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 2025  aprile 09 Mercoledì calendario

Intervista a Vanessa Incontrada

Camilla è una ragazza solare, in apparenza felice e molto normale: va discretamente a scuola, ha una rubrica di cucina sui social, un fidanzatino «ufficiale», due genitori comprensivi e affettuosi. Con loro le solite chiacchiere: «Esco». «Dove vai? Con chi? Non fare tardi che domani hai il compito in classe...». Questo, però, solo in apparenza. Perché Camilla quella sera a casa non torna: né tardi né tardissimo. Sparita. I genitori vivono tutta la gamma dei sentimenti del caso: arrabbiati, preoccupati, spaventati. La città – Livorno – è piccola: tutti conoscono tutti. Interpellano amici, conoscenti, compagni di scuola. Poi la ricerca diventa ufficiale: il papà, per giunta, è poliziotto. Parte così la fiction Tutto quello che ho, da oggi su Canale 5, diretta da Monica Vullo e Riccardo Mosca. Vanessa Incontrada e Marco Bonini sono i genitori sconvolti dalla sparizione e dalla scoperta che della figlia non sapevano tante cose. Reduce dalla tournée teatrale della commedia Ti sposo ma non troppo, Vanessa Incontrada si sta godendo la primavera nella casa sulle propaggini collinari dietro a Follonica.
Ci parla del suo personaggio, Lavinia? È distrutta dalla scomparsa della figlia, eppure reagisce e ha il coraggio di andare controcorrente.
«Avvocato di successo, realizzata nel lavoro, la conosciamo in un momento molto particolare della sua vita. Si dimostra tenace, dotata di sensibilità ed empatia. Ha il coraggio di andare al di là delle apparenze e di battersi per far emergere la verità. Affronta le ragnatele del dubbio fino a prendere le difese del ragazzo che tutti additano come colpevole, incluso il marito. Merito di un forte senso di giustizia che ha connaturato, ma anche di un istinto (che definirei materno) che le dice di seguire le sue sensazioni e non l’apparenza».
Anche lei è mamma di un adolescente. Quanto si è immedesimata?
«La serie l’ho girata circa un anno fa, quando mio figlio aveva 16 anni. È un bravo ragazzo, mi dà retta, parliamo. Il problema è che noi viviamo un po’ fuori città e lui si sposta in motorino. Quindi la notte, no: non glielo faccio usare».
Come fa allora? Vorrà uscire, andare a mangiare una pizza, o in discoteca.
«Lo aspettiamo fuori dal locale. Sa di dover essere puntuale. Per il resto, so che è un ragazzo responsabile e quindi mi sento tranquilla».
Anche Lavinia, il suo personaggio, si fida della figlia. Eppure... Insomma, un tarlo lei non ce l’ha?
«Certo che vivo l’indipendenza di mio figlio con qualche timore: che siano gli altri a fargli male, che gli possa accadere un incidente. Mi faccio tante domande e sono apprensiva (un po’ come tutte le mamme, no? ). Però cerco di tenerle sotto controllo, e infatti finora Isal vive bene le mie ansie. E le regole che metto, le accetta».
Chi le detta, più lei o suo marito?
«Le stabiliamo insieme. Però lui è decisamente più permissivo, quello che concede qualche libertà in più, mentre io sono più severa, che le limita».
E a scuola? Con il suo lavoro è difficile esserci sempre.
«Invece sono quella che gli sta più dietro. Io che lo incoraggio se i voti non sono quelli desiderati. Un voto basso penso che faccia bene, che serva da incentivo. Io stimolo la sua volontà e l’amor proprio».
Diceva che c’è dialogo. Sicura?
«Sì, come tutti gli adolescenti, è piuttosto laconico, vago. È l’età. Però, vedo che gli piace ancora stare con noi. Tra qualche settimana, come da tradizione, faremo una piccola vacanza insieme all’Elba io, lui, mia madre: quest’anno non era così scontato che ci dicesse ancora di sì».
Lei che adolescente era? Ha cominciato a fare la modella giovanissima.
«Ho iniziato verso i 16 anni. Milano, Miami, New York, Parigi. Mamma mi ha accompagnata finché non sono stata maggiorenne. La mia adolescenza è stata bellissima, ma poco comune».
Niente movida di Barcellona?
«(ride) Anche i miei genitori mi venivano a prendere a fine serata. Però era un po’ diverso: in città mi muovevo con i mezzi, ero anche parecchio più indipendente. Vero che la sera si non faceva poi così tardi: c’era sì uno Studio 54, ma per noi “piccoli” era aperto dalle 17 alle 22. Aspettavo il sabato per andarci con le amiche. Poi è arrivato il lavoro e la sera, sinceramente, ero sempre troppo stanca per fare le ore piccole».

È per la legge del contrappasso che suo marito gestisce locali notturni?
«Quest’estate ci sarò stata una o due volte. Decisamente non sono una che ama la notte. E anche lui, se non fosse il suo lavoro... Ma quando l’ho conosciuto molti anni fa (a Follonica ho iniziato ad andarci presto perché la mia famiglia è originaria di lì), lui aveva solo il classico bar da aperitivi».
Cos’è cambiato tra i suoi e questi tempi?
«Il telefonino. Abbiamo la facoltà di sapere tutto subito, nel bene e nel male. E questo penso che ci renda genitori più apprensivi, un sentimento che cresce di pari passo con l’età dei figli: più si fanno indipendenti, più sfuggono dal nostro controllo, e più abbiamo paura. Risultato: voglio essere più presente, voglio sapere sempre tutto e subito di te».
In questi giorni si parla tanto della serie Adolescence.
«L’ho vista ed è stata per me molto forte. Sono stata veramente male. Rispetto alla questione telefonini, mi fido molto di mio figlio. Non sono il tipo che spia il suo cellulare o controlla continuamente cosa fa. Mi arrabbio quando a volte lo usa troppo. Però capisco che i social sono il modo con cui i ragazzi comunicano oggi. Ho basato il rapporto di mio figlio con il telefonino sulla fiducia: sa che ci sono alcuni limiti da rispettare e che non deve andare a vedere determinate cose. Spero poi di non sbagliarmi, perché la certezza non me la dà nessuno».