Robinson, 6 aprile 2025
I cacciatori dei dati sul clima
Tra la marea di ordini esecutivi firmati dal presidente Trump ci sono quelli sull’accesso del pubblico ai dati governativi che riguardano il cambiamento climatico, l’ambiente, l’energia e la salute pubblica. Negli ultimi due mesi, tantissime risorse digitali che analizzano dati sono state rimosse dai siti web governativi e si teme che altri siano a rischio di cancellazione. Mentre in molti casi i dati sottostanti esistono ancora, gli strumenti che consentono al pubblico e ai ricercatori di utilizzarli sono stati rimossi.
Ma ora centinaia di volontari stanno lavorando per raccogliere e scaricare il maggior numero possibile di dati governativi e ricreare gli strumenti digitali che consentono al pubblico di accedere a tali informazioni. Finora, i volontari che lavorano al progetto, chiamato Public Environmental Data Partners, hanno recuperato più di cento set di dati rimossi dai siti governativi e hanno un elenco crescente di altri trecento che sperano di conservare. Il progetto riprende gli sforzi iniziati nel 2017, durante il primo mandato di Trump, quando i volontari hanno scaricato il maggior numero possibile di dati sul clima, l’ambiente, l’energia e la salute pubblica perché temevano il loro destino sotto un presidente che ha definito il cambiamento climatico una bufala.
In quell’occasione sono sparite poche informazioni federali. Ma questa volta è diverso. E così anche la risposta. «Non dovremmo trovarci in una posizione in cui l’amministrazione Trump può letteralmente distruggere ogni sito web governativo se vuole», dichiara Gretchen Gehrke, una scienziata ambientale che ha contribuito a fondare l’Environmental Data and Governance Initiative nel 2017. «Non siamo preparati ad avere informazioni pubbliche resilienti nell’era digitale e invece dobbiamo esserlo». «Quella del governo è una campagna per eliminare l’accesso del pubblico», spega Jessie Mahr, direttore del settore tecnologico dell’Environmental Policy Innovation Center, un gruppo membro della partnership sui dati. «I contribuenti americani hanno pagato per questi strumenti».
La coalizione Public Environmental Data Partners ha ricevuto frequenti richieste per due strumenti di rilevazione dei dati: il Climate and Economic Justice Screening Tool, o Cejst, e l’Environmental Justice Screening Tool, o EJScreen. Il primo è stato sviluppato nell’ambito di un’iniziativa dell’amministrazione Biden per garantire che il 40% degli investimenti federali per il clima e le infrastrutture fosse destinato alle comunità svantaggiate. È stato messo offline a gennaio. EJScreen, sviluppato sotto l’amministrazione Obama e un tempo disponibile attraverso l’Epa (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ndt), è stato rimosso all’inizio di febbraio.
Solo una dozzina di anni fa, l’Epa ha definito la giustizia ambientale come «il trattamento equo e il coinvolgimento significativo di tutte le persone indipendentemente da razza, colore, origine nazionale o reddito». Il suo nuovo amministratore, Lee Zeldin, ha recentemente equiparato la giustizia ambientale alla «discriminazione forzata».
Le organizzazioni no profit hanno utilizzato entrambi gli strumenti di selezione per richiedere le sovvenzioni federali relative alla giustizia ambientale e al cambiamento climatico. Ma recentemente l’Epa ha chiuso tutti i suoi uffici per la giustizia ambientale, ponendo fine a tre decenni di lavoro per mitigare gli effetti sulle comunità povere e minoritarie spesso gravate in modo sproporzionato dall’inquinamento industriale. Ha anche cancellato centinaia di sovvenzioni già promesse a gruppi no profit che cercano di migliorare le condizioni di quelle comunità.
Christina Gosnell, cofondatrice e presidente di Catalyst Cooperative, dice che la sua principale preoccupazione non è che i dati non vengano archiviati prima di scomparire, ma che non vengano aggiornati. La conservazione degli attuali set di dati è il primo passo, ma potrebbero diventare irrilevanti se la raccolta si interrompe, argomenta.
Più di cento nazioni tribali, città e organizzazioni no profit hanno usato il Cejst per mostrare dove e perché le loro comunità hanno bisogno di alberi, o di ridurre il calore urbano, e poi hanno avanzato richiesta di fondi alla Arbor Day Foundation, un’organizzazione no profit che aveva ricevuto una sovvenzione di 75 milioni di dollari dall’Inflation Reduction Action. La Fondazione Arbor Day era sulla buona strada per piantare oltre un quarto di milione di nuovi alberi prima che la sua sovvenzione venisse interrotta a febbraio.
La difficoltà di riprodurre strumenti complessi dipende dal modo in cui i dati sono stati creati e mantenuti. Il Cejst era open source, ovvero i dati grezzi e le informazioni che lo sostenevano erano già pubblicamente accessibili a codificatori e ricercatori. Ma EJScreen non era uno strumento open source e ricrearlo è stato più complicato.
Almeno sette persone hanno impiegato più di tre settimane per realizzare una versione di EJScreen che si avvicinasse alla sua funzionalità originale e Mahr racconta che ci stanno ancora lavorando. È come ricreare una ricetta con un elenco di ingredienti ma senza istruzioni di montaggio. Gli ingegneri del software devono cercare di ricordare il sapore del “piatto” assaggiato l’ultima volta, e poi andare per tentativi ed errori allo scopo di riassemblarlo a memoria. Ora la coalizione sta lavorando per conservare insiemi di dati ancora più complicati, come i dati climatici della Noaa, che ospita nei suoi archivi molti petabyte - pensate a mille terabyte, o più di un milione di gigabyte – di osservazioni meteorologiche e modelli climatici.
«La gente potrebbe non capire quanto siano numerosi i dati», scrive Gehrke in una mail. Solo le spese di archiviazione potrebbero costare centinaia di migliaia di dollari al mese, dice, senza includere il costo di qualsiasi tipo di accesso. La studiosa rivela di essere in contatto con il personale della Noaa per dare priorità ai dati più vulnerabili e di maggiore impatto da conservare il prima possibile. Finora, i dati raccolti sono in gran parte archiviati nel cloud e sottoposti a backup tramite server sparsi in tutto il mondo.
Alcuni dati sono stati finora lasciati intatti, come le statistiche dell’Energy Information Administration. Zane Selvans, cofondatore di Catalyst Cooperative, dichiara che il gruppo ha lavorato negli ultimi otto anni per aggregare i dati e le ricerche sul sistema energetico statunitense sotto forma di strumenti open source. L’obiettivo è aumentare l’accesso ai dati federali che sono tecnicamente disponibili ma non necessariamente facili da usare. «Finora siamo stati fortunati», sostieme Selvans. «Chi si occupa di giustizia ambientale non è stato altrettanto fortunato».