il Fatto Quotidiano, 4 aprile 2025
Sicurezza, obiezioni del Quirinale: il ddl diventa decreto
L’iter del ddl Sicurezza va per le lunghe? Il governo lo trasforma in decreto. Oggi in Consiglio dei ministri sarà approvato un decreto legge che assorbe buona parte del contestatissimo provvedimento, tornato dal Senato alla Camera – dov’è stato approvato a settembre – per un problema di coperture finanziarie. L’operazione servirà anche a sbloccare uno stallo politico interno alla maggioranza, modificando i due contenuti del testo finiti nel mirino del Quirinale: la possibilità di tenere in carcere le detenute madri di figli piccoli (eliminando l’obbligo di differimento pena) e il divieto ai migranti irregolari di acquistare sim telefoniche. Fratelli d’Italia e Forza Italia sarebbero stati disponibili a rivedere questi punti: a impuntarsi però è stata la Lega di Matteo Salvini, che del ddl ha fatto una bandiera (“Non si tocca”, è la linea del partito) e voleva evitare a tutti i costi ritardi nell’approvazione.
Ora l’inciampo sulle coperture ha paradossalmente risolto il nodo: senza più il problema dei tempi, il Carroccio accetterà le modifiche e in cambio avrà l’inserimento di un’altra norma a cui tiene particolarmente insieme a FdI, il cosiddetto “scudo penale” per le forze dell’ordine. Si tratta di una misura per evitare che gli agenti finiscano automaticamente indagati per omicidio o lesioni quando sparano in situazioni di potenziale legittima difesa. Del progetto si era parlato moltissimo a gennaio, sull’onda del caso di Villa Verucchio (Rimini), dove un carabiniere uccise un cittadino egiziano che aveva appena accoltellato quattro persone. L’intervento – studiato in questi mesi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano – sarà realizzato modificando gli articoli del Codice penale sulle cosiddette scriminanti, cioè le condizioni, come la legittima difesa, che rendono un reato non punibile: in sostanza, per verificare l’esistenza di una di queste condizioni non sarà più necessario iscrivere l’agente di turno nel registro degli indagati come “atto dovuto”. Allo stesso tempo, però, questi conserveranno le garanzie degli indagati, in primis la possibilità di nominare un consulente. La norma, almeno in teoria, non sarà applicabile solo alle divise (il che l’avrebbe esposta a rischi di incostituzionalità), ma a tutti i cittadini, e potrebbe venire in gioco in particolare nelle indagini nei confronti dei medici.
L’accordo è stato chiuso la scorsa settimana in un incontro tra il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti, e i capigruppo di maggioranza Galeazzo Bignami e Lucio Malan (FdI) e Maurizio Gasparri (Forza Italia). Ieri però tra il centrodestra e il Colle si è sfiorata la crisi diplomatica, a causa di una delle uscite da guastatore del vicesegretario leghista Andrea Crippa: “Io credo che debba essere la politica a fare le leggi, poi se dal Colle ci rimandano indietro i testi ne prendiamo atto. Noi però eravamo più d’accordo col testo originale, non col testo edulcorato da Mattarella”, ha detto all’agenzia LaPresse. Parole vissute con parecchio fastidio al Quirinale, tanto che in serata il Carroccio ha dovuto smentire con una nota il suo stesso numero due: “Il decreto sicurezza che approderà in Consiglio dei ministri è il provvedimento atteso, che serve all’Italia e che soddisfa pienamente la Lega”.