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 2025  aprile 08 Martedì calendario

“Io per 5 giorni al Cpr per errore: fermato a Malpensa il giorno delle nozze in abito da sposo”

Come mi hanno trattato al Cpr? Bene. Là dentro funziona così: se tu sei una persona rispettosa, loro ti rispettano. E io lo sono». Ha passato cinque notti nel Cpr di corso Brunelleschi prima di essere liberato su ordine della Corte d’appello di Torino. Non vuole dire il suo nome, perché ha paura. «Sono scappato dalla Siria perché c’era la guerra e perseguitavano me e la mia famiglia». Ha gli occhi stanchi. Guarda con riconoscenza uno dei suoi avvocati, Andrea Giovetti. Gli regala l’anello che porta al terzo dito per ringraziarlo di averlo fatto uscire. Parla lentamente, in arabo, seduto nel bar di fronte all’uscita del Centro di rimpatrio. L’avvocato Wisam Zreg traduce dall’arabo all’italiano.
Come mai è vestito così elegante?
«Quando mi hanno arrestato stavo andando a sposarmi».
In che senso?
«Mi hanno fermato all’aeroporto di Milano Malpensa. Ero appena rientrato dall’Arabia saudita, dove avrei dovuto sposare la mia fidanzata, che vive là. Anche lei è siriana. Ma il mio documento non è stato riconosciuto valido e sono tornato in Italia, dove vivo da dieci anni».
Perché la polizia l’ha arrestato a Malpensa?
«Perché non hanno capito che sono un rifugiato politico. Non so perché. Di certo mi sono trovato meglio con la polizia di Torino».
Come ha vissuto questi cinque giorni dentro al Cpr?
«Non ho avuto problemi. Ho dormito in una stanza da sei. Abbiamo un bagno per stanza. Il posto è pulito. Il trattamento buono. Anche il cibo».
Cosa ha mangiato oggi a pranzo?
«Pollo e spaghetti».
Com’è il clima interno al Centro?
«Non ho mai visto episodi violenti da parte della polizia. Anzi. Nei momenti in cui qualcuno è stato aggressivo, parlo di insulti urlati agli agenti, la polizia è stata ferma. Nessuno ha reagito. C’è solo una cosa che invece non è andata bene».
Cosa?
«La risposta del giudice è arrivata tardi. Speravo di uscire prima. So di essere innocente».
Come si spiega il fatto che l’abbiano portata qui?
«Non lo so. Non ho capito. L’unica cosa che so è che sono ritenuto un nemico o un delinquente e per questo mi hanno portato al Cpr. Ma io non ho nessun precedente. Sono incensurato».
Perché è venuto in Italia?
«Sono scappato dalla guerra in Siria. Mio padre era nel commercio delle auto. E io anche. Sono dovuto scappare e sono arrivatro a Catania».
Lei è sospettato di terrorismo?
«Non faccio parte di nessuna organizzazione. Non ho mai commesso reati. Lavoro nel campo della vendita della frutta e verdura da anni. A Catania mi trovo benissimo. Credo che la prova della mia innocenza sia legata al fatto che se fossi un criminale mi avrebbero fermato prima. Eppure in aeroporto non mi hanno bloccato ai controlli, prima dell’altro giorno. Sono rimasto molto dispiaciuto. È la prima volta che entro in un carcere in Italia».
Il Cpr non è un carcere...
«Ok. Comunque mi hanno trattato bene».
Adesso dove andrà?
«Vorrei tornare a Catania, a casa mia. Ma non so come si fa. Non sono mai stato a Torino».
Ha dei soldi con sé?
«Si certo. A Catania lavoro. Lì sono forse, credo, l’unico siriano. Ma mi hanno sempre trattato tutti bene. Mi hanno sempre aiutato. E fatto lavorare. Non vedo l’ora di tornare».