La Stampa, 10 aprile 2025
Giovanni Minerba: "Il mio Lovers nato 40 anni fa Una sfida agli stereotipi Lgbt"
«Gli omosessuali erano dipinti come macchiette, noi ci ribellammo a quella visione». Racconta così, il fondatore Gianni Minerba, l’innesco di “Da Sodoma a Hollywood” che sarebbe diventata “Lovers Film Festival” (al via oggi fino al 17 aprile).
Come nacque il festival, di cui oggi è presidente di giuria?
«Quando l’omosessualità finiva sul grande schermo, le storie erano zeppe di stereotipi e pregiudizi. Ogni volta io e il mio compagno Ottavio Mai uscivamo dalla sala indignati. Allora gli dissi: “Giralo tu un film”. Comprammo una telecamera e cominciammo a girare “Dalla vita di Piero"».
Era il 1981, la sceneggiatura era quasi autobiografica.
«Io ero sposato e, quando presi coscienza della mia omosessualità, mi separai. Il protagonista non si sposa dopo aver scoperto l’amore per un ragazzo. Venne proiettato al Cinema Giovani e altri festival».
Come si arrivò alla prima edizione del vostro festival?
«Girando l’Europa vedemmo molti film a tematica Lgbt che ci piacevano. L’idea di una rassegna a Torino fu naturale».
Quali furono le difficoltà?
«La nostra proposta rimase ferma due anni sui tavoli del Comune, a cui avevamo chiesto un contributo. Poi arrivò Marziano Marzano, assessore alla cultura e sostenne il progetto. I film non avevano il visto di censura e per “dribblare” la Siae facevamo tesserare gli spettatori alla nostra associazione. Ma molti temevano di essere etichettati e andavano via».
Come andarono i primi anni?
"Siamo partiti in sordina, era più una rassegna tra amici. Nel 1986 c’erano solo 12 film, il primo premio lo abbiamo consegnato alla terza edizione: lo ricevette Gus Van Sant».
Che città era, la Torino di quegli anni, per la comunità Lgbt+?
«Qui era nato il Fuori! e c’erano state le prime manifestazioni per i diritti omosessuali. Non c’erano particolari discriminazioni. Solo una volta Ottavio ricevette una bottigliata in testa dopo aver rimproverato un ragazzino che stava orinando nel nostro androne di casa».
Quali furono, negli anni, i rapporti del Lovers Film Festival con la politica?
«La Dc, parte della giunta di centro-sinistra che ci sostenne, sollevò una polemica tremenda. Ricordo poi un consigliere regionale di An che ogni anno pubblicava lo stesso comunicato stampa per opporsi. Poi la Lega tolse il patrocinio al Festival. Ma abbiamo avuto esperienze molto positive, come con l’allora assessore regionale Giampiero Leo».
C’è un film che in questi quarant’anni le è rimasto impresso?
«"Buddies” di Arthur J. Bressan, il primo che portò al cinema il tema dell’Aids».
Eravate già a conoscenza della sieropositività di Ottavio?
«Sì. Vedevamo le stesse discriminazioni che i gay vivevano negli ospedali italiani».
Nel 2027 Torino ospiterà l’Europride. Cosa può portare?
«Voglio sperare che diventi una pietra miliare, come la nascita dal Fuori! per il movimento Lgbt+. Deve marcare un prima e un dopo e mandare un segnale forte alla politica».