il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2025
Feltri più Renzi: “Licia Ronzulli è cogliona” e Dell’Utri “mitico”
Prometteva di essere un evento ad alto tasso di ego e vanità, con momenti di fenomenale imbarazzo. Non ha tradito le aspettative: l’incontro-scontro tra Matteo Renzi e Vittorio Feltri (per presentare i rispettivi libri, L’influencer e Il latino lingua immortale) ha assunto le sembianze di una puntata un po’ spompata della Zanzara, più che una conversazione tra un ex presidente del Consiglio e un decano del giornalismo. A impreziosire l’evento anche una guest star inattesa: Marcello Dell’Utri, ex custode delle fortune siciliane di Silvio Berlusconi e Forza Italia. L’incontro riparatorio dell’improbabile coppia comica Renzi-Feltri era stato propiziato da una polemica nei giorni scorsi: il direttore editoriale del Giornale aveva stroncato sulle colonne del suo quotidiano l’ultima fatica letteraria renziana, definendola un “dizionario degli insulti” verso Giorgia Meloni, causato da “insofferenza”, “fastidio” e “forse invidia”. Renzi gli aveva proposto di fare pace con un’iniziativa pubblica e Feltri non ha resistito al fascino indiscreto del toscano. Così eccoli allo stesso tavolo, alla libreria Mondadori Duomo di Milano, per una reciproca marchetta e una dotta dissertazione politica.
Tra i due, uno è famoso per la spregiudicatezza strategica, l’altro per l’incontinenza verbale. Per questo gli umoristi si dividono i compiti in modo funzionale: il primo, Renzi, crea il contesto comico, il secondo, Feltri, piazza la punch line, la battuta finale. Figurarsi se il direttore – lo stesso che si era risentito curiosamente per gli “insulti” di Renzi a Meloni – rinunciava a interpretare se stesso. Le sue uscite peggiori sono dedicate a Licia Ronzulli: la forzista, vicepresidente del Senato, pochi giorni fa si era messa in luce, in aula, rivolgendosi a Renzi con un cristallino “non me ne frega un cazzo di quello che dice”. La vendetta è un tavolo da servire con Feltri. Quando l’ex premier inizia a gigioneggiare sul tema Ronzulli, infatti, il direttore si sguinzaglia e non si tiene più. La definisce, nel giro di pochi minuti, “cogliona” e “trojan”, con un delicatissimo gioco di parole. Qui persino Renzi simula imbarazzo: “Non siamo d’accordo, Licia non lo è, direttore, ritira la battuta”. Feltri impassibile: “La ritiro domani”. In serata, Ronzulli replica sottolineando il “sessismo” dei due: “Feltri ha perso il senso della misura ormai da tempo. L’altro è costretto a fare il giullare, e nemmeno si alza e se ne va quando l’altro mi insulta”.
Lo stesso affiatamento da cabaret si manifesta quando Renzi e Feltri parlano di Adolfo Urso, ministro dell’Impresa. “Se la premier parla sempre con i soliti, con Urso e Lollobrigida…”, parte Matteo, “la situazione si aggrava”, conclude Vittorio. E poi l’assolo renziano: “L’intelligenza artificiale è un grandissimo tema, ma la Meloni manda Urso, che con l’intelligenza, anche artificiale, ha poco a che fare”. È tutto un ridere e un darsi di gomito, un affiatamento talmente garrulo che alla fine da Feltri arriva un imprevedibile dichiarazione d’amore politica (anche se postuma e mescolata ai soliti francesismi): “Ha fatto una cazzata enorme quando era presidente del Consiglio, cioè dimettersi per un referendum di cui non fregava un cacchio a nessuno. Uno può dire ‘però che uomo serio’, io invece dico ‘che coglione’. Se non si fosse dimesso, Renzi sarebbe ancora lì ed eviterebbe di fare le critiche alla mia fidanzata, la Meloni. Io mi dispiaccio quando le leggo, anche se le condivido”. Sorpresa.
Il finale invece è tutto di Dell’Utri. L’ex braccio destro di Berlusconi – condannato a sette anni (di cui quattro scontati in carcere) per concorso esterno in associazione mafiosa – a margine della presentazione va a farsi firmare il libro da Renzi. L’ex premier l’omaggia con una dedica affettuosa “al mitico Marcello”. Dell’Utri si concede uno show con i giornalisti presenti: “Potete dire che sono un suo ammiratore”, rivolto a Renzi. Gli chiedono se non sia addirittura meglio di Silvio: “Ma Renzi non è mica morto”. Lo zio Marcello dà consigli non richiesti a Marina e Pier Silvio Berlusconi: “Non fanno politica e non credo che la faranno”. Poi, dall’alto della sua condanna, sproloquia di giustizia: “Sto curando il cancro giudiziario. Dal cancro vero sto guarendo, quello giudiziario ce l’ho ancora addosso. I pm mi hanno bloccato i conti, pensano sia il ‘burattinaio’, ma di quella stagione non c’è niente da capire”.