Domani, 30 marzo 2025
Il super esercito della Polonia Ecco il piano da 500mila soldati
Mappe con segnati i ponti da far saltare in aria in caso di invasione, un piano per riconvertire tutti gli aeroporti civili a un doppio uso con l’esercito, e un programma perché tutti gli uomini adulti siano considerati riservisti e arruolabili. Le ambizioni militari della Polonia si spiegano con le politiche che di settimana in settimana il premier Donald Tusk presenta, rafforzando progressivamente una difesa totale in chiave antirussa.«Il compito della Polonia è proteggere il suo confine orientale, che è anche il confine della Nato e dell’Unione europea», per usare le parole di Tusk. Il 7 marzo il primo ministro polacco ha anche detto che la Polonia «deve considerare le proprie esigenze di sicurezza. Qualsiasi cosa possa rafforzare la difesa della Polonia verrà implementata. Useremo tutte le opzioni disponibili». Tusk intende proprio tutte, inclusa la possibilità di dotare l’esercito di armi fin qui proibite, come mine anti uomo e bombe cluster. Dieci giorni dopo, un primo passo concreto con l’annuncio – il 18 marzo insieme a Estonia, Lituania e Lettonia – di ritirare la firma dal trattato di Ottawa che vieta l’utilizzo di mine anti uomo. In attesa della ratifica dei rispettivi parlamenti, l’effetto immediato è aver compattato sul piano politico il “fianco orientale” della Nato.
Le paure
«A Varsavia e nei paesi baltici c’è il timore che, se la guerra in Ucraina dovesse attenuarsi o congelarsi, Mosca potrebbe riorganizzarsi e rivolgere la sua aggressione contro di loro», spiega a Domani Mateusz Kacperski del think tank Casimir Pulaski Foundation. Sono paesi che «hanno coordinato attentamente le loro azioni sul tema, privilegiando una posizione regionale unitaria per evitare che uno di loro diventi l’anello debole», dice Kacperski. Per scelte non semplici da giustificare. Tusk ha detto chiaramente che non è «nulla di bello né di piacevole».
Adattarsi diventa una necessità, spiega Kacperski, armi come queste sono utilizzate – da entrambe le parti – nella guerra in Ucraina, e in sostanza si tratterebbe di eliminare uno dei gap con Mosca. «Ritirandosi dai divieti, la Polonia punta a eliminare uno svantaggio autoimposto», sostiene l’analista. Che aggiunge come questa «mossa si inserisce nel più ampio rafforzamento militare della Polonia e nei cambiamenti strategici in corso».
Numeri e spesa
Di fatto la Polonia ha l’esercito più grande in Europa, il terzo della Nato dopo Usa e Turchia. Circa 200mila militari, e un piano per un aumento del 250 per cento e arrivare – tra militari e riservisti – a mezzo milione di soldati. La Polonia investe più di tutti in Europa in spese militari, per il 2025 la previsione di spesa è del 4,7 per cento del Pil, con l’obiettivo del 5 per cento. Una soglia che a luglio scorso il vice ministro della difesa Bejda ha definito un «sogno».
Tusk ha anche parlato di una legge speciale per accelerare gli incrementi di spesa militare e la costruzione dell’East Shield, lo “scudo” da 700 chilometri annunciato lo scorso anno. Un progetto che prevede fortificazioni, recinzioni e sistemi di sorveglianza ai confini con la Bielorussia e Kaliningrad, l’exclave russa tra Lituania e Polonia.
Varsavia negli ultimi giorni ha allineato la sua postura strategica anche in chiave di deterrenza nucleare, agendo su tre fronti in simultanea. Il primo ministro Tusk sostiene l’idea di allargare l’ombrello nucleare francese anche su paesi Ue e Polonia. Su un secondo livello, ha aperto alla possibilità di sviluppare armi nucleari autonomamente. E, terzo livello, il presidente Duda ha chiesto agli Usa il dispiegamento di armi nucleari statunitensi in Polonia, come deterrente.
«La Polonia sta perseguendo diverse strade per rafforzare la propria sicurezza», dice a Domani Lukasz Kulesa, direttore del programma Proliferation and Nuclear Policy al Rusi di Londra. Avere armi nucleari può aumentare il rischio di essere bersagli di una rappresaglia russa, ma è un rischio – secondo Kulesa – calcolato. «È qualcosa che viene considerato nel processo decisionale», racconta. Vorrebbe dire un maggiore coinvolgimento di Washington, e «un attacco porterebbe direttamente gli Usa in guerra», spiega l’analista del Rusi. «Il rischio di essere un bersaglio esiste, ma il rischio di subire un’aggressione a causa del fallimento della deterrenza è ancora maggiore», conclude.
La linea rossa
In Polonia ci sono già 10mila soldati statunitensi, il paese è l’hub principale per far arrivare le armi occidentali a Kiev, dai 530 chilometri di confine condivisi.
L’indipendenza dell’Ucraina «influisce direttamente sulla sicurezza della Polonia», ha ribadito Tusk di recente. L’aeroporto di Rzeszów-Jasionka – a 80 km dal confine ucraino – è il principale hub logistico della Nato. «Ogni giorno, aerei da trasporto occidentali atterrano qui, scaricando di tutto, da munizioni a veicoli corazzati, per poi essere trasferiti in Ucraina», racconta Kacperski. «Oltre il 90 per cento di tutte le armi occidentali destinate a Kiev passa attraverso il territorio polacco», continua. In più Varsavia, «nel 2023, ha addestrato oltre 10.500 soldati ucraini, circa un quinto di tutto il personale formato dall’Ue in quell’anno». Ha fornito sostegno militare continuo e condivisione di intelligence.
C’è però una linea che non viene oltrepassata. La strategia della Polonia è quella di essere pronta a ogni scenario, «sostenendo l’Ucraina e mantenendo la Russia il più lontano possibile, rafforzando l’Europa e preservando solide relazioni con gli Stati Uniti», come detto da Tusk. Ma senza inviare soldati polacchi in Ucraina, circostanza che per Varsavia non è una opzione.
«Di fatto, la linea rossa della Polonia è tracciata al suo confine: a meno di uno scenario che attivi l’articolo 5, le forze polacche non entreranno in Ucraina. Questa prudenza mira a evitare di fornire al Cremlino qualsiasi pretesto per estendere la guerra oltre il territorio ucraino», racconta Kacperski. Una possibilità che va scongiurata con o senza l’aiuto Usa, tenendo una posizione che l’analista definisce «una convergenza di imperativi di sicurezza, lezioni apprese dall’Ucraina e un’iniziativa coordinata degli alleati regionali per dare priorità alla deterrenza rispetto alle norme sul disarmo».