La Repubblica, 3 aprile 2025
Il miraggio verde tutte le ombre dell’affare biomasse
Un complesso industriale di dimensione inconspicua, a poco più di un chilometro dalla costa. Passerebbe quasi inosservato, se non fosse per le cataste di legno in scaglie che svettano sui terreni vicini. Sono depositi di cippato, alimentano un sistema di caldaie che produce energia elettrica per una centrale a biomasse che si definisce una delle più grandi realtà europee nel settore. Il complesso è alle porte di Strongoli (Crotone). La società che lo gestisce, Biomasse Italia, dal 2017 è stata acquisita da Energetický a pr?myslový holding (Eph), il gruppo energetico ceco più grande dell’Europa centrale.
A una dozzina di chilometri a sud della centrale, il gruppo Eph possiede anche un altro impianto a biomasse gestito da Biomasse Crotone. Le operazioni di Eph del crotonese, come nelle altre centrali a biomasse del gruppo ceco in Europa, sono sostenute dall’Ue che considera l’energia prodotta dalla combustione del legno «a impatto climatico neutro», sull’assunto che il carbonio rilasciato sarà riassorbito durante la crescita degli alberi. Ma i dati dicono che bruciare legno per produrre energia emette più gas serra del carbone e gli impianti di Eph sembrano prendere più di ciò che danno.
Eph dichiara di voler diventare «leader nella trasformazione energetica», ma il miliardario ceco Daniel K?etínský che lo possiede ha costruito un patrimonio di oltre nove miliardi di dollari investendo in miniere di carbone e centrali a gas mentre le sue operazioni a biomasse sparse per l’Europa beneficiano di milioni di euro di sussidi per l’energia pulita. Come a Strongoli, nelle comunità intorno a queste centrali a biomasse in Europa, ci si domanda il senso di considerare la combustione del legno a zero emissioni; alla fine, gli alberi impiegherebbero decenni per riassorbire il carbonio rilasciato. Per un po’, molti sperarono in un cambiamento grazie alla revisione della Direttiva europea. Invece, l’Ue ha continuato a considerare il settore alla stregua dell’eolico e del solare.
È difficile indagare la provenienza del legno bruciato da Eph. Dai registri doganali stimiamo che nel 2023 siano arrivate al porto di Crotone oltre 140mila tonnellate di cippato da fuori regione, pari a quasi il 30 per cento dell’approvvigionamento di Biomasse Italia e Crotone dell’anno. Le due società dichiarano di utilizzare fino a 400mila tonnellate l’anno di legno di scarto. Ma nei rendiconti finanziari, la maggior parte del combustibile è definita come legno vergine. Un termine vago a indicare che «non è stato ancora utilizzato e, generalmente, viene da foreste», specifica Almuth Ernsting, ricercatrice presso Biofuelwatch. Ma una cosa è certa: «Non può essere legno di scarto».
Intanto, le nostre indagini rivelano che nella centrale di Eph a Lynemouth, nel Regno Unito, nel 2023-24 si è bruciato pino a lunga foglia, una specie protetta. Nell’impianto francese di Eph a Gardanne, invece, circa il 30% dell’approvvigionamento veniva da aree protette.
Le filiali italiane di Eph non hanno risposto alle nostre domande in tempo per la pubblicazione di questo articolo.
In media, tra il 20% e il 30% dei ricavi degli impianti a biomassa italiani di Eph provengono da sussidi pubblici. Nel 2022, hanno ricevuto oltre 61 milioni di euro in sussidi dal Gestore dei servizi energetici (Gse), incentivi pagati in bolletta da tutti gli utenti italiani. Nello stesso anno, Eph ha estratto fondi per oltre 62 milioni da queste società sotto forma di dividendi per pagare i suoi azionisti. Abbiamo mandato dozzine di richieste di accesso agli atti per verificarne la filiera, tenendo conto dei requisiti ambientali necessari per accedere ai sussidi. Molti enti pubblici hanno dichiarato di non essere in possesso della documentazione richiesta o che la questione non era di loro competenza. Il Gse non ha risposto entro i termini legali.
Mentre il ministero dell’Ambiente ha dichiarato di non essere in possesso delle certificazioni di origine o delle liste di fornitori, l’Ispra ha ammesso di aver conferito a Biomasse Crotone la certificazione Emas, uno strumento volontario per «fornire al pubblico (…) informazioni sulla propria gestione ambientale», sulla base di un attestato preparato da un organismo privato di certificazione. L’Ispra, quindi, non avrebbe mai visionato i dettagli del rapporto.
La poca trasparenza rende difficile chiedere conto alle società di un settore dalla tracciabilità pubblica limitata. Eppure, negli anni, la filiera delle biomasse ha collezionato vari precedenti legati a infiltrazioni mafiose. Nelle indagini della procura di Catanzaro del 2022, si delinea «un sistema ben collaudato», spiega l’ex pm di Catanzaro Domenico Guarascio, ora a Crotone.
Le indagini denunciarono un sistema di falsificazione della filiera, con smaltimento illecito di rifiuti negli impianti a biomasse del crotonese, tra cui le centrali di Strongoli e Crotone. Un «oligopolio di ditte e aziende», spiega il pm, anche intestate a esponenti della criminalità organizzata.
Nonostante gli sforzi della procura, la confusa catena di responsabilità all’interno di un sistema di controlli pubblici carente non permise, in certi casi, «l’individuazione di precise responsabilità penali», denuncia Guarascio. Mancano, infatti, controlli e procedure volte a definire le responsabilità all’interno di una filiera complessa in cui subentrano numerose aziende e società. E «quando c’è una moltiplicazione di responsabilità, di fatto, non ce n’è mai una», conclude Guarascio.