il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2025
Armi, l’export vola: +35% anche alle canaglie
La crisi non è per tutti. L’industria italiana della Difesa va a gonfie vele, esportando materiale (aerei, missili, droni, navi) con numeri da boom. Lo si scopre dalla relazione annuale sul commercio di armamenti appena inviata dal governo al Parlamento e letta in anteprima dal Fatto. Il documento descrive un 2024 monstre per il settore: rispetto al 2023, le autorizzazioni individuali per esportare materiale bellico sono aumentate del 35,34%, raggiungendo un valore di 6,45 miliardi di euro (l’anno prima erano a 4,76 miliardi). Molti di questi prodotti sono finiti a regimi o a Paesi con cui l’Italia ha avuto rapporti diplomatici difficili: l’Egitto, il Qatar, gli Emirati arabi, l’Arabia saudita.
Le cifre. Ogni vendita di armamento all’estero deve ricevere l’ok dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama). Nel 2024 sono state rilasciate 2.569 autorizzazioni individuali (+22,2% rispetto alle 2.101 del 2023), per un valore, come detto, di quasi 6 miliardi e mezzo. A questa somma vanno però aggiunti altri tipi di autorizzazioni che fanno riferimento a esportazioni diverse, per esempio all’interno di accordi intergovernativi o nel quadro di programmi industriali di ricerca. Se si considerano anche questi comparti, il totale delle esportazioni raggiunge i 7,692 miliardi, rispetto ai 6,224 del 2023 (+23%).
Ma sono le autorizzazioni individuali a dare l’idea meglio di tutto della fase storica che vive il settore. Anche perché già il 2023 era stato un anno florido, visto il protrarsi della guerra in Ucraina. Se si torna al 2021, ultimo anno prima dell’invasione russa, il confronto fa impallidire. Se oggi le autorizzazioni individuali per l’export di armi valgono 6,45 miliardi, quattro anni fa muovevano 3,6 miliardi: l’incremento è del 76%.
I Paesi. A chi vendiamo tutte queste armi? Il nostro miglior cliente è l’Indonesia, un inedito per questo ranking. Se nel 2022 Giacarta acquistava dall’Italia “solo” 12 milioni di euro di armamenti e nel 2023 era salita a 27, nel marzo 2024 ha firmato un accordo storico con Fincantieri per l’acquisto di due “pattugliatori polivalenti d’altura”, navi da guerra dal valore complessivo di 1,2 miliardi. In questo modo l’Indonesia ha staccato la Francia, secondo Paese più prolifico per le nostre armi, con 591 milioni in aumento rispetto ai 465 del 2023. Poi arrivano la Nigeria (480,7 milioni), il Regno Unito (360,4), la Germania (357) e i Paesi Nato (318), riferibili a programmi che riguardano l’alleanza.
Si arriva poi a due casi spinosi. Al settimo posto ci sono gli Emirati arabi uniti, che ci comprano armamenti per 294 milioni. L’aumento sfrenato rispetto al 2023 (erano “solo” 57 milioni) lo si spiega con una precisa scelta politica, perché il governo Meloni ha gradualmente revocato ogni vincolo all’export verso gli Emirati e l’Arabia saudita, dopo che il governo Conte 2 aveva invece sospeso le licenze in risposta alle stragi della guerra in Yemen. Se gli Emirati ne godono dal 2024, l’Arabia aveva già visto i benefici del nuovo corso nel 2023, quando si era portata a casa armamenti per 361 milioni. Nel 2024 gli affari calano (95,9 milioni), ma lasciano Riad comunque al 17esimo posto dei migliori clienti.
Ma in top 10 c’è un altro acquirente controverso. Si tratta dell’Egitto, che arriva subito dopo gli Emirati e compra armamenti per 263 milioni, nonostante anni di difficili relazioni con l’Italia dopo l’uccisione di Giulio Regeni. Non a caso Avs, per voce di Nicola Fratoianni, già nella scorsa legislatura aveva proposto il divieto di affari con l’Egitto nel settore delle armi.
Dopo Macedonia del Nord e India, arriva l’Ucraina. Dal 2022 l’Italia cede gratuitamente a Kiev una serie di armamenti, ma l’Ucraina acquista “sistemi d’arma di calibro superiore ai 12,7 mm”, “munizioni”, “apparecchiature per la direzione del tiro” e “veicoli terrestri” per 222 milioni. La lista dei clienti prosegue con altri Paesi tra cui risaltano il Qatar e la Turchia di Erdogan, 21esima col 67 milioni dopo due anni da record (598 nel 2022 e 231 nel 2023).
Trasparenza. C’è un tema di fondo dietro la relazione e riguarda la trasparenza. Lo spiega Francesco Vignarca, analista di Rete Pace e Disarmo: “Diamo atto al governo di essere pressoché in linea coi tempi, visto che in passato questo report veniva presentato con mesi di ritardo. Purtroppo però quello relativo al 2025 potrebbe essere l’ultimo così dettagliato”. Il riferimento è alla proposta di legge in discussione alla Camera che rivedrebbe varie norme sull’export di armi, peggiorando l’accesso a informazioni fondamentali sulle vendite. Informazioni che consentono di conoscere e denunciare eventuali storture. Una delle quali la ricorda Vignarca: “C’è uno spostamento forte verso Paesi non-Ue e non-Nato, dopo che c’era stato un riequilibrio. Politicamente ha un peso”. È una scelta tutt’altro che scontata, quale relazione tenere con Paesi non alleati, o non democratici.