Corriere della Sera, 9 aprile 2025
Gascón: «La mia verità»
Karla Sofía Gascón era a un metro dalla scritta Hollywood, sulla collina che sovrasta Los Angeles, quando il mondo le è caduto addosso. A Roma per registrare una puntata di Paradise, il programma di Pascal Vicedomini in onda venerdì a mezzanotte su Rai2, ci racconta la sua verità sulla notte degli Oscar, dove lei con Emilia Pérez era favorita, sarebbe stata la prima attrice transgender a vincere la statuetta.
Karla, cosa ricorda di quei giorni a Hollywood?
«Mi sono sentita abbandonata. Ho pensato di cambiare mestiere e di smettere col cinema. Volevo fare una passeggiata per allentare la tensione ma non mi fu possibile».
Venne fuori che in passato aveva offeso musulmani e cinesi, deriso George Floyd, ucciso dalla polizia, lo definì un drogato truffatore.
«Nunca, mai detto quelle cose. Sono stata vittima dell’odio per ciò che io rappresento. Sui social avevano rubato il mio nome. Sono stata zitta per tanto tempo, perché non sarei stata creduta, qualunque cosa avessi detto l’avrebbero strumentalizzata. Perfino qualche amico è venuto da me e mi ha detto, dai, Karla, a me puoi dirlo, confessa... Ero disarmata».
Chi è stato, allora?
«Se vuole un nome non ce l’ho, è l’epoca dei fake, possono essere stati politici, fanatici. È un problema sociale, molta gente pensa che una donna biologica non debba competere con me. Qualcuno può provare che abbia pronunciato quelle parole, quegli insulti? Posso avere imprecato, detto vaff... e per quello mi scuso. Ma non sono certo razzista. Mai detto cose cattive».
Non si rimprovera nulla?
«Di cose mai dette? Sono caduta in una trappola. Mi hanno messa in mezzo attribuendomi tutto quello che odiavo. Dobbiamo imparare dalla diversità, a tanti piace sentirsi dire come vivere, seguire l’onda è più facile».
Ma anche Audiard, il regista, non voleva parlarle, ha detto che è autodistruttiva.
«L’ho letto sui giornali. A me, in una conversazione privata, ha detto altre cose».
Il cinema come ha reagito? Lei ha fatto un selfie dove era sola, nel teatro della cerimonia. Era il suo dazio.
«In tanti quella sera mi hanno sostenuta. Comunque il mondo del cinema è un riflesso della società. E la società è ipocrita. Potevano attaccarmi quando ho vinto a Cannes, invece hanno aspettato il picco della popolarità. Voglio pensare che i membri dell’Academy siano onesti».
Il Sogno americano è finito, nell’America di Trump?
«Io spero di no, spero che la parola “libertà” abbia peso».
Ha ricevuto minacce?
«Le ricevo da quando, nel 2018, ho compiuto la transizione. Guardi questo messaggio, mi è appena arrivato: devi morire come un cane, eri un uomo. C’è chi mi vede come la strega del medioevo sul rogo. Qui vicino c’è il Colosseo, sento la gente sugli spalti che beve il sangue e applaude».
È cambiata la sua vita?
«Tanto. Avevo un’agenda piena di progetti, ne ho ancora ma è come se guidassi l’auto in prima, è tutto rallentato. A Cannes le dissi che sognavo un ruolo da fornaia o pescivendola, un po’ scherzavo, ma c’è l’idea di un ruolo normale, non da transgender».
Lei ha detto di essere innamorata. Perdoni, di un uomo o di una donna?
«Ma vivo felicemente con mia moglie, Maria Luisa, stiamo insieme da quando io avevo 19 anni e lei 18. Abbiamo una figlia adolescente, Vittoria, splendida, che non ha conosciuto il bullismo a scuola. Sono due persone aperte, generose, durante il Covid abbiamo lasciato il Messico e siamo tornate in Spagna».
Come reagirono quando si operò?
«Mia moglie all’inizio si arrabbiò di brutto, poi mise tutto sulla bilancia, si re-innamorò di me come persona, non fisicamente. Ci si deve innamorare di chi siamo veramente, è la mia speranza per chiunque. Vittoria fu al mio fianco dall’inizio. Il problema dei figli sono gli adulti».
E i suoi genitori?
«Papà lavorava come rilegatore, mamma casalinga. Erano preoccupati di quello che pensavano gli altri. Io a 4 anni già sapevo dentro di me di essere femmina. Giocavo a calcio e non mi piacevano le bambole, ma questo non vuol dire nulla».
Quando era ancora Carlos, lavorò in Italia.
«Negli Anni 90, per due programmi tv, Gommapiuma su Canale 5 e Solletico alla Rai. Smisi perché volevo fare cinema. Adoravo i film con Bud Spencer e Terence Hill, che un giorno vorrei conoscere».
Ricevo minacce dopo aver fatto la transizione. Ecco un messaggio: devi morire come un cane, eri un uomo
Come si sente ora?
«Sono una combattente. Mi sta tornando la voglia di combattere. Sapete il fim che amo di più? La vita è bella».