ilfattoquotidiano.it, 3 aprile 2025
Trump minaccia i Paesi dei Caraibi per colpire Cuba e Venezuela: la strategia Rubio svelata in Giamaica
L’arrivo del Segretario di Stato americano, Marco Rubio, atterrato all’aeroporto Norman Manley della capitale Kingston il 26 marzo, ha sancito la strategia di Donald Trump: rafforzare la sua influenza sugli stati satelliti nei Caraibi incontrando in Giamaica il primo ministro Andrew Holness oltre alla premier di Barbados, Mia Mottley, Stuart Young di Trinidad & Tobago e il presidente ad interim di Haiti, Fritz Alphonse, ai fini di assestare il colpo di grazia ai paesi “ribelli” Cuba e Venezuela con dazi e ritorsioni migratorie sui convenuti, dopo averli prima blanditi per i progressi fatti nella lotta al crimine.
La scelta del Paese non è un caso: Holness è il leader del JLP (Jamaica Labour Party), il partito locale legato indissolubilmente ai repubblicani Usa fin dai tempi di Ronald Reagan che con Edward Seaga – fondatore del JLP e premier per ripetuti mandati – diede corso alle invasioni di Grenada nel 1983 e alla successiva di Panama nel 1989. E neanche è un caso la tempistica: Holness tenta il terzo mandato consecutivo nelle elezioni di settembre e la visita del suo alleato storico è il viatico ideale per la sua possibile rielezione.
Il meeting è iniziato in modalità soft, con le lodi di Rubio per le polizie di Haiti e Giamaica che hanno ottenuto buoni risultati nella lotta alle gang. Da qui la possibilità, offerta come premio, di togliere l’avviso rivolto ai turisti per scoraggiare i viaggi in Giamaica. Il travel warning dell’ambasciata Usa è sempre stato la spada di Damocle che incombe sul turismo nordamericano nell’isola.
In realtà la criminalità organizzata, pur potente, non ha mai mirato sistematicamente a questo settore come quella colombiana che ha invece negli stranieri il suo raggio d’azione congeniale, per cui la sua eventuale rimozione sembra più simile a un ricatto: Trump lunedì scorso ha minacciato di estendere ai Caraibi il dazio del 25% sul consumo del petrolio grezzo venezuelano, alternativa più economica rispetto alle tariffe delle compagnie petrolifere Usa. Una punizione inflitta a Maduro con il pretesto della gang Tren de Aragua, infiltrata a suo dire tra i migranti venezuelani che attraversano i Caraibi cercando di entrare negli Stati Uniti.
La Giamaica, malgrado le sanzioni vigenti sul petrolio proveniente dal Venezuela, è stata una delle principali nazioni importatrici. L’impresa di Stato PetroJam è in realtà una joint-venture tra PDV Caribe, la sussidiaria caraibica di Petróleos de Venezuela (PDVSA), e la Petroleum Corporation of Jamaica (PCJ).
Il ‘crudo’ venezuelano, raffinato anche a Trinidad & Tobago, costituiva quasi il 50% del consumo nazionale del trasporto su gomma. Tutto ciò in conformità con il PetroCaribe agreement, un accordo commerciale con il Venezuela che risale al 2005. PetroJam produce anche diesel, kerosene, asfalto, carburante per jet e GPL, gas liquefatto, il prodotto forse più concorrenziale dell’equivalente a stelle e strisce. Le stazioni PetCom e Total Energies, che utilizzano i prodotti PetroJam, avevano delle tariffe inferiori comparate a Texaco (USA) e Rubis francese che ha comprato il marchio inglese Shell. Oggi, la differenza è già evaporata: 1 Lt di 90 Super, costa 1,30 euro lungo la Costa Nord, a prescindere dai marchi. Se la strigliata di Rubio provocherà ulteriori aumenti, questi si rifletteranno anche sulle merci trasportate, in un quadro di carovita che è già fuori controllo.
C’è poi la questione dei dottori cubani che ha sfiorato l’incidente diplomatico: in Giamaica formano un piccolo esercito di 400 medici che supporta validamente sia il servizio sanitario pubblico che le cliniche private dell’isola. Qui Rubio, esule cubano a sua volta, ha accusato i leader caraibici, con particolare accento sulla Giamaica, di sfruttare i sanitari immigrati sottopagandoli, nell’ambito del programma di assistenza sanitaria concordato con Cuba. “Siamo sempre stati molto attenti a rispettare gli standard internazionali nell’applicazione del programma in sintonia con il governo cubano. Confermo che il loro personale medico svolge un ruolo cruciale nella nostra isola, ma è sempre stato trattato con dignità”, ha risposto Holness.
Dal canto suo, Mia Mottley di Barbados ha respinto con sdegno le accuse: “Durante la pandemia il mio Paese non ce l’avrebbe fatta senza il loro aiuto, ma sono stati sempre pagati come i nostri medici. È la seconda volta che ascolto queste false accuse, reiterate anche dal nuovo governo. Le respingo fermamente e sono pronta a rinunciare al mio visto statunitense se non raggiungiamo un accordo”. Rubio ha voluto precisare che non si riferiva agli Stati coinvolti nel programma, ma alla fonte dello stesso, puntando il dito sul governo cubano di praticare mediante i propri medici traffico di esseri umani.
Lo scopo di Rubio è chiaro: colpire il Venezuela nella sua fonte di reddito principale, l’export del crudo, e Cuba nei suoi programmi di assistenza sanitaria mondiale, una delle poche fonti di sostentamento della disastrata isola caraibica, falcidiata in questi mesi da continui blackout che colpiscono in modo nefasto anche gli ospedali, il cui personale medico è ridotto all’osso a causa delle partenze per l’estero. Se gli Stati caraibici si ritirano dagli accordi con Cuba, Rubio realizzerebbe la sua vendetta: mettere in ginocchio l’odiato regime.
Ilfattoquotidiano.it ha cercato di raggiungere per un commento l’ufficio stampa di Holness a Kingston, senza successo. Marco Rubio ha concluso il suo programma visitando Guyana e Suriname, anch’essi punti di transito di migranti cubani, haitiani e venezuelani che cercano lì lavoro dopo la scoperta in Guyana di giacimenti di petrolio offshore. Il Paese ha un contenzioso con lo stesso Venezuela per il controllo della regione di Essequibo.