Avvenire, 5 aprile 2025
«Costi alti e tempi lunghi: irrazionale che si torni a produrre negli Usa»
«Ipotizzare che davvero le imprese tornino a produrre negli Usa? È un’idea priva di razionalità che Donald Trump aveva già provato a vendere in campagna elettorale, giustificandola con un aumento dell’occupazione. Improbabile che questo possa accadere e soprattutto che possa avvenire in tempi brevi: le catene di produzione globale del valore hanno richiesto svariati anni per essere costruite e richiederebbero altrettanto tempo per essere riportate negli Usa, anche quando ci fosse convenienza economica, il che è tutto da dimostrare». È netta l’analisi di Marco Lossani, docente di Economia politica all’Università Cattolica di Milano, secondo cui quello sui dazi da parte di Trump «non è uno strano disegno, ma una narrazione totalmente fuorviante e distante dalla realtà».
Non vedremo dunque più automobili made in Usa?
I produttori di auto hanno detto fin da subito che non hanno intenzione di aprire nuove fabbriche negli Stati Uniti, perché pur tenendo conto del dazio, che fa costare le auto importate di più, la produzione negli Usa avrebbe un costo multiplo rispetto a quello in Messico. Il costo del lavoro negli Usa è troppo alto.
I sindacati Usa, dunque, si illudono?
Si illudono i grandi sindacati, ma in generale buona parte dell’elettorato Usa che ha votato Trump fidandosi di annunci roboanti che supponevano scenari migliori. Le stime del Budget Lab di Yale vedono un forte impatto redistributivo di carattere regressivo, con le perdite relativamente maggiori per le fasce più debole della popolazione: si parla di cali di reddito pari a 1.000 dollari per persone non particolarmente ricche, che appartengono al secondo decile della distribuzione. Il costo per le famiglie più ricche appartenenti al decimo decile è superiore ai 4.500 dollari. Tutto questo non ha la minima ragionevolezza.
I mercati daranno a Trump la sveglia?
È un po’ la speranza di molti che i mercati facciano fare inversione di tendenza davanti a una tale quantità di incompetenza. Certo, il calo dei mercati non rappresenta comunque una buona notizia per gli stessi risparmiatori americani, che vedono crollare la loro ricchezza investita. Si rischia una crisi come quella del 2008: in quell’occasione il responsabile era il mercato con le sue distorsioni, in questo caso il mercato reagisce a choc che sono indotti politicamente.
Il criterio con cui sono state decise le soglie di dazi ha un senso?
No, si tratta di un’operazione priva di qualsiasi ragionevolezza economica. Intanto, non c’è alcun motivo per ritenere coerente con la teoria economica la questione dei dazi reciproci con Paesi con cui si registrano disavanzi commerciali, tanto più che gli americani da anni consumano più di quanto producono. È stato preso il disavanzo registrato con un Paese X e lo si è rapportato alle merci importate da quel paese, dividendo a quel punto per due e decidendo così il cosiddetto livello di dazio reciproco. Cosa voglia dire questo nessuno lo sa. È un criterio che potrebbe adottare ChatGPT.
Le imprese ridurranno i loro margini o saliranno solo i prezzi?
Dipende dal settore in cui le imprese agiscono. Ferrari, per fare un esempio, ha già rivisto i listini al rialzo perché chiaramente è posizionata in un segmento di mercato in cui prezzi non contano. Tutte le imprese di quel tipo hanno margine per scaricare sui prezzi dai loro praticato quasi tutto il dazio, le altre imprese no. In quest’ultimo caso entra in gioco il giudizio di qualsiasi imprenditore, partendo dal cercare di capire se questi provvedimenti saranno temporanei o permanenti. Se si pensa che i dazi siano temporanei, i prezzi non saranno rivisti e l’impresa assorbirà la tariffa nei suoi margini per evitare di perdere quote di mercato negli Usa, viceversa dovrà aumentare i prezzi. Poi c’è anche da considerare l’effetto dei dazi sul cambio, con il dollaro si indebolisce aggiungendo un ulteriore elemento di criticità.
È favorevole o contrario a una “rappresaglia” europea?
Ci sarebbe bisogno dello psicologo, a seconda che si interpreti l’atteggiamento di Trump in un modo o nell’altro. Se si considera la mossa del presidente Usa come quella di un giocatore d’azzardo, allora si potrebbe ipotizzare che anche l’Ue giochi d’azzardo mostrando i muscoli per evidenziare pari forza contrattuale. Se si pensa che Trump abbia invece una più ampia chiara strategia, allora probabilmente si potrebbe ricorrere a un atteggiamento meno muscolare e scendere a più miti consigli di negoziato.