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 2025  aprile 06 Domenica calendario

“Il Mossad tramite Equalize offrì a Eni database iraniani”

Un archivio segreto del governo di Teheran con nomi e affari di diverse società, anche italiane, che hanno violato l’embargo e commerciato il petrolio iraniano. Il database risulta detenuto da ex agenti del Mossad che hanno tentato di venderlo per circa mezzo milione di euro all’Eni, il colosso petrolifero italiano. A far da cerniera nell’affare che ha interessato anche il capo dell’ufficio legale di Eni Stefano Speroni (indagato per accessi abusivi a sistemi informatici), i presunti spioni di Equalize e l’onnipresente ex agente Tela, al secolo Vincenzo De Marzio.
Una storia incredibile che emerge dai verbali dell’hacker Samuele Sam Calamucci difeso dall’avvocato Antonella Augimeri e che nasce attorno al 2021, quando Tela presenta a Calamucci due soggetti israeliani, descritti come ex 007 del Mossad con studi legali tra Malta e New York. Saranno loro, durante due appuntamenti nella sede di Equalize in via Pattari, a rivelare la notizia di quel prezioso archivio governativo suggerendone la vendita a Eni una volta appreso che la società del Cane a sei zampe era cliente della stessa Equalize. E che la gestione illegale del petrolio iraniano fosse a loro ben nota, emerge anche dalla richiesta che gli israeliani faranno a Calamucci di un report su una piccola banca d’affari europea che in pochi anni è arrivata a gestire un portafoglio clienti miliardario e sulla quale, secondo gli israeliani, già allora pesava il sospetto di avere come correntisti società di facciata iraniane costituite ad hoc per triangolare il petrolio fuori dall’Iran incassando denaro da utilizzare per finalità terroristiche.
Gli ex agenti del Mossad saranno preveggenti perché nel 2023 l’autorità per la regolamentazione finanziaria di un Paese Ue, raccogliendo le segnalazioni dell’intelligence europea, aprirà un’istruttoria nei confronti della banca proprio per il sospetto di aver favorito il finanziamento a gruppi terroristici collegati al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica. Dirà Calamucci: “Ci spiegano che questa era una banca utilizzata per eludere le sanzioni attraverso delle triangolazioni e ci hanno fatto l’esempio di alcune aziende italiane che facevano questo, e (…) ci dicono che si poteva capire se veniva utilizzato petrolio iraniano”.
Tanto che in una nota l’autorità di vigilanza rispetto all’ispezione alla banca scrive: “Da una verifica speciale si sono evidenziate gravi e sistematiche carenze nel rispetto e nell’attuazione delle disposizioni antiriciclaggio. Ciò riguarda in particolare l’adempimento dei necessari obblighi di due diligence rafforzata e la creazione e il funzionamento di un’applicazione di monitoraggio, in particolare per le transazioni relative all’Iran”.
E si arriva così all’archivio la cui esistenza e valore viene svelato negli uffici di Equalize a Calamucci che poi riferirà il tutto all’ex poliziotto Carmine Gallo. Nella discussione con gli israeliani Calamucci spiega di avere come cliente Eni. Quindi davanti al pm Francesco De Tommasi racconta: “Sapendo questo, queste persone, quando vengono negli uffici di via Pattari mi dicono, noi abbiamo a disposizione l’accesso a questi archivi (…), mi fa, magari possono far comodo anche al vostro cliente che è Eni per capire chi e quali aziende in Italia, comprano petrolio che è sottoposto a embargo”.
Quindi Sam Calamucci approfondisce l’argomento: “Chiedo un attimino come funziona, loro venivano sempre con due portatili, ci spiegano la cosa”. Appreso del contenuto esplosivo, Calamucci sospende la riunione e va nell’ufficio di Gallo: “Gli dico che queste persone probabilmente hanno delle informazioni che possono servire a Eni e al nostro referente di Eni, Stefano Speroni, Gallo mi dice: prova a capire di cosa si tratta, gli dico, mi sembrano credibili perché hanno sempre passato del lavoro, so che facevano parte dei servizi segreti israeliani, quindi non credo che siano dei racconta frottole, comunque mi fidavo molto di De Marzio”. Calamucci così torna da i due ex del Mossad: “Mi dicono che il prezzo per accedere a queste informazioni era 400 mila euro”. Al che l’hacker spiega che chiederà a Eni per capire se fosse interessata.
I due israeliani per dimostrare la validità delle loro proposte gli girano un appunto del Servizio segreto algerino e il nome di una società che poi sarà sottoposta a sanzioni perché vendeva petrolio iraniano. Pochi giorni dopo Calamucci parla con il capo degli affari legali di Eni Stefano Speroni e gli mostra l’appunto dei servizi algerini: “Gli ho mostrato la parte di questa cosa algerina (…) gli dico che ci sono questi contatti che hanno queste informazioni e Speroni in quell’occasione mi dice, Samuele verifica, sai ci sono tanti millantatori, verifica solo che magari siano informazioni genuine, ne parleremo, poi non abbiamo fatto più nulla in realtà”.