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 2025  aprile 11 Venerdì calendario

Il dominio nei robot umanoidi L’altra sfida tra Cina e Stati Uniti

Si muovono a tempo, fanno volteggiare in aria i fazzoletti rossi, ballano (a dire il vero un po’ goffamente). Nulla di strano se non che a danzare sul palcoscenico, assieme ai ballerini dello Xinjiang Art Institute, sono 16 robot umanoidi, prodotti dalla società cinese Unitree. Vestiti con giacche imbottite floreali, i robot Unitree H1 si sono esibiti insieme agli “umani” nella danza popolare Yangge, durante il Gala della Festa di Primavera dell’Anno del Serpente, inaugurando così i festeggiamenti per il Capodanno lunare e l’inizio dell’Anno del Serpente. Per il Global Times, voce ufficiale del Partito comunista cinese, la performance «ha unito il patrimonio culturale tradizionale con la tecnologia all’avanguardia». Scatenando, sempre secondo i media del gigante asiatico, un’ondata di entusiasmo e di orgoglio patriottico. «Mentre il robot Optimus di Elon Musk cammina come una persona dopo un intervento chirurgico all’anca, i nostri robot umanoidi hanno fatto un figurone», ha scritto un elettrizzato utente su X. Potremmo doverci abituare presto alla presenza e alle movenze dei robot umanoidi. Una cosa, infatti, sembra certa: siamo agli albori di una nuova rivoluzione tecnologica, destinata ad avere effetti dirompenti sull’organizzazione del lavoro e sugli equilibri geopolitici prima di tutto ma anche sui nostri sistemi percettivi e sul nostro immaginario. Perché la corsa per l’utilizzo dei robot umanoidi – automi a forma di esseri umani, con testa, busto, braccia e gambe – è già iniziata. E a correre, in una sfida che si preannuncia decisiva per il futuro dell’egemonia mondiale, sono – neanche a dirlo – Stati Uniti e Cina. Soltanto i due giganti hanno al momento le (immense) risorse, le competenze scientifiche e gli apparati produttivi e tecnologici per giocare la partita e spartirsi una torta che, secondo Goldman Sachs, varrà 38 miliardi di dollari entro il 2035. Per Citibank, da qui al 2050, il mondo ospiterà ben 648 milioni di esemplari. Come ha scritto la rivista Foreign Policy, «la competizione per la leadership nel campo dei robot umanoidi potrebbe essere la gara tecnologica più importante dei prossimi decenni».
D a una parte c’è Optimus, il robot umanoide progettato da Tesla, la creatura proteiforme di Elon Musk. A detta del suo fondatore, la robotica avrà un valore sempre più strategico per il colosso Usa: il peso a lungo termine dei robot umanoidi di Tesla «supererà quello di tutto il resto di Tesla messo insieme», rendendola «un’azienda da 25 trilioni di dollari». Optimus ha già una storia alle spalle. Il primo prototipo è stato svelato all’AI Day del 2022 dell’azienda. La versione “aggiornata” Optimus Gen 2 ha fatto la sua apparizione nel dicembre del 2023. La scommessa, per l’azienda a stelle e strisce, è abbassare i prezzi di produzione e commercializzazione, un passaggio obbligato per l’utilizzo dei robot su larga scala, aprendo quella che lo stesso Musk ha chiamato «l’era dell’abbondanza». Sull’altro fronte si muovono i colossi cinesi, da Unitree Robotics a UBTech, da Robotera a Fourier Intelligence per passare al produttore di veicoli elettrici XPeng. Particolarmente attiva è Agibot, una startup con sede a Shanghai, che punta a produrre fino a 5.000 robot già quest’anno, in linea con i piani del “rivale” Musk. Il gigante asiatico vuole sfruttare il vantaggio guadagnato nel settore dell’automazione.
