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 2025  aprile 03 Giovedì calendario

Uccidere la Chiesa per fare l’Italia Così Pio IX smascherò la massoneria

Pubblichiamo qui di seguito la Postfazione al volume Risorgimento. Una guerra alla Chiesa in nome dell’Italia? (280 pagine, Cantagalli scritto da Angela Pellicciari, storica del Risorgimento e dei rapporti fra papato e massoneria.

Ernest Renan, lo storico positivista che riscrive («Scientificamente» la Vita di Gesù, nel 1849, a seguito del suo Viaggio in Italia, scrive: «Ho visto Roma, la Roma santa, e l’ho vista la vigilia del giorno nel quale dovrà sparire. Poiché la Roma cristiana non sarà presto più, a sua volta, che un ricordo. Essa ha consumato i suoi due destini: non è più che rovina sopra rovina. Sì, il mio dolore è sincero quando penso che i suoi giorni sono contati (…) che le sue 300 chiese, che i suoi monasteri non hanno altro avvenire che quello di diventare caserme, prigioni o manifatture; che quelle campane, il cui dolce canto non cessa né giorno   né notte, saranno fuse in baiocchi». Questo viaggiatore internazionale che viene con falsa mestizia a contemplare l’ineludibile destino della Roma cattolica, decretato all’unanimità dalle potenze protestanti e liberali, pronuncia un verdetto terribile: Roma dovrà sparire. La profezia di Renan non si è attuata. Perlomeno fino a qualche decennio fa. Ed è stato davvero un miracolo perché tutto era pronto perché della Chiesa cattolica romana non restasse traccia. Sarebbe successo da noi come quando, all’epoca dell’islam, terre di antica romanità e cristianità hanno perso ogni traccia del proprio passato. O come quando, all’indomani delle grandi riforme «religiose», intere nazioni europee hanno iniziato a nutrire odio e disprezzo verso Roma, quella Roma che, con l’evangelizzazione e la romanizzazione delle popolazioni barbariche, è alla radice della loro storia civile. D’altronde la storiografia, praticamente tutta la storiografia, quella cattolica compresa, ha fatto in modo che nessuno si ricordasse più dei fatti e restasse solo il mito. In Valdesi e massoneria Augusto Comba descrive bene questo aspetto: «Va detto che, dopo aver contribuito con la partecipazione attiva dei suoi uomini, primo fra tutti Garibaldi, al Risorgimento come realtà, dagli anni 1880 in poi la massoneria contribuì a costruirne il mito, quel mito che è simboleggiato dal tricolore. E ciò non solo con i discorsi di Crispi, le poesie di Carducci e Pascoli, i racconti di De Amicis, le statue di Ettore Ferrari, ma anche localmente la toponomastica, la museografia, la monetazione ecc... Insomma, i minuti accorgimenti che quel mito hanno stampato durevolmente nella mente degli italiani». Bisogna constatare che tutte le migliori fonti storiche sul Risorgimento sono scomparse dal panorama librario, a cominciare da quella che ritengo la migliore, le Memorie per la storia dei nostri tempi di don Giacomo Margotti. Si tratta di 2.282 pagine fittissime di straordinario interesse documentario: si va dalla riproduzione di 39 circolari ministeriali riguardanti la condotta del Regno di Sardegna nei confronti della Chiesa negli anni che vanno dal l848 al 1863 – reperite, come specifica Margotti, non senza grande fatica –, all’elenco delle più di 100 diocesi lasciate senza vescovo, alla pubblicazione di dati statistici ed economici relativi al   regno sardo confrontati con quelli degli altri Stati italiani ed europei, alla condotta spietata e senza onore dell’esercito subalpino, a un ironico quanto concreto e puntuale ritratto dei protagonisti del Risorgimento e dei principali leader europei dell’epoca, alla riproduzione di circolari e documenti massonici. Prima che riuscissi a curarne la ristampa anastatica, a Roma ne esisteva una sola copia alla biblioteca di storia moderna e contemporanea