Avvenire, 11 aprile 2025
Mercenari o militari stranieri “in congedo”: la galassia dei 35mila combattenti invisibili
Interroga ancora la presenza di combattenti cinesi nel Donbass in guerra, dopo la cattura di due cittadini del Celeste Impero ad opera dei regolari ucraini. È tuttavia dal 2022, se non dal 2014, che la guerra in Ucraina assomiglia a un Giano bifronte, camaleontico e tragicamente cosmopolita, con un volto a tratti antico, semifeudale e anarchizzante, tipico dei soldati di ventura, e un altro ipermoderno, nutrito da satelliti, algoritmi, fibre ottiche, robotica e avionica di ultima generazione. Secondo stime attendibili, non meno di 35mila operatori di compagnie private, militari e di sicurezza, hanno partecipato a oltre tre anni di combattimenti in Ucraina.
I due belligeranti hanno spesso affiancato contractor a formazioni militari regolari, affatto preponderanti. È avvenuto a Kiev, Mariupol e Bakhmut: osservano gli esperti del Militaire Spectator che l’ex Wagner si distinse nel 2023 come una delle poche forze “russe” capaci di conseguire guadagni al fronte; eppure non fu l’unica a combattere. In precedenza, a Vuhledar erano stati già segnalati uomini della Patriot, pagati a peso d’oro, quasi fossero i mercenari aviatori della guerra d’Indocina. Altrove nel Donbass ha operato la task force Rusich. Paradossalmente, quello ucraino è un conflitto convenzionale, interstatuale e industriale, fra eserciti regolari, in parte di massa, ma anche una guerra per procura, meta-regionale, tendenzialmente globale, combattuta in quell’Eurasia che all’epoca bipolare sarebbe stata semi-intangibile e che ricorda sbiaditamente le periferie marginali del mondo, rimandando all’era postcoloniale o ai conflitti esplosi al crollo del socialismo reale, fucina di battaglie per mercenari, volontari e contractor, profittevoli per società militari private fattesi nel tempo dispensatrici di servizi di sicurezza integrati. Tutto torna nella logica delle guerre di nuova generazione, della dottrina Gerasimov, del lascito della Wagner e dell’atomizzazione del controllo monopo-listico della forza armata: un’irregolarità ibrida che ha coinvolto anche l’Ucraina, ricorsa, fin dal 2022, al sussidio della Legione internazionale, pilotata dall’intelligence, inquadrata nelle Unità di difesa territoriale, ma coacervo di 20mila militi alloctoni nel giro di poche settimane dall’appello, frettolosamente bollati dal Cremlino come mercenari. A mediare tra domanda e offerta sono state le ambasciate ma anche piattaforme private di reclutamento. Dovunque ti volti è difficile non scorgere parvenze di «mastini della guerra» di shakespiriana memoria. Cittadini di molte patrie hanno servito in Ucraina, chi animato da soli ideali, chi mosso dal desiderio di riscatto sociale, chi per mero guadagno e chi per il fascino adrenalinico delle armi. Molti i ruoli ricoperti: consiglieri e istruttori sono stati ad esempio i contractor dell’effimero gruppo Mozart, studiato fra gli altri dall’esperto Pietro Orizio nelle pagine di Analisidifesa; altri stranieri hanno svolto mansioni nella logistica, altri ancora sono stati impiegati come carne da cannone. Le paghe sembrano esser state buone, specie per gli ex (?) appartenenti a forze armate, ex soldati regolari pronti a proiettarsi nell’inferno ucraino per cifre quotidiane da capogiro, bonus esclusi. In tre anni e passa di guerra, anche il Cremlino è ricorso a tutti gli espedienti per ripianare perdite militari difficilmente sostenibili senza una mobilitazione generale, sgradita ai più dei russi. Ed ha spesso reclutato lavoratori stranieri, invogliati ad arruolarsi nell’Armata rossa con paghe superiori a 2.000 dollari al mese e prospettive di cittadinanza russa al termine del servigio. Sono stati cooptati indiani, nepalesi e altri, in un cortocircuito fra coesistenza campale e posizioni dei governi ufficiali. Perfino un riluttante Joe Biden, ex presidente statunitense, ha infine autorizzato i contractor del suo paese a operare in Ucraina, limitandone il mandato a funzioni logistiche, a conferma di una certa privatizzazione della guerra, di un deficit di personale e di misure invero prudenziali, in scenari in cui il discrimine fra ex-soldati volontari, mercenari e agenti di uno stato terzo è molto labile, foriero di rischi plurimi.
Li Janwei, ex militare dell’esercito popolare di liberazione convertitosi al mercenariato filo- Cremlino, non ha dubbi nel commentare la letalità della guerra d’Ucraina: dal momento dell’ingresso in battaglia dei combattenti di prima schiera «il destino è segnato in poche ore».