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 2025  aprile 08 Martedì calendario

Femminicidio Cecchettin: “Le 75 coltellate di Turetta non segno di crudeltà ma di inesperienza”

“Filippo Turetta non ha accettato che Giulia Cecchettin fosse libera di decidere come vivere la propria vita e di non voler più stare con lui. Così, dopo essersi preparato per quattro giorni, la sera dell’11 novembre 2023 l’ha uccisa colpendola con 75 coltellate”. È un passaggio delle motivazioni con le quali la Corte d’assise di Venezia ha condannato all’ergastolo l’ex studente di Torreglia, oggi detenuto nel carcere di Verona. I giudici – presidente Stefano Manduzio, estensore Francesca Zancan – hanno riconosciuto l’aggravante della premeditazione ma non quelle dello stalking e della crudeltà.
Nelle 150 pagine di motivazioni si ricostruisce l’ossessione di Turetta per il controllo di Cecchettin. I famigliari della vittima sono rappresentati dagli avvocati Stefano Tigani, Pietro Colucio, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza. Un capitolo della sentenza si concentra sui 275 mila messaggi che costituiscono “un diario” della loro storia. Una chat in particolare “dà contezza dell’assoluto egoismo di Turetta, che si dimostra del tutto incapace di ascoltare la legittima esigenza di libertà che la ragazza inutilmente rivendica”. In sintesi, non vuole che la studentessa incontri da sola le amiche dell’università. Una valanga di messaggi scritti con “rabbia”, in modo “frenetico”.
Nessun dubbio per i giudici sull’aggravante della premeditazione. L’allontanamento di Giulia era per Filippo “una cosa inaccettabile e ingiusta” e “l’avvicinarsi del giorno della laurea” della ragazza rappresentava per l’imputato “un momento cruciale”: infatti Cecchettin è stata uccisa quattro giorni prima di poter discutere la sua tesi. Quattro giorni durante i quali lo studente prepara il suo piano, annotandolo sul cellulare tutto ciò che gli serve, dallo scotch ai coltelli: non per sequestrare l’ex fidanzata, come sostenuto dalla difesa, ma per ucciderla.
"Le 75 coltellate per inesperienza, non crudeltà”
Per i giudici non c’è l’aggravante della crudeltà. La dinamica del femminicidio non permette di “desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio”, che Turetta – difeso dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – volesse “infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive”, e “non è a tal fine valorizzabile, di per sè, il numero di coltellate inferte. Turetta non aveva la competenza e l’esperienza per infliggere alla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e ‘pulito’, così ha continuato a colpire con furiosa furiosa e non mirata ripetizione dei colpi fino a quando si è reso conto che ‘Giulia non c’era più’”. Per i giudici, aver inferto 75 coltellate non sarebbe stato “un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima”, ma “conseguenza della inesperienza e della inabilità” di Turetta.
L’aggressione, quella notte dell’11 novembre 2023, è durata complessivamente circa 20 minuti, “lasso di tempo durante il quale ha avuto la possibilità di percepire l’imminente morte”. “A tal fine – aggiunge il collegio – manca tuttavia la prova che l’aver prolungato l’angoscia della vittima sia atto fine a sé stesso, frutto della deliberata volontà dell’imputato di provocarle una sofferenza aggiuntiva e gratuita”.
Cade l’aggravante dello stalking: “Giulia non aveva paura di Filippo”
Per i giudici è innegabile che le condotte di Turetta abbiano avuto “carattere persecutorio”. Ma alla luce degli elementi raccolti e delle dichiarazioni dei familiari, “non si ravvisano elementi anche solo sintomatici che consentano di ritenere in concreto sussistente in capo a Giulia Cecchettin il contestato ‘grave stato di ansia, turbamento e paura anche per la propria incolumità’”. Conclusioni alle quali le toghe arrivano anche dopo aver letto le dichiarazioni del padre della ragazza, Gino Cecchettin, che non ha riferito di “stati ansiosi, timorosi o di turbamento”. Viene citata un’altra dichiarazione a verbale di Gino. Ribadisce che Giulia “non manifestò mai paura, parlando di Filippo al più come fosse un rompiscatole”. Scrive la Corte d’assise: “Giulia Cecchettin certamente era vittima delle condotte oggettivamente moleste, prepotenti e vessatorie di Turetta ma non aveva paura di lui”. Coerente con questa ricostruzione, il fatto che è la studentessa a proporre all’ex compagno di accompagnarlo a fare acquisti, lo stesso giorno del femminicidio.
“Motivi abietti, vili e spregevoli, Turetta non accettava l’autonomia di Giulia”
Le attenuanti generiche non possono essere riconosciute all’imputato “alla luce dell’efferatezza dell’azione e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione (...). Motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l’imputato non accettava l’autonomia delle anche più banali scelte di vita”. Riguardo alla confessione, il suo “apporto è stato di fatto del tutto nullo”, nessuna “collaborazione anche minima” dopo il femminicidio, visto che il 22enne – dopo aver nascosto il cadavere ed essersi cambiato – è scappato in macchina in Germania. Ed è un dato oggettivo, riguardo alla sua cattura, “che egli fosse rimasto senza benzina, contanti e riserve alimentari”. Ha inoltre cercato di cancellare il contenuto del cellulare per “minimizzare le conseguenze delle proprie azioni”.