Domani, 30 marzo 2025
L’Opa di Mediaset sulla tedesca ProSieben : un’occasione perduta
Mediaset for Europe (Mfe) ha lanciato un’Opa sulla tedesca ProSieben di cui già detiene il 30 per cento. Un’Opa per molti versi scontata perché la società tedesca, dall’ingresso del gruppo italiano nel 2019, ha perso il 60 per cento del proprio valore: logico quindi che Mfe voglia acquisirne il controllo per difendere il proprio investimento. Anche il titolo Mfe è sceso in Borsa in questo periodo, per via dello streaming e delle altre forme di intrattenimento mediatico, ma molto meno di ProSieben segno di una sua gestione carente e di una errata diversificazione nei servizi online (e-commerce e siti di incontri).
L’Opa però è anche anomala perché Mfe offre il prezzo minimo di legge, che al momento dell’offerta era inferiore dell’11 per cento rispetto al prezzo del titolo in Borsa: sembrerebbe un disincentivo ad aderire all’Opa. Mfe dichiara che un altro socio avrebbe già aderito all’offerta. Ipotizzando che questo socio sia Ppf (conglomerato nei media e comunicazioni della Repubblica Ceca), in quanto l’unico con una partecipazione rilevante (15 per cento), è lecito immaginare che la strategia di Mfe sia quella di arrivare al controllo gestionale col 45 per cento, ma senza dover consolidare i conti di ProSieben, e con il minimo esborso possibile: di qui l’Opa a “sconto” sul prezzo di mercato.
La ragione è duplice. Il controllo serve a cambiare il management e disfarsi rapidamente delle attività online poco redditizie e poco sinergiche con le televisioni. Né si vuole raggiungere una quota di possesso che imporrebbe il consolidamento per evitare che il debito di ProSieben, più quello necessario a finanziare l’Opa (che per il 78 per cento è in denaro), pesi eccessivamente sui conti di Mfe: mentre l’indebitamento netto di quest’ultima è infatti lo 0,75 del margine operativo atteso per quest’anno, quello di ProSieben è di ben 2,73 volte, a cui si aggiungerebbe quello per l’Opa (150 milioni per l’eventuale quota di Ppf, e fino a 700 nel caso ipotetico si raggiungesse la totalità del capitale).
L’Opa di Mfe così strutturata è però un’occasione perduta per invertire il declino di un titolo che oggi vale poco più di 2 miliardi quando venti anni fa ne valeva 12. Il primo problema è la mancanza di flottante per via della complessa struttura azionaria costruita per preservare il controllo in capo a Fininvest, ma molto poco amichevole nei confronti degli investitori. Fininvest detiene infatti il 51 per cento delle azioni di tipo B che garantiscono 10 diritti di voto per ogni azione rispetto al singolo diritto delle azioni A. Complessivamente Mfe detiene il 55 per cento dei diritti di voto, che impedisce l’emissione di azioni B in eventuali acquisizioni se vuole preservare la maggioranza del capitale, ma limitata anche il numero di azioni A in circolazione, destinate agli investitori, e utilizzabili per fare acquisizioni (infatti solo il 22 per cento dell’Opa è pagato con azioni A). Il risultato è che il titolo A quota in Borsa con uno sconto del 27 per cento rispetto al B, e ha un flottante è di appena 600 milioni, troppo poco per attirare l’interesse dei grandi investitori istituzionali: è la misura del prezzo che Fininvest deve pagare per il controllo. Una struttura proprietaria pensata per blindarsi dalla presenza minacciosa di Vivendi col 26 per cento dei diritti di voto, sempre grazie alle azioni B. La valorizzazione di Mfe non può dunque prescindere da un accordo che porti all’uscita di Vivendi, permettendo una struttura azionaria meno orientata al controllo e più favorevole al mercato, con un aumento del flottante e una riduzione dello sconto tra le due tipologie di azioni; meglio ancora unificandole: infatti Mfe vale oggi appena 5,7 volte gli utili attesi, meno della metà dell’indice europeo. Non credo tuttavia che la valorizzazione del titolo sia l’obiettivo di Fininvest. Nel comunicato per l’Opa si evidenzia come il “consumo” di radio e televisione non cresca, ma non si contragga neppure, rimanendo una fonte stabile di ricavi pubblicitari che, se ben gestita, genera un flusso altrettanto stabile di liquidità: ci si attende infatti che il free cash flow di Mfe (la liquidità disponibile dopo gli investimenti) raggiunga il 9 per cento della capitalizzazione del titolo, che le permettono così di distribuire lauti dividendi. Una strategia che si pensa di duplicare in ProSieben. Ma se controllo e mega dividendi fanno felici Fininvest, sono le prospettive di crescita che interessano al mercato.