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 2025  aprile 07 Lunedì calendario

La cannabis light è droga per legge, ma solo in Italia: che cosa succede adesso?

Approvato il ddl sicurezza, la cannabis light è diventata una droga. Vietato commercio, lavorazione, esportazione di foglie, infiorescenze e resine e anche di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla canapa. Bandita, cancellata, pure se non è sostanza stupefacente, cioè ha una percentuale al di sotto dello 0,2 per cento di Thc. A nulla sono serviti i numerosi tentativi delle associazione di categoria di aprire un tavolo con il governo per salvaguardare il settore, né la petizione presentata all’Unione Europea con il sostegno del Partito Popolare. «Parliamo di 11 mila aziende agricole associate anche a Confagricoltura, Coldiretti, Cia e Copagri. Aziende spesso guidate da under 40 e under 30, che in questi anni hanno investito soldi e creato decine di migliaia di posti di lavoro, che pagano le tasse e contribuiscono al Pil – aveva denunciato lo scorso febbraio Flavio Tosi, europarlamentare di Forza Italia -. Non stiamo parlando di sostanze stupefacenti o di spacciatori, ma di una filiera seria che lavora una materia prima secondo rigorosi canoni scientifici e nel pieno rispetto della legislazione europea, e che crea indotto economico, finanziario e fiscale».
Nonostante le proteste bipartisan e la sentenza della Corte europea dello scorso ottobre – nella causa C-793/22 si è stabilito che gli Stati membri non possono introdurre alcuna norma che vieta la coltivazione e la vendita delle infiorescenze e delle altre parti della pianta di canapa ad uso industriale –il governo sui fiori di canapa Meloni tira dritto. Anche senza il principio attivo stupefacente, la canapa si fuma come la marijuana e questo basta per trattarli come se fossero droga, anche se per la scienza e il resto del mondo non lo sono.
L’analisi di Canapa Sativa: “Bruciati oltre 20mila posti di lavoro e 364 milioni di euro di tasse”
Trionfa dunque la linea della Lega di Matteo Salvini, che non è mai stato così vicino a realizzare la promessa fatta nel 2018, quando la cannabis light divenne il fenomeno economico, sociale e mediatico che conosciamo: «Li chiuderemo tutti». Al divieto di commercio e produzione della cannabis light resta un’unica deroga, oltre agli usi consentiti come alimentare, edile e cosmetico: la lavorazione per la produzione di semi. Secondo l’analisi economica commissionata a Mpg Consulting da Canapa Sativa Italia l’impatto complessivo della norma sull’economia nazionale «ammonta ad almeno 1,94 miliardi di euro, con la generazione di un minimo di 22.379 posti di lavoro e un gettito fiscale di almeno 364 milioni di euro».Presentato lo scorso 2 aprile nella sala stampa della Camera dei Deputati, il rapporto “Cannabis Light Policy. Stima dell’impatto economico e proposte di regolamentazione per il mercato della canapa ad uso inalatorio” evidenzia anche «nello scenario peggiore, invece, la criminalità organizzata potrebbe sfruttare la situazione per estendere le proprie attività, vedendo nel contrabbando delle infiorescenze di canapa una nuova e redditizia opportunità».
Le paure di negozianti e distributori, tra chiusure anticipate e disobbedienza civile
Ora che si fa? Meglio chiudere, resistere e ricorrere in tribunale o portare esperienza e fiori da qualche altra parte? «Se il decreto fosse approvato la nostra attività verrà chiusa. Allo stato attuale delle cose, garantiamo le spedizioni fino lunedì. Siamo nelle mani delle decisioni del Presidente della Repubblica» ha scritto nel week-end a tutti i suoi clienti GreenLadyBug, storica realtà udinese per la vendita e la ricerca di fiori di canapa. «Il 90 per cento di quanto produciamo in Italia, lo esportiamo all’estero. Abbiamo il clima ideale per coltivare. Non capiamo il senso di questa scelta del Governo. È fuorviante, è come dichiarare guerra all’alcolismo mettendo fuori legge la birra analcolica» commenta Alessandro Margiotta di Salento Canapa, attiva dal 2017 nel Leccese. «Questa mattina lascio a casa dodici persone, non è una situazione facile. Abbiamo provato a capire l’umore tra gli altri negozianti, è bassissimo – commenta Leonardo Fiorentino della Cannabidiol Distribution, sede a Torino e distribuzione in più di 12mila tabaccherie in tutta Italia -. Ci si divide chi vuole continuare con la disobbedienza civile, chi chiuderà perché non può sostenere battaglie in tribunale. I posti di lavoro persi non saranno solo quelli dei distributori, ma anche delle aziende agricole».
«Con il mio processo dal 2020 vivo già in un sistema in cui la cannabis light è legale. Il mio processo terminerà a maggio e l’accusa che mi viene fatta è proprio questa: il canapone non è canapone, ma droga – commenta Luca Marola, pioniere del settore che nel 2017 lanciò la sua EasyJoint -. Sicuramente un provvedimento del genere apre ai ricorsi e alla possibilità di coinvolgere la Corte europea, ci saranno tante battaglie legali per abrogare questa norma. Il decreto del governo è l’esempio di come una democrazia scivola verso uno stato autoritario. La maggioranza pensa di definire con un tratto di penna una cosa diversa da quella che è in natura. Questo è un abominio scientifico e non può essere l’ultima puntata di questa ormai lunga battaglia».