corriere.it, 3 aprile 2025
Vietnam, il tradimento di Trump: perché è il paese più colpito dai dazi (dove Nike produce la metà delle sue scarpe)
Non è sfuggito a Hanoi il simbolismo dell’annuncio lanciato da Donald Trump nella serata europea di mercoledì 2 aprile, il «Liberation Day» nella propaganda trumpiana e il giorno del vero inizio della guerra commerciale per tutto il resto del mondo: il Vietnam, teatro della più lunga e devastante guerra americana dal 1945, è il Paese più colpito dai nuovi dazi «reciproci».
In realtà l’economia contro la quale gli Stati Uniti hanno alzato le barriere più alte resta la Cina, rivale strategico di questi decenni contro il quale la somma delle protezioni doganali introdotte nelle ultime sette settimane arriva al 56% (un livello simile ai dazi dello Smoot-Hawley Act del 1930). Ma il Vietnam è il Paese più colpito dalle ultime misure, con l’accusa (indimostrata) della Casa Bianca di porre contro gli Stati Uniti tariffe al 90% e la scelta di mettere una tassa al 46% su tutti i prodotti vietnamiti che entrano nei confini.
Nike produce in Vietnam il 50% delle sue scarpe
Non sarà senza conseguenze, in primo luogo per alcune iconiche aziende a stelle e strisce. Nike produce in Vietnam il 50% delle sue scarpe e il 28% del suo abbigliamento sportivo (secondo l’agenzia Reuters) e mercoledì sera è crollata in borsa a New York dell’8,8%. Peraltro anche marchi come la tedesca Adidas (38% delle scarpe e 18% dell’abbigliamento) o l’italiana Geox hanno scelto ormai da decenni proprio il Paese dell’Asia del Sud-Est come propria base produttiva. Le fabbriche funzionano a pieni giri da così tanto tempo che la manodopera vietnamita ha sviluppato una specifica competenza sulle scarpe sportive non rapidamente riproducibile altrove.
Le bombe e le ferita della guerra
Ma non è solo un problema industriale. Meno di due generazioni fa, il Vietnam ha subito da solo più bombardamenti da parte degli Stati Uniti di quelli che hanno preso di mira l’intera Europa durante la seconda guerra mondiale. È ancora viva, in parte attiva e al potere la generazione dei combattenti e lo è anche quella di coloro che hanno subito danni biologici immani dall’«agente arancio», una sostanza chimica nelle bombe americane volta a distruggere le foreste ed eliminare la copertura dei Vietcong durante la guerra.
Le ferite inferte da Trump al Vietnam: anche i tagli all’agenzia UsAid
Peraltro i dazi non sono il primo colpo al Vietnam, da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. I tagli all’agenzia UsAid hanno bloccato lo sminamento delle campagne, anch’esso un prodotto della guerra terminata nel 1975. E la stampa vietnamita, sotto lo stretto controllo del partito comunista al potere, non fa che parlare dei connazionali deportati dagli Stati Uniti con le politiche anti-immigrazione di Trump.
L’abbraccio della Cina di Xi al nuovo Vietnam
La nuova tigre asiatica, con quasi 100 milioni di abitanti e un’età media di poco più di trent’anni, aveva un culto per l’America di Ronald Reagan e poi Bill Clinton: il primo tolse ogni embargo dal Vietnam nella seconda metà degli anni ‘80, il secondo ne aiutò l’integrazione nell’economia mondiale. L’America di Trump invece rischia di rimandare il governo (e l’esercito) di Hanoi là dove le nuove generazioni di vietnamiti, capitalisti e filo occidentali, non vorrebbero trovarsi: fra le braccia della Cina di Xi Jinping.