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 2025  aprile 09 Mercoledì calendario

Intervista a Valerio Lundini

«Più normale di un programma, poco meno di un bel film». Ovvero Faccende complicate con Valerio Lundini che torna da domani su RaiPlay con la seconda stagione del suo racconto di viaggio ambientato in diverse città e regioni d’Italia (ma in realtà arriverà fino in Svezia). Il programma è un original Rai Contenuti Digitali e Transmediali diretta da Marcello Ciannamea, prodotto da Simona Ercolani per Stand by Me, scritto e interpretato dallo stesso Valerio Lundini che ne ha curato anche la regia. Ride e ironizza «saltando di palo in frasca» l’artista romano davanti ai giornalisti. Ai quali racconta come, nelle puntate, ha fatto l’indiano col sindaco di Roma, Roberto Gualtieri ed è arrivato fino in Scandinavia alla ricerca di un dolce nazionale svedese chiamato Fika. Parla pure di politica e temi sensibili come il bullismo Valerio, sapendo dove, come e quando pungere armato, dice lui (ma in realtà scherza) «del più puro qualunquismo». È felice e fa bene Lundini che, dopo la piattaforma digitale, dove la prima stagione ha fatto numeri da record (1,6 milioni di views per 353mila ore), dal 12 al 23 maggio andrà in onda anche nell’access prime time di RaiTre, alle 20,15.
Valerio, ma tra la realtà che racconta e il surreale che è la cifra stilistica che predilige, cosa la spinge a iniziare a scrivere?
«L’ispirazione nasce sempre dalla realtà che poi può diventare follia e divagare grazie alle storie che ci costruisco attorno fino a creare, si spera, un cortocircuito».
Quest’anno nelle puntate si parlerà di integrazione, bullismo, temi sensibili al politicamente corretto. Ci pensa mentre scrive oppure va dritto per la sua strada?
«Penso che il politicamente corretto in realtà sia passato di moda. È roba, ormai, di due anni fa di cui al massimo ci sono ancora gli strascichi. Il trucco comunque è quello di pensare che non esista questo problema continuando a raccontare le cose come ci fa divertire di più. Se sempre più persone facessero così alla fine ci sarebbe più libertà per tutti».
Senta ma davvero è dovuto andare fino in Svezia per conoscere i morti di Fika?
«Sì, due signore pensionate mi hanno spiegato come si fanno questi dolcetti tipici che si prendono col caffè per merenda e si chiamano come hai detto tu... Così ho scoperto che un re e uno studente universitario sono passati dalla nutrizione alla morte per colpa della Fika!».
Ma a lei, restando in tema, le capita mai di pensare di aver scritto una fregnaccia?
«Quello sempre ma diciamo che alla fine fare una cosa fica e fare una cosa brutta è un attimo, quindi sei sempre un po’ in bilico. Anzi è bello pure stare in bilico, fare delle cose brutte ma renderle belle, senza che si faccia male nessuno».
Lei si sente davvero qualunquista come ha definito il suo programma?
«Mi diverte il modo naif, all’acqua di rose, di trattare alcuni temi. Mi piace l’ingenuità che a volte ce l’ho, a volte l’ho persa. Da un punto di vista narrativo, poi, è bello creare personaggi talmente ingenui che non gli si può voler male».
Se avesse concluso gli studi in Giurisprudenza quale sarebbe stata la prima cosa che avrebbe voluto fare per la giustizia in Italia?
«Sarebbe stato un miracolo. Ma avrei fatto lo stesso lavoro che faccio ora, solo che la gente avrebbe detto: pensa è pure laureato in Legge! Ci sono un sacco di artisti che hanno o il conservatorio o la laurea in Giurisprudenza. E ogni tanto vedi qualcuno che dice: quello sembra così ma è laureato in Legge. Che poi io una laurea l’ho presa pure ma è in Lettere e, diciamoci la verità, fa meno effetto».