lastampa.it, 10 aprile 2025
Scoppia la polemica, il M5S chiede che l’ambasciatore russo Paramonov parli in Senato
Il Movimento 5 stelle ha chiesto di ascoltare in Senato l’ambasciatore russo Alexey Paramonov. Gli uomini di Giuseppe Conte in particolare si sarebbero spesi affinché anche ai russi fosse data la possibilità di spiegare, alle commissioni Esteri e Affari europei del Senato, il loro punto di vista sul tema delle ingerenze straniere nei processi democratici. La cosa sta suscitando aspre polemiche politiche. Una parte del Pd attacca la scelta, sottolineando che l’Italia ha tagliato praticamente a zero le relazioni diplomatiche con Mosca, considerando la Russia responsabile di un’aggressione criminale all’Ucraina. E la sfilata di Paramonov in Senato rischia di essere un’operazione propagandistica concessa a Putin.
La Stampa ha raccontato per anni le compromissioni politiche dei grillini con il partito di Putin, “Russia Unita”, col quale furono lì lì per firmare lo stesso accordo politico di cooperazione firmato da Matteo Salvini (i 5S si tirarono indietro solo dopo che la storia era stata raccontata su La Stampa, con tanto di foto dei loro incontri con gli emissari di Putin come Sergey Zeleznyak, e altri).
L’ambasciatore Paramonov è lo stesso che arrivò a minacciare Lorenzo Guerini, allora ministro della Difesa, ricordandogli la «assistenza significativa» dalla Russia durante la pandemia di Covid-19 (in realtà una psy ops di Mosca consentita da Giuseppe Conte con sfilata di camion russi e bandiere russe in un paese Nato): anche su «richiesta inviata dal ministro della Difesa – disse Paramonov – Lorenzo Guerini, che ora è uno dei principali “falchi” e ispiratori della campagna anti-russa nel governo italiano». E dunque Paramonov attaccò Guerini minacciando «ci saranno conseguenze se verranno inasprite le sanzioni contro la Russia». Minaccia che non ha avuto alcun seguito, ma ecco, questo è il diplomatico che il Senato secondo i 5 stelle dovrebbe audire.
Sarebbe impossibile qui ripercorrere anni di interferenze russe in Italia, e di contatti politici discutibili specialmente con i due partiti populisti, M5S prima e Lega poi (in questo ordine temporale), o i rapporti del premier Conte che ospitò Putin e diversi suoi oligarchi in una celebre cena evento a Villa Madama, nella quale pezzi del sistema economico dell’Italia e della Russia si trovarono a braccetto. Il senatore 5S che ha richiesta l’audizione, Pietro Lorefice, segretario di presidenza del Senato e capogruppo M5S nella Commissione per gli affari europei del Senato, dice di averlo fatto anche con molti altri ambasciatori stranieri a Roma – quello Usa, Cina, Israele, Iran – e che la richiesta di invitare il russo non abbia incontrato resistenza negli uffici di presidenza delle commissioni: «Ho richiesto l’audizione degli Ambasciatori di Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Iran, India, Cina, Russia e Arabia Saudita, nonché di Elon Musk. Tutti i soggetti da me indicati, a vario titolo, sono potenzialmente in possesso di informazioni che potrebbero avere un impatto reale e concreto sul Paese. Ritengo quindi doveroso che il Parlamento acquisisca ulteriori elementi di conoscenza utili a contrastare influenze esterne». Mancano tra gli invitati gli ambasciatori, per dire di Ucraina, o Moldavia, o uno qualunque dei paesi baltici e delle repubbliche dello spazio post-sovietico.
Non è bastato a risolvere un malcontento assai trasversale. La parte riformista del Pd sta sollevando il caso. Il senatore Filippo Sensi per esempio scrive su twitter: «Penso che chi rappresenta la Russia di Putin possa essere ascoltato da un tribunale internazionale, non certo dal Senato della Repubblica. E a chi vuole ascoltare le parole dell’ambasciatore ne rivolgo due, chiare: slava ukraini». O Lia Quartapelle: «C’è chi chiede all’oste se il vino è buono. E poi c’è il M5S. Che non è fatto di sprovveduti. Una richiesta che va presa per quello che è: un modo per legittimare chi vuole distorcere la nostra democrazia. È una richiesta che dice molto della “cultura democratica” di chi la fa». “Il M5s e il suo leader Giuseppe Conte, con l’invito all’ambasciatore russo Paramonov in Senato, dimostrano con chiarezza la loro strategia politica: riabilitare l’aggressore e offendere ancora una volta gli aggrediti, dispensandoci lezioni di morale, quando invece tanta retorica serve solo a nascondere un’impronta pericolosa della loro azione politica». La vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, sottolinea come sia «surreale la motivazione dell’invito, ovvero farsi dire in Commissione che la Russia è nostra amica e non interferisce nella nostra politica e nella nostra informazione. A questo punto mi aspetto, a stretto giro, un viaggio di Conte a Mosca per farsi spiegare da Putin che è la Nato a provocare ai suoi confini».
Silenzio per ora dalla leadership del partito, diviso da una contesa interna tra chi lo vorrebbe europeista e a difesa degli aggrediti ucraini, e chi lo vorrebbe equi-vicino a tutti i pacifisti del mondo, anche col rischio di ascoltare il punto di vista della nazione di Putin, come lamenta per esempio Carlo Calenda: «È davvero curioso che il M5s abbia chiesto di audire in commissione al Senato sulle interferenze straniere l’ambasciatore russo, cioè il rappresentante del governo che fa le interferenze straniere. Si cominciano a comprendere tante cose, in particolare come dietro la parola pace si nasconda una fortissima vicinanza alle ragioni di Putin». Storie così, sostiene Calenda, «dovrebbero essere per tutti i democratici una ragione dirimente per stare molto lontani dal M5S».