di palazzo Caetani. Sul fronte opposto, la stessa sorte è capitata ad una dettagliata biografia di Giuseppe Garibaldi curata da Augusto Vecchi (La vita e le gesta di Giuseppe Garibaldi, Zanichelli 1882, prefazione d Giosuè Carducci). L’unica copia che esiste a Roma è anch’essa alla biblioteca di palazzo Caetani ma dei tre volumi dell’opera manca il secondo, quello in cui si parla di Garibaldi commerciante di schiavi. Quanto alle tante encicliche di Pio IX che chiamo «Storiche» perché, mosse dal desiderio che i cattolici di tutto il mondo conoscano la verità, raccontano fatti e pubblicano documenti, nessuno ne conosce resistenza. Fonte autorevolissima per il ruolo ricoperto e per essere stato diretto testimone e vittima della morale risorgimentale, la voce di Pio IX è cancellata: come dare credito a un Papa che condanna la libertà? Se la storiografia è stata muta, lo   stesso non si può dire della letteratura. Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo e De Roberto ne I viceré, nelle pieghe delle loro storie, raccontano le concrete dinamiche che caratterizzano la liberazione dell’Italia dal suo passato. Per non parlare di Pirandello che descrive in termini drammatici l’impresa dei Mille nella novella L’altro figlio, portata sulla scena dai fratelli Taviani nel film Caos. «Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano»: Pio IX ha fatto alla lettera la volontà di Dio. Sempre, dall’inizio del lunghissimo calvario del pontificato fino alla fine, Pio IX ha messo in pratica l’impossibile comando di Gesù.   Lo stile cli Pio IX è la carità. Appena eletto Papa, decide un’amnistia che estende ai reati politici: un vero e proprio suicidio dal punto cli vista del potere temporale. Carbonari e massoni possono uscire dal carcere con una semplice dichiarazione che li impegna a interrompere la loro cospirazione contro lo Stato. Quando, nel 1848, due anni dopo l’amnistia, a Roma scoppia una violenta rivoluzione, il Papa scrive: «Quanto a quei nostri sudditi che hanno abusato dei nostri medesimi benefici, noi, dietro l’esempio del Principe dei pastori, perdoniamo loro di cuore e con tutto l’affetto li richiamiamo a miglior consiglio e supplichiamo il Padre delle misericordie che allontani clemente dal loro capo i flagelli meritati dagl’ingrati». Il Pontefice non dimentica di chi è vicario: «Noi certamente, benché immeritevoli, facendo qui in terra le veci di Colui che “mentre era maledetto non malediceva, mentre soffriva non minacciava”, sopportammo con ogni pazienza e in silenzio i più amari oltraggi e non tralasciammo mai di pregare per i nostri calunniatori e persecutori». Papa Mastai considera un privilegio la possibilità che gli è offerta di somigliare a Cristo: «Rendiamo grazie infinite a Dio per averci fatti degni cli soffrire le ingiurie pel nome di Gesù ed esser fatti in parte conformi all’immagine della sua passione, siamo pronti nella fede [... ] a soffrire i più acerbi travagli e pene e a dare per la Chiesa perfino la nostra vita, se col nostro sangue ci fosse dato di riparare alle calamità della Chiesa». Così scrive all’inizio del pontificato e cosi ribadisce fino alla fine: «Riconosciamo una più ammirabile benevolenza divina verso di noi, quando vediamo che in questo tempo noi siamo stati considerati degni di patire persecuzione per la giustizia». Pio IX e i cattolici italiani rispondono col perdono e la preghiera a quanti fanno violenza contro la Chiesa che proclamano di difendere: «Queste cose si fanno da coloro che si dicono cattolici e cultori e veneratori della suprema spirituale potestà ed autorità del Romano Pontefice». Ciò non significa venire a patti con la menzogna. Papa Mastai-Ferrettinon smette di denunciare l’impostura: «Non senza, però, alzare pubblicamente la voce
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