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 2025  aprile 05 Sabato calendario

Fortini-Sereni, il senso di una profonda amicizia


Il Carteggio 1946-1982 tra Franco Fortini e Vittorio Sereni edito da Quodlibet a cura di Luca Daino (pp. 460, euro 32) è uno dei pochi libri che aiutano a capire i dilemmi intellettuali e politici ai quali la generazione che fu di Franco Fortini (1917 -1994) e di Vittorio Sereni (1913-1983) dovette far fronte, e nello stesso tempo è la magnifica storia di un’amicizia, cresciuta con l’esperienza, diversa ma concomitante, del fascismo, della guerra e della ricostruzione. Relativamente poche le notizie che i due si scambiano sulle rispettive esperienze, obbligatoriamente politiche ma ormai di pace e non di guerra, poiché il primo scambio è del 1946 quando Fortini è già impegnato nella redazione del «Politecnico» e Sereni è tornato da poco dalla guerra. Caratteri diversi ma con tante cose in comune, i due hanno continuato a scambiarsi missive anche se abitavano la stessa città e da via Legnano a via Scarlatti non ci sono che poche fermate di autobus o di metropolitana…
STUPISCE di queste lettere il loro insolito pudore, la loro insolita profondità e più dei giudizi su come va il mondo i resoconti delle proprie acquisizioni intellettuali e morali, e mai centrate soltanto sulle loro letture, o ristrette ai commenti ai fatti del giorno. Ho conosciuto entrambi, e con Fortini ho avuto un dialogo più serrato e anche teso (ché non ho sempre accettato i suoi consigli – e ricordo che di lui Grazia Cherchi comune amica, che considerava Sereni come il maggiore dei nostri poeti del Novecento, diceva di Fortini, citando mi pare fra’ Cristoforo quando parla del Cardinale nei Promessi sposi: «Sant’uomo, ma che pazienza!». Voler bene a Fortini era a volte un’impresa davvero difficile! Con lui ho avuto spesso un rapporto conflittuale, con Sereni mai, ma anche perché meno intimo che con Fortini. Ma che bei pomeriggi ho passato nel suo ufficio della vecchia sede mondadoriana di via Festa del perdono!
UNA MATTINA dell’83 una comune amica che abitava nello stesso casamento di Sereni mi telefonò all’alba per dirmi della sua morte improvvisa e per chiedermi di telefonare agli amici. Fui io a dire a Fortini della morte di Sereni, e ricordo il suo pianto a dirotto, la sua disperazione. E la mia sorpresa di fronte a tanta reazione. Ma la lettura del loro epistolario, oltre a dare a tanti lettori-studiosi aperture e scoperte, mi pare possa offrire ai più giovani il senso di cosa significa essere amici, di condividere idee, e sia amori che ripulse, di vivere la poesia in un senso mai del tutto privato, che parla sempre anche a noi e di noi.