repubblica.it, 8 aprile 2025
Concordia, Schettino rinuncia (per ora) alla semilibertà
Francesco Schettino rinuncia alla semilibertà. L’ex comandante della nave da crociera “Costa Concordia”, assistito da una nuova legale, Francesca Carnicelli, ha deciso di lasciar cadere, per ora, la richiesta di una misura alternativa al carcere che lo avrebbe portato di giorno fuori da Rebibbia per lavorare.
La richiesta era stata presentata da Schettino con la precedente avvocata, Paola Astarita, che a lungo ha seguito il caso Concordia ma è stata sollevata dall’incarico dopo l’ultima udienza del 4 marzo 2025, quando il tribunale aveva rinviato la decisione sulla semilibertà.
Ora è arrivata la rinuncia e ii giudici della Sorveglianza altro non hanno fatto che emettere un provvedimento “di non luogo a provvedere per carenza di interesse”, spiega l’avvocata Carnicelli. Dunque il procedimento per quella prima richiesta si è chiuso.
Come mai? La scelta di Schettino è arrivata in seguito “a un problema con l’offerta lavorativa che aveva ricevuto”, offerta alla quale era vincolata la richiesta di semilibertà.
Il lavoro in Vaticano
Era stata l’associazione Seconda chance, che da anni si occupa di fare da ponte tra il carcere e il mondo del lavoro per dare un’altra opportunità ai detenuti, chiunque essi siano, a trovare un’occupazione a Schettino. Ad accogliere l’ex comandante della Concordia sarebbe stata la Fabbrica di San Pietro, l’ente che per il Vaticano si cura della Basilica, che con Seconda chance ha già stretto altri accordi lavorativi: almeno due detenuti del Nuovo complesso di Rebibbia sono stati presi come elettricisti esperti per lavori di manutenzione della Cupola.
Schettino si sarebbe dovuto occupare della digitalizzazione di documenti conservati nell’archivio della Basilica di San Pietro. Già a Rebibbia aveva infatti svolto lo stesso lavoro sulle carte dell’agguato di via Fani e il rapimento dell’allora segretario della Dc Aldo Moro e sulla strage di Ustica.
L’associazione che aiuta i detenuti fa sapere di non essersi tirata indietro e di essere ancora disponibile a cercare un altro impiego, a lui come a chiunque altro possa accedere a misure alternative. Ma, per il lavoro che gli era stato proposto, “non ci sarebbero più le condizioni”, spiega l’avvocata.
La richiesta di semilibertà
Se dovesse arrivare un’altra offerta di lavoro, Schettino potrà chiaramente ripresentare richiesta di semilibertà al tribunale.
Responsabile del più grande naufragio italiano dell’era moderna, l’ex comandante è stato condannato in via definitiva per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, naufragio colposo e abbandono dell’imbarcazione a 16 anni di reclusione.
Di questi ne ha già scontati più della metà nel carcere romano di Rebibbia, maturando così il termine che per legge gli consente di accedere alle misure alternative.
L’indignazione dei parenti delle vittime
La richiesta di semilibertà dell’ex comandante aveva indignato i parenti delle vittime e i sopravvissuti. Vanessa Brolli, 27 anni, che era in vacanza sulla “Costa Concordia” con i fratelli, i genitori e altri parenti per festeggiare i 50 anni di matrimonio dei nonni, aveva dichiarato: “Schettino vivrà il resto dei suoi giorni con addosso il peso di questa tragedia. Anche se dovesse uscire dal carcere, dovrà convivere con questa colpa per tutta la vita”.
Il padre di una delle vittime, Giovanni Girolamo – il figlio Giuseppe, 30 anni, che era un musicista dell’orchestra della nave – aveva detto: “I giudici non dovrebbero concedere la semilibertà a Schettino. Per me è un uomo che dovrebbe stare in galera per 32 ergastoli, quante sono le vittime”.
La vicenda giudiziaria
La tragedia della Costa Concordia avviene nella notte tra il 12 gennaio e il 13 gennaio 2013. Nel naufragio dell’enorme nave da crociera di fronte all’Isola del Giglio persero la vita 32 persone, vittime di quello che divenne il celebre “inchino” di fronte l’abitato, a ridosso della costa. La vicenda giudiziaria, che ebbe un grandissimo clamore mediatico anche all’estero, comincia pochi giorni dopo il disastro, il 16 gennaio, quando Schettino viene arrestato.
Il comandante finisce prima in carcere e poi ai domiciliari. Il giorno successivo al suo arresto viene diffusa la telefonata con il capitano della Capitaneria di Livorno, Gregorio De Falco: l’ordine di quest’ultimo a Schettino, quel “vada a bordo, cazzo”, fa il giro del mondo. Il 5 luglio dello stesso anno gli vengono revocati i domiciliari con l’obbligo di dimora a Meta di Sorrento.
Due anni dopo, l’11 febbraio 2015 Schettino viene condannato in primo grado a 16 anni di reclusione dal tribunale di Grosseto. Il 31 maggio 2016 la condanna viene confermata in secondo grado dalla Corte d’appello di Firenze. E il 12 maggio 2017 la sentenza diventa definitiva davanti alla Corte di Cassazione. Schettino, allora, si costituisce immediatamente nel carcere di Rebibbia.