Corriere della Sera, 8 aprile 2025
Giulia Lamarca. Dopo l’incidente, amore e viaggi. «Gioia moltiplicata per quattro»
Andrea ha aspettato di essere in Giappone, il loro luogo del cuore, per dare a Giulia quella catenina che teneva nello zaino da settimane. Erano sul marciapiede di una delle strade trafficate di Tokyo: «Giulia, questo è per te». Il regalo dopo la nascita di Ethan, il loro secondo figlio dopo Sophie. Prima non c’era stato il tempo e il momento giusto, fra poppate, pannolini, visite. E organizzazione dell’ennesimo viaggio, il primo con Ethan.
Sembra tutto così semplice. E invece lo è solo in parte, perché poi Giulia e Andrea hanno fatto della capacità di adattarsi una linea di vita. Lei che dopo un incidente quando aveva 19 anni è rimasta con una paraplegia incompleta e usa una carrozzina. Lui che la incontra in ospedale, dove fa il fisioterapista e non ci mette molto a innamorarsi, ma tanto per conquistarla. Loro che iniziano a girare il mondo, aprendo anche un blog diventato un sito dedicato ai viaggi (My travels: the hard Truth), raccontandosi sui social, attraverso il profilo di Giulia, che ha superato i 700mila follower su Instagram, oltre ad aver scritto un libro: Prometto che ti darò il mondo (De Agostini).
Giulia Lamarca è una influencer seguitissima sui social, ma soprattutto una splendida trentenne con un marito e due figli. La sliding door fu quel giorno di ottobre del 2011. Era in motorino con il ragazzo di allora. Poi, nove mesi in ospedale e i medici che dicono che non camminerà più. Lei che risponde «Ah, pensavo peggio...» e conosce Andrea. «Ammetto: mi stupisce il fatto che stiamo insieme da così tanto. Eppure succede». Si sono conosciuti in ospedale la settimana dell’incidente: «Ci mise un po’ a conquistare la mia fiducia e il mio amore. Uscivo da un brutto periodo. Il mio ragazzo, quello che era in moto con me, mi lasciò malissimo: era il giorno in cui mi dissero che non avrei camminato. Una cosa tragica. Non ho più avuto sue notizie. Una storia bruttissima». «Anche per questo – ammette – ero un po’ traumatizzata».
Prosegue Giulia Lamarca: «Quando Andrea mi ha fatto capire che c’era interesse, non ci credevo. Sono stata molto fortunata. Ci è voluto quasi un anno, è stato bello sentire che per lui andavo bene così. E comunque anche a lui non è andata così male...». I viaggi a Torino per le terapie, l’inizio della convivenza, i progetti e i viaggi insieme. Australia e Giappone, passando per Corea, Cina, Taiwan, Vietnam, Mongolia, raggiungendo la vetta del Machu Picchu in Perù e poi gli Stati Uniti e tutta l’Europa. Treni, camper, aerei. Giulia è diventata una travel blogger fra le più seguite. E l’arrivo di Sophie, nata nell’ottobre di quattro anni fa, dieci anni dopo l’incidente: «Ero in panico. Mi chiedevo: come farò a prenderla in braccio? A insegnarle a camminare? E poi tutto è successo, naturalmente, senza forzature». Con Ethan queste esperienze furono utili: «Bello, diverso dalla prima volta, ero molto agitata. Nessun calcolo, è arrivato. Per Sophie abbiamo dovuto aspettare quattro anni. Mi piace così tanto vedere una vita che cresce, diventa un’altra persona da te. Siamo innamorati, crediamo nella famiglia. Viviamo in un Paese che non sogna i figli e non incentiva a farli». Ethan è nato il 26 novembre 2024. A quattro mesi sta già facendo il suo primo viaggio, in Giappone, a vedere i ciliegi in fiore. Giulia e Andrea conoscono e amano quel Paese, tanto da averne scritto una guida uscita da poco.
Hanno saputo andare oltre lo stereotipo che vede quasi una mamma dimezzata se utilizza una carrozzina per muoversi: «I pregiudizi esistono anche in me. Non condanno troppo chi li ha, li capisco. Ho anche pensato: ma sto facendo una cazzata? È sciocco pensare non ci sia una difficoltà in più. Penso che sia il mondo fuori che si deve educare. Non sono io che non sono i grado di fare la mamma, è il mondo che non mi mette nelle condizioni di farlo agevolmente».
Anche nel suo essere mamma due volte, Giulia è molto social: «Sono per raccontare una maternità condivisa con Andrea. Le cose si fanno in due». Lo fa anche perché questo ha saputo aiutarlo nel suo nuovo cammino di vita: «Non condivido tutto. Sento che la gente ci vuole bene. Mi è sempre servito vedere gente come me, con una disabilità, che fa cose, non si ferma, trova soluzioni. È stato utile. Altrimenti non sarei come sono oggi. Ho visto altre donne che sono in carrozzina fare figli, gestirli, occuparsi della casa, lavorare. Così ho pensato: lo faccio anche io. Il mio spirito di condivisione – riflette – nasce principalmente da questo. Poi, è anche un tuo modo di tenere traccia. Non demonizzo anche raccontare e mostrare i figli. Ci sono regole e limiti, che sono poi di buon senso. Ma fanno parte della mia vita, sarebbe più falso dire che non ci sono. È qualcosa di vero, non costruito o per fare like».
Poi c’è lo stupore, quello che nasce se si guarda indietro: «Non mi sarei aspettata una vita di questo tipo. Ne riflettevo già quando è nata Sophie. Io e Andrea siamo così increduli della nostra vita. Non pensavo di poter raggiungere questo grado di felicità. E pensare: caspita, ma siamo in quattro, è tutto vero?».