ilsole24ore.com, 6 aprile 2025
Emissioni, l’Italia sfora il tetto Ue: «Rischia di dover pagare oltre 25 miliardi»
Emissioni, l’Italia sta sforando il tetto indicato dall’Ue e rischia di dover pagare oltre 25 miliardi di euro al 2030. La recente pubblicazione, da parte di Ispra, dei dati ufficiali relativi alla CO2 prodotta nel nostro Paese nel 2023 conferma una tendenza in corso ormai da alcuni anni. Se le emissioni complessive sono infatti in calo, rispetto al 2022, del 6,8%, sono in aumento quelle causate dai trasporti, responsabili del 28% del totale.
I trasporti ricadono sotto gli obiettivi di riduzione stabiliti stabiliti dal regolamento europeo Effort Sharing, che prevede per l’Italia un taglio entro il 2030 del 43,7% rispetto al 2005 delle emissioni prodotte appunto da trasporti, residenziale – riscaldamento degli edifici – agricoltura, rifiuti e industria non-Ets. Ispra stessa ha certificato che la mancata diminuzione delle emissioni dei trasporti ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti, fino al loro superamento registrato nel 2021 (per 5,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) e nel 2022 (per 5,4) e nel 2023 (per 8,2).
Le quote di emissione
Lo stesso documento allegato all’ultimo Def lo conferma: «La mancata riduzione delle emissioni dei settori trasporti e civile ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani alle AEA (Annual Emission Allocation: quote di emissione annuali, ndr), fino al superamento delle stesse registrato per l’anno a partire dal 2021. Guardando al nuovo obiettivo e al peso dei singoli settori, il contributo più significativo è rappresentato dai settori dei trasporti e del civile (in particolare residenziale e terziario)».
Effort Sharing
Che cos’è il regolamento Effort Sharing? «È insieme al sistema Ets lo strumento di riduzione delle emissioni disegnato dall’Ue, che dal 2013 declina obiettivi nazionali. Mentre per il primo periodo di conformità, dal 2013 al 2020, l’Italia ha prodotto meno CO2 rispetto ai limiti fissati, la tendenza è cambiata a partire dal 2021 a causa delle emissioni dei trasporti in crescita e a quelle civili, degli edifici, costanti», risponde Chiara Di Mambro, direttrice strategia Italia Europa del think thank italiano Ecco: «Per il periodo dal 2021 al 2030 gli obiettivi non saranno rispettati. Già nel Pniec presentato lo scorso anno si certificava questa cosa. Secondo la stima che avevamo fatto all0ra, l’Italia non centra gli obiettivi emissivi per circa 100 milioni di tonnellate cumulate nel periodo. Ciò equivale a dover pagare 15 miliardi di euro, calcolando che una tonnellata di CO2 al 2030 potrebbe costare 150 euro, come da previsioni di Bloomberg. Altre stime arrivano a quantità ancora maggiori, per un valore di oltre 25 miliardi di euro. Una spesa che graverà sulle casse dello Stato».
Osserva Di Mambro: «Anche gli altri Paesi, tranne forse la Spangna, sono nella stessa situazione dell’Italia. Tutti dovranno comprare sul mercato le quote di CO2 in eccesso: è legittimo pensare che il prezzo sarà molto alto». Oggi le quotazioni di una tonnellata di CO2 (prezzi in future continui) sono pari a 64 euro alla tonnellata, in calo rispetto agli 80 euro di fine gennaio 2025 e ai 92 euro toccati nel luglio 2023, ma in crescita rispetto ai valori del 2020, tra i 17 e i 20 euro alla tonnellata.
Il piano di rientro
Che cosa succede ora? Risponde Di Mambro: «Il 2025 è il primo anno in cui viene richiesto un meccanismo di conformità. I dati arriveranno con due anni di ritardo, il problema concreto ci sarà quindi nel 2027. Tuttavia tra la fine di quest’anno e l’anno prossimo il nostro Paese dovrà pensare a un piano di rientro nei tetti. Secondo infatti il combinato disposto del regolamento Effort Sharing e del regolamento Governance, entro tre mesi dal progress report della Commissione Ue atteso dell’ottobre 2025 “se la Commissione riscontra che uno Stato membro non registra sufficienti progressi verso l’adempimento degli obblighi (…), tale Stato membro presenta alla Commissione, entro tre mesi, un piano d’azione correttivo”».