lastampa.it, 4 aprile 2025
Addio Italia, i rifugiati di guerra ucraini tornano in patria
Nonostante la popolazione ucraina continui a soffrire le conseguenze pesantissime della guerra, i dati dicono che il numero di quanti arrivano in Italia in cerca d’aiuto è inferiore a quello dei rifugiati che scelgono di tornare in patria. È un flusso continuo in entrambe le direzioni di cui è difficile tenere il conto, ma secondo l’Associazione culturale cristiana italo-ucraina, che ha il polso dei movimenti, a fronte di circa 3mila persone che ogni mese approdano nel nostro Paese ce ne sono 4mila che compiono il percorso inverso.
La cifra ufficiale di 170mila rifugiati presenti attualmente in Italia sarebbe dunque sovrastimata: «Il 90 per cento dei profughi dall’Ucraina transita attraverso la nostra associazione – premette il presidente e fondatore Mario Tronca -. Secondo i nostri calcoli, il 30 per cento di loro sono tornati nel loro Paese, in particolare nella parte occidentale, quella meno toccata dal conflitto. Lo fanno nella speranza che la situazione sia migliorata, ma anche perché ormai si sono abituati all’idea della guerra».
Donne e bambini
Si tratta per la maggior parte di donne e bambini provenienti dalle zone vicine al fronte, dal momento che gli uomini fra i 25 e i 60 anni non possono lasciare l’Ucraina per obblighi militari. C’è anche qualcuno che riesce a disertare dopo due anni di guerra, o giovani che cercano scampo alla leva obbligatoria, ma sono casi più rari.
L’associazione riesce ad avere un’idea abbastanza precisa dei flussi da e per l’Italia (ma non solo) perché fornisce assistenza per la documentazione a una settantina di vettori sui 90 attivi sulle linee fra i due Paesi: «Secondo la nostra stima oltre 100mila persone entrano in Europa ogni mese sfuggendo a ogni controllo, e parte di loro arriva in Italia con il passaporto». Quanto alle fonti di sostentamento, a meno che non abbiano trovato un lavoro, le madri e i bambini «vengono mantenute con gli stipendi da soldato dei mariti al fronte, circa 3mila euro».
Il lavoro dei rifugiati
Il genere di impiego che riescono a trovare qui, invece, va dal lavoro domestico alle pulizie, spesso nelle attività alberghiere, oppure, qualora parlino inglese, nei negozi, come commesse. Le difficoltà burocratiche ovviamente non mancano: «Arrivano qui con la loro moneta che non è convertibile – dice Tronca -. Comincia allora la procedura per ottenere il permesso di soggiorno che non arriva prima di tre mesi, quando invece, in Inghilterra e in Germania, sussidio e permesso sono pronti in un giorno e in altri Paesi europei in una settimana». Il termine per rinnovare il permesso ai rifugiati che ne sono già in possesso è stato prorogato all’aprile dell’anno prossimo.