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 2025  aprile 11 Venerdì calendario

Il Giubileo si moltiplica. Ed è caccia al paravento “pontificio”

Non soltanto il Giubileo. Il 2025 si dilata in Giappone. «In prima battuta per i cattolici, ma non solo per loro», spiega l’ambasciatore presso la Santa Sede, Akira Chiba. Al centro c’è sicuramente l’Anno Santo che viene vissuto anche nelle chiese del Sol Levante. Ma in questi mesi si sommano le ricorrenze che animano la comunità ecclesiale del Giappone e che intendono avere un riverbero anche sociale. Anzitutto, il Paese asiatico ricorda la prima udienza papale a un cattolico giapponese: succedeva 470 anni fa, quando Paolo IV incontrava in Vaticano Bernardo di Satsuma. Poi cade il 440° anniversario della prima delegazione nipponica in visita da un Papa: l’ambasceria Tensho ricevuta da Gregorio XIII. Inoltre si ricorda il 410° dell’udienza papale alla seconda ambasceria giapponese: quella Keicho di fronte a Paolo V.
«La prima ambasceria era composta da quattro giovani che donarono al Pontefice un paravento», riferisce il diplomatico. E dopo quattro secoli il Giappone è in cerca di quell’omaggio. Una sorta di caccia al tesoro fra le mura leonine dietro cui si nasconde un sogno “proibito” nazionale: poter rivedere il castello perduto. «Infatti sul paravento – racconta Chiba – era rappresentata la fortezza del samurai più potente del tempo. Una costruzione che ha segnato la storia dell’architettura del Paese e che è andata distrutta in un incendio. Il nostro popolo desidererebbe sapere quale fosse il reale aspetto del castello di cui la sola raffigurazione è appunto quella consegnata al Papa». Per il Giappone è il “Paravento con la mappa del monte Azuchi” dove si trovava l’omonimo castello fatto costruire nel 1575 dal signore feudale Oda Nobunaga. «Nel dipinto compariva anche il primo Seminario cattolico», aggiunge l’ambasciatore. L’opera era stata esposta nella Galleria delle carte geografiche all’interno del Palazzo Apostolico. «Però le ultime informazioni risalgono alla fine del 1500. Poi se ne sono perse le tracce – chiarisce Chiba –. Vorremmo fare il possibile per riuscire a ritrovare il paravento. Nessuno nella Santa Sede sa dove sia».

La prima ambasceria giapponese era giunta a Roma grazie alla protezione del Portogallo, il Paese che aveva condotto in Asia a metà del Cinquecento san Francesco Saverio, il gesuita oggi patrono delle missioni e “padre” dell’evangelizzazione del Giappone; la seconda aveva ricevuto il supporto della Spagna. «Nel nostro Paese – afferma il diplomatico – venne fraintesa l’attività dei missionari che fu interpretata come preludio di una colonizzazione. Così il cristianesimo venne vietato. E coloro che continuavano a professarlo furono arrestati o giustiziati. Per 250 anni si pensò che la fede arrivata dall’Occidente fosse scomparsa». A custodirla, invece, la gente umile che è stata protagonista dell’epoca della clandestinità del Vangelo. Fino al 17 marzo 1865 quando, con la costruzione della chiesa di Oura, seppure ancora fossero vigenti le leggi proibizioniste, tornarono alla luce i “cristiani nascosti” di Nagasaki che a centinaia si riversarono intorno all’edificio, attratti dalla croce sul tetto. Un evento entrato anche nel calendario liturgico del Paese. «E in questo Anno Santo facciamo memoria del 160° anniversario di tale avvenimento, ossia della scoperta dei cristiani del Giappone – conclude Chiba –. Ecco perché il 2025 è davvero speciale sotto molti punti di vista».