Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 10 Giovedì calendario

Bitcoin, token e “plusvalenze” La nuova frontiera delle mafie

«Ormai, nel portafoglio delle mafie nostrane c’è di tutto: partecipazioni societarie, bonifici estero su estero, acquisizioni di società. Ma anche valuta di tipo virtuale, che può far parte del patrimonio economico di qualche soggetto sospettato...». Marco Martino, dirigente superiore della Polizia di Stato, da una vita segue le tracce della criminalità organizzata, in un percorso iniziato a Torino, fra commissariati e squadra mobile, e poi culminato nel Servizio centrale operativo, l’elite degli investigatori della Ps. Trent’anni fa, Martino indagava sulle mafie 1.0, quelle del “mattone”, che investivano in immobili e proprietà i guadagni dei sequestri di persona e del narcotraffico. Ora, insieme ai suoi uomini del Servizio centrale anticrimine e a quelli delle divisioni di tutta Italia, segue le piste sotterranee delle camaleontiche organizzazioni “4.0” e anche “5.0”, che spostano via web montagne di capitali accuratamente mimetizzate: «Di recente – racconta ad Avvenire – la Divisione Anticrimine di Roma, a seguito di un’indagine, ha sequestrato il patrimonio di un indagato. Ebbene, una discreta parte di quella ricchezza era stata “convertita” nei cosiddetti Nft, i “non fungible token”, ossia gettoni digitali, nella speranza di non consentirne l’individuazione. Si tratta di una nuova frontiera, sulla quale stiamo già lavorando», in collaborazione con gli esperti della Guardia di Finanza. Oggi anche lui sarà alle celebrazioni del 173esimo anniversario dalla Fondazione della Polizia di Stato, nel villaggio della legalità allestito in Piazza del Popolo, a Roma. Ma al momento è nel suo ufficio, davanti al computer, perché «qui non si molla mai» e soprattutto perché «money never sleeps, il denaro non dorme mai. Non solo quello delle Borse, pure quello delle mafie. Vedremo se, con le politiche dei dazi sulle merci, qualcosa cambierà anche per loro».
Settecento milioni di euro sequestrati al crimine
Nel 2024, il Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine ha coordinato, insieme alle squadre mobili di tutta Italia, ben 111 operazioni antimafia, con «1.542 arresti» e con «la cattura di 35 latitanti, di cui 15 appartenenti a organizzazioni criminali italiane, 9 a organizzazioni criminali straniere e 11 ricercati per gravi delitti». Sul totale delle operazioni, «14 hanno riguardato la ’ndrangheta, anche nelle sue proiezioni internazionali; altre 21 cosa nostra; 44 la camorra; 26 le mafie pugliesi; e 6 gruppi mafiosi di altra natura». Holding criminali, non certo di piccolo cabotaggio, se si considera che, nelle attività di polizia giudiziaria coordinate dallo Sco, «sono stati sequestrati beni alla criminalità organizzata e comune per un valore complessivo di 714 milioni di euro».
Narcotraffico e tratta di persone
Una caterva di picciuli, insomma, accumulata in gran parte col traffico di cocaina e di altre droghe, che resta la prima fonte di incasso per i gruppi criminali: «Nel 2024 la Polizia ha eseguito 2.121 provvedimenti restrittivi e sequestrato 4.406 kg di stupefacente, suddivisi in 1.290 kg di cocaina, 20 kg di eroina, 3.095 kg di cannabinoidi, 1,4 kg di droghe sintetiche». E ci sono altri gruppi criminali, a volte stranieri, che incassano milioni dal traffico di esseri umani: in un anno, i poliziotti hanno arrestato 240 fra trafficanti, scafisti e favoreggiatori.
Il cinismo dei colletti bianchi e le “plusvalenze” dei Token
Tuttavia, ai business criminali “tradizionali” iniziano ad affiancarsi ardite operazioni speculative, sia con le criptovalute che coi token: «Ci è capitato di appurare come a un tipo di Nft sia stato dato, da un certo gruppo criminale, un valore esagerato», confida Martino. Una specie di plusvalenza, per usare un termine in voga nel calcio? «Esattamente, io vendo a te un Nft che inizialmente vale solo 20 euro. Ma, con diversi passaggi e di mano in mano, lo facciamo valere fino a un milione di euro. A quel punto, lo rivendiamo a terzi inconsapevoli. E così l’ultimo passaggio tra terzi diventa un passaggio legittimo, con la cessione di un milione di euro che- essendo trasferito in Nft – non è certo un bonifico, che lascia tracce presso gli operatori bancari». Il tutto, ovviamente, viene sancito attraverso comunicazioni con cellulari satellitari hi-tech, su chat criptate usate anche da insospettabili manager e colletti bianchi: «In parallelo ai broker della cocaina, esistono broker finanziari – conclude Martino -, soggetti di discutibile caratura morale, consapevoli della provenienza delittuosa del denaro. Contattano, smistano, creano società ad hoc usando delle “teste di legno”. Senza la loro mancanza di scrupoli sarebbe più complicato, per le mafie, lavare i capitali sporchi».