Secondo il National Bureau of Statistics (NBS), «i robot di servizio cinesi hanno superato i robot industriali sia in termini di crescita che di produzione nei primi due mesi del 2025. La produzione di robot di servizio è aumentata del 35,7% a quasi 1,5 milioni di unità, mentre la produzione di robot industriali è cresciuta del 27% a 91.088 unità».
Come accade in altri settori, il gigante asiatico muove sia la parte statale che quella privata. In un documento del 2023, il ministero dell’Industria e dell’informatica cinese ha identificato l’industria della robotica umanoide come «la nuova frontiera nella competizione tecnologica», stabilendo l’obiettivo di assicurare catene di fornitura sicure per i componenti principali. Sulla corsa pesano una serie di incognite. E di interrogativi. Quale sarà l’arco di tempo necessario per un utilizzo intensivo dei robot? Che tipo di evoluzione avranno queste macchine che hanno preso a modello il loro stesso artefice, l’uomo? In quali campi saranno utilizzati? Una cosa è certa: i progressi sono vertiginosi. «Le generazioni precedenti di robot traevano ispirazione da creature più semplici come insetti o cani, mentre gli attuali progressi dell’intelligenza artificiale in ambiti come il linguaggio e la pianificazione rendono la forma umana un “bersaglio” ideale», si legge ancora su Foreign Policy.
«Al momento – spiega ad Avvenire Yue Hu, professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Meccatronica dell’Università di Waterloo in Canada -, i robot umanoidi sono ancora molto costosi e richiedono alta manutenzione – ma i robot di alcune compagnie cinesi come ad esempio Unitree, costano molto meno rispetto a quelli americani -, e le capacità non sono ancora a livelli effettivamente utilizzabili. Ci vorranno ancora 10-20 anni prima che possano essere effettivamente utilizzabili». Ma se questo è l’orizzonte temporale, quale sarà il loro utilizzo? «Se la tecnologia – spiega ancora Yue Hu – dovesse essere sufficientemente matura e si riuscisse effettivamente a introdurre umanoidi in diversi settori, potrebbe effettivamente “rivoluzionare” alcune industrie. Gli umanoidi non devono per forza essere “sostituti”, ma potrebbero essere un supporto per aumentare produzioni, svolgere compiti in condizioni di pericolo, e compiti dove c’è insufficienza del personale (ad esempio personale sanitario). Dipende da come si vuole utilizzare questa tecnologia: alcuni potrebbero avere effetti positivi, altri potrebbero temere una sostituzione su larga scala della forza lavoro, che potrebbe verificarsi se l’introduzione dei robot umanoidi non avvenisse in modo responsabile, per valorizzare e supportare la società e non solo con lo scopo di aumentare profitti». Restano, infine, una serie di problemi che potremmo definire antropologici. Gli umanoidi potrebbero risvegliare paure, diffidenze e inquietudini, le stesse trascritte, ad esempio, dalla fantascienza. «Gli studi sulle interazioni tra umani e robot – continua l’esperta – hanno dimostrato che la percezione dei robot da parte degli utenti umani varia a seconda di diversi fattori. La percezione può dipendere dall’aspetto fisico del robot, dal contesto e modalità di utilizzo, e anche dal bagaglio culturale delle persone con cui il robot interagisce. Ad esempio, un umanoide con forme tonde e aspetto amichevole (ad esempio Pepper di Aldebaran) utilizzato in un contesto dove l’obiettivo è aiutare anziani potrebbe essere percepito in modo positivo. Invece un robot dall’aspetto più meccanico (ad esempio Atlas di Boston Dynamics oppure H1 di Unitree), utilizzato in un contesto nel quale l’obiettivo è la sorveglianza, potrebbe essere percepito negativamente e causare timore o ansia. I robot sembrano essere percepiti più positivamente da cittadini di Paesi come il Giappone e la Cina, rispetto all’Europa e al Nord America, dove le persone rimangono molto più scettiche nei loro confronti al di fuori del contesto industriale».