La Stampa, 4 aprile 2025
"I ragazzi sono vittime dell’oppressione social Dobbiamo tenerli lontano dall’algoritmo
J-Ax, milanese doc, ama il lago Maggiore e spesso frequenta Stresa o Verbania, «luoghi che mi mettono d’accordo con i colori e mi distolgono dal grigio di Milano. Vengo qui da prima che questo posto fosse cool e lo scoprissero gli americani. Mi sono sempre trovato come a casa, la gente è simpatica ed è importante stare qui e essere circondato da questi colori». Proprio a Verbania ieri il rapper era ospite speciale di «La Stampa con Voi». In un teatro Maggiore pieno di ragazzi, genitori, proprio in questi giorni in cui tiene banco il dibattito innescato dalla serie tv Adolescence che mette di fronte a un interrogativo: conosciamo veramente i nostri figli e chi siamo noi per loro?
Lei l’ha vista? Nicolas, suo figlio, ha solo 8 anni ed è ancora piccolo, ma lei si è posto il problema?
«Sì l’ho vista e dico subito che non mi sono identificato nel papà del protagonista. Non mi sento un tramite fra la mia generazione e i ragazzi, non ho la password dei loro cervelli. Magari riesco a comunicare agli adolescenti e ai preadolescenti nel giusto modo ma penso che il focus di Adolescence sia l’oppressione che i social stanno operando sui ragazzi. Siamo tutti vittime di un bullismo digitale dilagante. Credo che la politica stia permettendo ai padroni dei social di basare il loro business sull’aggressività, con contenuti che facciano arrabbiare le persone. In America lo chiamano “rage posting”. Siamo arrivati al punto per cui non sappiamo nemmeno se quelli che postano cose per farci arrabbiare lo pensino davvero o solo per scaldare l’algoritmo che favorisce la loro visibilità. I padroni dei social guadagnano sulla nostra presunta rabbia».
Una soluzione possibile?
«La dovrebbe dare la politica, così come esiste la Commissione di Vigilanza Rai perché non istituiscono una Commissione di Vigilanza Social? Il nostro compito di genitori è tenere il più lontani possibile i nostri figli dai social o almeno far capire loro che chi li sta influenzando, indirizzando, facendo arrabbiare, incuriosendo è un signore che si chiama algoritmo e non ha nulla di buono se non far guadagnare chi lo ha messo in rete. Con mia moglie c’è molto dibattito su questo, litighiamo sul “tempo social” che dovremmo concedere a Nicolas».
I Negrita e i Baustelle cantano l’attualità e sono polemici con la povertà di contenuti di molti pezzi di oggi. Lei è d’accordo?
«Hanno ragione i Negrita e i Baustelle, condivido le loro posizioni. Gli artisti, non volendo perdere fette di pubblico, non si schierano a destra perché perderebbero i fan che la pensano diversamente e viceversa. Io non sono così, ho fatto venire sul mio palco Elli Schlein perché mi ritrovo in quel che dice e non ho nessun problema a dimostrarlo. Se tu sei fan delle mie canzoni lo dovresti essere a prescindere dalle idee politiche. In tanti hanno una paura folle di schierarsi e questa è una brutta realtà».
Lei è uno degli artisti più vicini alla tecnologia. Cosa pensa dell’AI?
«Tutta questa paura nell’AI non ce l’ho, mi sono diplomato in informatica e sono certo che ci vorrà del tempo prima che prenda il posto dell’uomo. L’unica cosa che può fare in questo momento è generare tutta una serie di cose molto velocemente, ma che sarò io a scegliere. L’uomo sceglierà ciò che farà l’AI, ma non penso che il problema sia nell’AI in sè. Il problema saranno gli uomini che la gestiranno. Direi che non dobbiamo averne paura».
Fausto Cogliati è stato un suo produttore storico ed è scomparso da poco. Lei ha avuto bisogno di mesi per elaborare il lutto perché vi volevate molto bene. È vero che sta mettendo delle parole sulle musiche che lui le ha lasciato su uno scaffale del suo studio?
«Ci ho messo dei mesi per riprendermi perché sono stato il primo che ha saputo la notizia. Settimane dopo il funerale io e suo figlio siamo andati nel suo studio per mettere a posto delle cose e abbiamo trovato una cartella con scritto: Ax. Ho avuto un brivido e mi è venuto un fiume di parole che sto scrivendo per ridere in faccia ai guai e a una vita carogna. Glielo devo».