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 2025  aprile 04 Venerdì calendario

“Vendi o ti scaverai la fossa”: la camorra prende Alghero

La foto di una spiaggia e due righe a margine: “Scegliti il punto dove scavarti la fossa”. Destinataria della lettera la titolare di un chiosco ristorante sul litorale di Alghero, la capitale del turismo sardo, 42 mila abitanti che d’estate diventano il triplo. Mittente ignoto, probabilmente legato alle proposte d’acquisto a cifre da capogiro che l’imprenditrice continua a respingere. È storia di questi giorni, ma era luglio del 2013 quando due magistrati antimafia, Claudio Lo Curto e Mariano Brianda, lanciarono l’allarme in un’intervista al la Nuova Sardegna: “Con l’arrivo dei detenuti di camorra al 41-bis del nuovo carcere di Bancali si trasferiranno nell’area di Sassari decine di famiglie campane legate alla criminalità organizzata, le conseguenze sono facili da immaginare”. Mai previsione fu più azzeccata: oltre che villette e appartamenti, ad Alghero sono 52 i locali commerciali fra ristoranti, pizzerie, bar e rivendite di gadget passati nel corso degli anni, attraverso compravendite formalmente legali, a persone che fanno capo in prevalenza alle famiglie Madonna e Cinque, da anni al centro della cronaca nera e giudiziaria, o comunque a qualcuno degli 85 detenuti di camorra ospitati nel carcere sassarese.
Nella suggestiva piazza Civica, dove il re di Spagna Carlo V s’affacciò alla finestra di Palazzo d’Albis per promuovere i cittadini algheresi “todos caballeros”, i cavalieri sono rimasti in pochi: la gran parte dei commercianti viene da Napoli e da Torre del Greco. La colonizzazione è avvenuta sotto traccia: tutti sanno, nessuno protesta e alcuni ne traggono vantaggio. Ora, fra automobili bruciate, lettere e telefonate a sfondo minatorio, un sentimento a metà fra la preoccupazione e la paura, comincia ad affiorare sulla superficie dell’indifferenza. Nella cittadina catalana, dove girano molti soldi e molti debiti, l’aria si è fatta pesante. La città perde pezzi nel silenzio imbarazzante dei media locali e persino del sindaco Raimondo Cacciotto, lista civica di centrosinistra, sorridente davanti alle domande del cronista: “Locali del centro venduti? Infiltrazioni della camorra? Mai sentito niente, non mi risulta”.
Negare davanti a una realtà conclamata suona come il riconoscimento implicito di quanto sta avvenendo ad Alghero sotto gli occhi di tutti, è un sintomo di codardia istituzionale che non aiuta i pochi decisi a denunciare: “Il timore è palpabile – conferma amaramente Paolo Bellotti, un operatore socio-culturale e scrittore che da decenni vive sul fronte dell’antimafia – ma negare non serve. Finora non è successo quasi nulla, perché la regola della criminalità organizzata è sempre la stessa, dove si investe denaro niente violenza. I nuovi arrivati lavorano e fanno lavorare. Il futuro? Non sono ottimista”.
Mentre Cacciotto si volta dall’altra parte, in un convegno sulla vita di Peppino Impastato a pochi metri di distanza dal municipio è Elias Vacca, avvocato algherese ed ex parlamentare comunista, a chiedere impegno: “La mafia dobbiamo avere paura di sottovalutarla – insiste parlando al fianco del fratello di Impastato – e Alghero sembra uno di quei luoghi in cui le mafie possono avanzare in silenzio e nel silenzio. Sappiamo tutti di acquisizioni sospette di società, di prestanome… forse sarebbe ora di svegliarsi”. Qualcosa sul fronte giudiziario si è mosso: la Guardia di finanza e i carabinieri indagano per conto della Dda di Cagliari. Sulle scrivanie dei sostituti procuratori Gaetano Porcu e Danilo Tronci sono piovuti atti investigativi che riguardano i patrimoni delle famiglie campane coinvolte, collegamenti fra i detenuti e i nuovi cittadini di Alghero, i documenti delle compravendite concluse sulla base di cifre quasi sempre fuori mercato.
I segnali sono quelli che conducono al riciclaggio: “La tecnica è semplice – spiega un imprenditore turistico, anonimo perché teme ritorsioni – arriva una telefonata, a volte da prestanome di Alghero. L’offerta economica è generosa, segno che la disponibilità a monte è illimitata. In tempi di crisi c’è chi accetta, contando anche sull’assunzione di uno o più familiari nella nuova gestione dell’attività commerciale. Quando l’interlocutore incassa un “no” raramente finisce lì, le proposte continuano ad arrivare e il tono dei colloqui s’inasprisce”. L’obiettivo del 2025 sono le concessioni balneari, i chioschi sulla spiaggia che legge alla mano dovrebbero tornare nel gioco delle gare pubbliche già quest’anno: “Offrono montagne di soldi anche per concessioni in scadenza – avverte l’imprenditore – segno che possono contare su corsie preferenziali”. Ad Alghero si racconta a mezza voce che la Guardia di finanza abbia messo il naso sull’ultima disputa a sfondo opaco: Mariano Mariani, il direttore del Parco di Porto Conte, condannato di recente dalla Corte dei Conti a pagare 915 mila euro alla Regione per aver finanziato attraverso Sardegna Promozione un inutile film su un canale secondario di Mediaset, ha ordinato di sloggiare a tutti i titolari delle concessioni balneari. Il Comune e la presidenza del Parco dissentono, soprattutto quando mancano due mesi all’avvio della stagione turistica.
Ma a chi fanno gola quelle superfici sulla spiaggia e perché Mariani le vorrebbe libere in poche settimane? Una risposta a questa domanda potrebbe aprire un fronte d’indagine dalle prospettive imprevedibili.