini non sanno riconoscere fonti affidabili, distinguere tra notizie vere e false e comprendere il funzionamento degli algoritmi, il rischio è che la loro visione del mondo venga modellata da chi diffonde informazioni distorte per interessi politici o economici.
Per contrastare questo fenomeno, è necessario un grande piano di alfabetizzazione digitale, che coinvolga scuole, università e istituzioni, garantendo che i cittadini abbiano strumenti per orientarsi nel panorama informativo. La democrazia non può funzionare senza cittadini consapevoli.
Di fronte alla sfida della disinformazione, una proposta innovativa è quella di una Democrazia Data-Driven, un modello in cui le decisioni pubbliche siano supportate da conoscenze oggettive, basate sull’analisi rigorosa dei dati.
Questo approccio non sostituisce la politica con la tecnocrazia, ma rafforza la qualità della deliberazione democratica, integrando dati e analisi scientifiche nel processo decisionale. Un ecosistema informativo trasparente, alimentato da dati aperti e verificabili, può ridurre l’impatto della disinformazione e aumentare la fiducia nelle istituzioni. Per realizzare una Democrazia Data-Driven, servono strumenti concreti: open data e database pubblici accessibili per garantire trasparenza e verifica delle informazioni; modelli di analisi predittiva, per individuare e contrastare la diffusione delle fake news; dashboard di monitoraggio delle politiche pubbliche, per consentire ai cittadini di valutare l’efficacia delle scelte politiche basandosi su dati oggettivi; piattaforme di deliberazione partecipativa, per coinvolgere attivamente i cittadini nel processo decisionale.
L’obiettivo è chiaro: rendere la democrazia più informata, più inclusiva e più resistente alle manipolazioni.
La battaglia contro la disinformazione non è solo una sfida tecnologica, ma una questione politica e culturale. La democrazia deve imparare a governare i dati, senza essere governata da essi. Se il potere dell’informazione rimane nelle mani di pochi attori, il rischio è che il processo democratico venga manipolato e distorto.
Per questo, è fondamentale investire in: alfabetizzazione digitale diffusa, per rendere i cittadini meno vulnerabili alla disinformazione; politiche di trasparenza basate sui dati, per rafforzare la fiducia nelle istituzioni; strumenti di analisi avanzata, per monitorare e contrastare la manipolazione dell’informazione.
Se vogliamo difendere la democrazia nell’era della disinformazione, dobbiamo rendere la conoscenza oggettiva il suo fondamento. Una Democrazia Data-Driven non è solo un’innovazione, ma una necessità per garantire che le decisioni pubbliche siano prese su basi solide e non su narrazioni costruite ad arte. Solo così potremo costruire un futuro in cui la democrazia sia più trasparente, più consapevole e più resiliente alle sfide del nostro tempo.