Avvenire, 5 aprile 2025
L’eterno commissariamento di San Luca
La settimana scorsa il governo ha deliberato lo scioglimento per condizionamento mafioso del Consiglio comunale di San Luca che però non c’è in quanto il Comune è commissariato da un anno per mancata presentazione di liste alle elezioni dell’8-9 giugno 2024. Non era mai successo. Una decisione che sembra contraddire la Commissione parlamentare antimafia che aveva annunciato l’intenzione di candidare alcuni propri membri. Si sarebbe dovuto tornare al voto prima dell’estate e invece San Luca sarà amministrata da tre commissari per altri due anni.
L’ennesima volta. Infatti dal 1993 ad oggi, solo tre dei sindaci eletti hanno potuto completare il loro mandato. Ben tre gli scioglimenti per mafia, nel 2000, nel 2013 e ora nel 2025. Per più di 5 anni, dal 2013 al 2019, il Comune è stato guidato da un commissario prefettizio, prima per lo scioglimento per condizionamento mafioso, poi nel 2015 per il non raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto al voto, e nel 2016, 2017 e 2018 perché nessuno aveva presentato liste. Finalmente nel 2019 ne vennero presentate due e vinse quella guidata da Bruno Bartolo, che però, a fine mandato, non si ricandidò. E nessun altro lo ha fatto, facendo così scattare il commissariamento.
Proprio per evitare l’ennesimo non voto e per stimolare politica e società locale e regionale, la Commissione parlamentare antimafia, appena un mese fa, approvando all’unanimità la relazione sulla missione svolta a San Luca il 19 e 20 giugno 2024 (relatrice la presidente Chiara Colosimo), aveva scritto che si dichiarava «disponibile a fornire spinta e testimonianza concreta a quelle comunità con la candidatura diretta, in quelle realtà, di propri membri. Sarebbe un segnale di notevole valore, che potrebbe incoraggiare, in loco, altri cittadini, altre forze, ad offrire il proprio contributo a servire quelle realtà».
Ora invece il governo fa calare la scure sul piccolo paese dell’Aspromonte, simbolo del potere ‘ndranghetista e del narcotraffico internazionale. Lo scorso 25 gennaio una vasta operazione della Dda di Reggio Calabria ha portato ai domiciliari per l’ex sindaco Bartolo e altri ex amministratori comunali. L’accusa è di aver «dimostrato di tradire sistematicamente» un territorio e di «supina accondiscendenza» nei confronti di ambienti criminali sia per quanto riguarda i parcheggi e l’area mercatale del Santuario della Madonna della Montagna di Polsi, sia per la gestione dell’impianto sportivo. Tutte accuse respinte dall’ex sindaco che, annunciando la decisione di non ricandidarsi, si era sfogato: «Non ho più la forza. Sono stati cinque anni tremendi per me. Certe istituzioni non mi hanno dato l’aiuto che dovevo avere. Certe criticità vanno aiutate non massacrate. In questi anni mi sono sentito molto solo, abbandonato». Dopo le “non elezioni” dell’8-9 giugno 2024 e il successivo commissariamento, il 24 giugno il prefetto di Reggio Calabria aveva inviato una commissione d’accesso. Sulla base del suo lavoro e sull’analisi del prefetto, il Cdm il 27 marzo ha deciso lo scioglimento e il commissariamento per 18 mesi, prorogabili di altri 6 (accade sempre). Come detto una decisione mai presa, da quando esiste la legge del 1991 sullo scioglimento dei comuni per mafia, per una cittadina senza Consiglio comunale. E oltretutto dopo l’annuncio della Commissione antimafia.