Corriere della Sera, 3 aprile 2025
Anche sul mare Trump fa il cinese
Nel tourbillon di dazi, dichiarazioni, minacce non velate, mezzo mondo (forse intero) si domanda dove Donald Trump voglia arrivare. Non facile da capire. Una logica, però, la si può intuire in certe politiche di Washington poco propagandate. Alla loro base c’è la sfida con la Cina. Il caso più chiaro è la decisione del presidente, appoggiata dai repubblicani e da parecchi democratici, di ricostruire la potenza navale americana. Militare e mercantile.
Negli Anni Ottanta, il presidente Ronald Reagan aumentò il numero di navi militari di 71 unità, a 592 nel 1989, ma separò chiaramente il programma della Difesa da quello civile. È un’impostazione che Pechino non ha seguito e ora anche Trump la abbandona: intende finanziare un grande rilancio dei cantieri navali del Paese non importa se lavorano per il commercio o per la US Navy. Fino a 40 anni fa, i cantieri erano per lo più nei Paesi europei, poi, via via, si sono imposti quelli asiatici.
L’anno scorso, il 70% delle nuove navi commerciali è stato realizzato in Cina, il 17% in Corea del Sud, il 5% in Giappone. Il risultato è che le navi mercantili statunitensi che oggi solcano gli oceani sono meno di duecento, quelle cinesi quasi 5.500. In sé, potrebbe non essere un problema, per Washington: non importa la nazionalità della portacontainer che scarica le merci.
Il timore del governo Usa, però, è che, in un eventuale conflitto con la Cina, Pechino possa bloccare il traffico verso gli Stati Uniti: anche i rifornimenti militari delle forze americane sarebbero vulnerabili. Oltre a questo, la flotta cinese ha ora un numero maggiore di navi da guerra di quella americana. Washington è dunque in gran movimento. In discussione al Congresso c’è lo Ships for America Act che ha l’obiettivo di incentivare lo shipbuilding.
Trump ha poi annunciato la creazione di un Ufficio alla Casa Bianca che offrirà incentivi a nuovi cantieri, «per riportare questo settore a casa in America». In più, ha annunciato una tassa su ogni nave commerciale cinese che arriva in un porto americano, qualcosa che potrebbe aggiungere 20 miliardi all’anno ai costi di trasporto ma, a suo avviso, colpirebbe il dominio cinese nel settore. In sostanza, Trump intende fare ciò che ha fatto la Cina nei decenni scorsi: sussidiare massicciamente la flotta, commerciale o militare che sia. Sfida Pechino ma fa come Pechino.