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 2025  aprile 03 Giovedì calendario

“Vi racconto mio papà Simenon. Il miglior Maigret è Depardieu”

Simenon secondo Simenon. Ovvero Georges raccontato da John, il secondo figlio, primo del secondo matrimonio con Denyse Ouimet. Pretesto: la presentazione a Milano della grande mostra Georges Simenon. Otto viaggi di un romanziere, che apre il 10 aprile alla Galleria Modernissimo di Bologna e che si annuncia come una vera scorpacciata simenoniana, imperdibile per noi insaziabili di Maigret (e non solo): 1300 metri quadrati, 856 documenti, 40 filmati e 900 fotografie, comprese molte poco o per nulla note dagli archivi di famiglia, curatori lo stesso John e Gian Luca Farinelli della Cineteca di Bologna, con il supporto di Adelphi che è l’editore italiano di Simenon. E qui, sorpresa: «È l’Italia il Paese dove ci sono pù lettori di Simenon di tutti – racconta il figlio -. Infatti si fa in Italia questa mostra che ho provato invano a realizzare a Liegi (dove papà era nato nel 1903, e da dove giudiziosamente se ne andò appena ci riuscì, ndr) per sei anni e che mi ha occupato per dieci. Dopo tutto questo tempo, non mi resta che imparare l’italiano». Seguono ricordi e ringraziamenti a Roberto Calasso, glorioso fondatore e direttore di Adelphi, che nel 1985 strappò Simenon alla Mondadori. Qui si è sempre favoleggiato di una “raccomandazione” pro Calasso di Federico Fellini che di Georges era amicissimo, anche perché era Simenon il presidente della giuria di Cannes che nel ’60 assegnò la Palma d’oro alla Dolce vita fra i fischi della platea. Della lettera di Fellini non si è mai trovata traccia. «Gli avrà fatto una telefonata», chiosa Roberto Colajanni, nipote di Calasso e suo successore come ad e direttore editoriale di Adelphi.
Oggi John Simenon è un signore affabile e simpatico che porta in giro per il mondo un cognome importante. Perché Simenon non era solo uno scrittore, ma un’industria editoriale, grazie a una facilità di scrittura che non diventa mai faciloneria, anche perché nulla è più difficile della facilità. Bilancio: 450 romanzi (circa), con 37 pseudonimi accertati, oltre 700 milioni di copie vendute in 44 Paesi. I Maigret, come da lessico familiare (prima di partire per un viaggio, la domanda era: hai preso un Maigret?) sono “solo” 107, 75 romanzi e 28 racconti. Ma Simenon doveva essere ingombrante anche come padre, visto che traslocò 33 volte e annunciava fiero di essere andato a letto con 10mila donne, di cui, calcolava, 8mila professioniste. E tuttavia, a detta di John, era un papà premuroso: «Diceva che la sua prima professione era il padre di famiglia; lo scrittore veniva poi. Un uomo rassicurante e forte, sempre disponibile per noi figli, che teneva ben separato il suo artigianato di romanziere dalla nostra vita», anche se poi ai figli era vietatissimo disturbarlo mentre scriveva, e la maggior tragedia della sua vita fu il suicidio della figlia Marie-Jo, cui dedicherà le meravigliose Memorie intime.
Guardiamo avanti. Monsieur Simenon, suo padre ha un grande passato, ma anche un futuro? «Certamente. In questi giorni stanno finendo di girare in Francia l’ennesimo film con il commissario Maigret, che sarà Denis Podalydès (un grande attore della Comédie-Française, ndr). Non ho ancora visto il film, ma sono andato sul set e mi ha impressionato». Quali siano sullo schermo i suoi Maigret preferiti gliel’avranno chiesto milioni di volte. «Quello più indimenticabile è anche il primo, Pierre Renoir, che fece debuttare il commissario al cinema nel ’32. Ma non escludo gli altri, specie Gérard Depardieu, un grande Maigret malgrado i suoi attuali problemi personali che nulla hanno a che vedere con la sua arte». E Gino Cervi, indimenticabile e infatti indimenticato commissario per mamma Rai, così popolare che nelle bellissime copertine di Ferenc Pinter dei vecchi Mondadori il commissario aveva la sua faccia (per tacere di Andreina Pagnani, meravigliosa madame Maigret)? «Cervi era sicuramente remarquable, fisicamente perfetto. Ma recitava in italiano, quindi non capisco quel che dice e non so nemmeno se avesse davvero quell’accento bolognese che gli fu accreditato. Di sicuro con mio padre si trovava molto bene, e infatti passava sempre a trovarlo in Svizzera».
E certo non dev’essere semplice quando le vicende familiari diventano letteratura, e letta in tutto il mondo. Come in Lettera a mia madre, dove Georges racconta il suo difficile rapporto con mamma Henriette in un libro durissimo e dolorosissimo. «Papà aveva ragione, ho conosciuto bene mia nonna che, in effetti, non ebbe mai fiducia in suo figlio. Quando Georges le dava dei soldi lei non li spendeva perché non voleva assolutamente essergli debitrice. Allora comprava delle monete d’oro e le distribuiva a noi nipoti. Era una madre che forse non sapeva come volere bene a suo figlio. Però in famiglia non l’abbiamo mai diabolizzata: in fin dei conti, è grazie a lei che io ho avuto un padre e tutti voi un grande romanziere». Torniamo alla letteratura, allora. Giallo con Maigret preferito? «Direi Le memorie di Maigret, perché compare anche mio padre che dialoga con il personaggio che ha inventato. Fra l’altro, qui si vede anche il suo grandissimo senso dell’umorismo, un aspetto di vita e opere di Simenon che non è troppo considerato. Ma, se devo essere sincero, amo i romanzi di Maigret, ma non sono i miei preferiti». Quale, allora? «Il primo che ho letto, a quarant’anni, iniziando proprio dal romanzo forse più difficile ma anche più emblematico di mio padre, La neige était sale, La neve era sporca. Lì ho davvero scoperto le mie radici spirituali e familiari. E per la prima volta ho letto una frase che da bambino e da adolescente papà mi aveva ripetuto continuamente: il mestiere di uomo è il più difficile».